Zone of the Enders – Recensione Zone of the Enders

Se esiste una figura capace di ispirare fiducia in campo videoludico è sicuramente Hideo Kojima, conosciuto soprattutto per il suo Metal Gear Solid. Sfruttando la fama che lo accompagna, Kojima supervisiona e diventa produttore di Zone of the Enders, gioco che può sembrare una grande manovra commerciale e in parte si rivela esserlo, basti pensare alla demo di MGS2 contenuta nella confezione di Z.O.E.
Nonostante questo, il titolo dimostra di essere qualcosa in più di un’elaborata pubblicità per il fratello maggiore MGS2, rivelandosi un buon prodotto che rispecchia l’animazione robotica giapponese e anche se non privo di difetti, capace di crearsi un vasto seguito di fan.


Leo Stenbuck, Jehuty, partenza!

Corre l’anno 2172, l’umanità ha conquistato lo spazio e varie colonie sono sorte nel sistema solare. Nuove tecnologie vengono sviluppate, come gli enormi robot chiamati Orbital Frame e nuove forme di energia vengono sfruttate, il Metatron.
La colonia spaziale Antilla in orbita attorno a Giove viene invasa dagli Orbital Frame di Barham; la sua potenza è schiacciante e  le forze di difesa della colonia (United Nations Space Force) combattono una battaglia già persa.
Mentre la comunità viene devastata dalla lotta in corso, i civili tentano una fuga disperata e tra di loro compare il nostro protagonista, il quattordicenne Leo Stenbuck, che vede morire i suoi compagni e, nel tentativo di trovare riparo, si ritrova nell’hangar contenente uno degli obiettivi del nemico: un nuovo Orbital Frame chiamato Jehuty.
Leo finisce nella cabina di pilotaggio dove entra in contatto con ADA, l’intelligenza artificiale del mecha che presenta un tutorial al giocatore guidandolo nelle prime fasi di gioco e che dialoga con il protagonista fino a costruire un rapporto che va ben oltre quello uomo-macchina. Inizia così l’avventura del giovane Leo, alla guida di un potentissimo androide nel tentativo di salvare la colonia e inseguito dalle forze di Bahram guidate dalla pericolosa Viola.
 

Veduta di Antilla

La trama non è nulla di innovativo e si ispira ai classici dell’animazione robotica come le varie serie di Gundam (mecha, guerre coloniali, problemi esistenziali dei protagonisti, tentativo di cattura del nuovo prototipo), ma si lascia seguire più che volentieri nonostante stenti a decollare e si riveli piatta nella parte centrale, per poi riprendere mordente nella parte finale.
I richiami agli anime, voluti o meno, si riflettono anche sui personaggi, presentando un protagonista clichè del genere, adolescente coinvolto suo malgrado in una guerra che costituirà la sua perdita dell’innocenza, alla guida di un’arma estremamente potente e volenteroso di salvare la sua popolazione volendo evitare però spargimenti di sangue, necessari per sopravvivere.
La narrazione avviene attraverso filmati realizzati con motore in-game e tramite dialoghi tra Leo, ADA e altri personaggi con visuale dall’abitacolo del Jehuty.


Perfora i cieli con la tua lama, Jehuty!

Gran parte del gioco è basato su spettacolari combattimenti tra robot che si scontrano, si respingono e si ingaggiano a mezz’aria in un mare di scintille ed esplosioni. A prima vista potrebbe sembrare estremamente complesso eseguire simili evoluzioni utilizzando un mecha alto venti piani, invece non è mai stato così semplice grazie ad un pratico e intuitivo sistema di controllo.
La levetta analogica sinistra è adibita al movimento del Jehuty, quella destra allo spostamento della telecamera (la sua testa), i tasti X e triangolo servono rispettivamente a spostarsi verso il basso e verso l’alto, tramite il tasto quadrato è possibile afferrare un nemico e scagliarlo o utilizzare una delle diverse armi secondarie, se l’avversario è lontano. Con cerchio è possibile attaccare con la spada un nemico vicino o fare fuoco con la mitraglietta su uno lontano, trattenendo R1 si attiva lo scudo protettivo,  R2 permette di compiere scatti e utilizzare la modalità Burst mentre L1 e L2 servono a gestire il lock-on sui bersagli, non facile da padroneggiare se son presenti molti androidi avversari, e start apre il menu.
 

Il combattimento è rapido e spettacolare

È possibile combinare alcuni tasti per ottenere diversi effetti, per esempio utilizzare lo scatto rimanendo fermi permette di creare una sfera di energia scagliabile poi contro i nemici lontani o eseguire un fendente a 360 gradi combinandolo col tasto cerchio. Se utilizzato in movimento aumenta considerevolmente la velocità e una volta rilasciato il tasto R2 una serie di fasci energetici inseguiranno i nemici fino a colpirli, causando danni.
Il cuore del gioco è rappresentato dal combattimento, sempre spettacolare, ma alla lunga noioso grazie alla scarsa varietà di nemici e situazioni. Non mancano sezioni esplorative il cui scopo è solitamente la ricerca dell’arma o della chiave per poter sbloccare o affrontare l’area successiva. Fasi non molto riuscite, è vero infatti che creano un minimo di varietà, ma scadono in un noioso ripercorrere aree già visitate in precedenza alla ricerca di un qualcosa spesso non ben definito, continuando a combattere e raccogliere la nostra fonte di energia, i globi di Metatron.
L’aggiunta che spezza la monotonia è la presenza di boss enormi dei quali dovremo individuare i punti deboli ed utilizzare tattiche specifiche per venirne a capo. Benchè presentino dei set di movimenti e attacchi che dopo un po’ divengono facilmente prevedibili, i mostri di fine livello riescono a spezzare piacevolmente l’azione ed il girovagare per la colonia.

Il gioco non si svolge a missioni scollegate, ma offre al giocatore una limitata autonomia nella scelta delle aree da affrontare grazie alla possibilità di volare nei cieli di Antilla, tuttavia è necessario seguire un certo ordine per poter accedere a zone che richiedono specifici requisiti, altrimenti inaccessibili.

Da menzionare anche la presenza di una modalità multiplayer a visuale fissa nella quale sono impersonabili i vari mecha che compaiono nel gioco, boss esclusi.

Tra Sci-fi e New Age

Degno di nota è sicuramente il superbo lavoro svolto da Yoji Shinkawa (il cui tocco si vede sin dal menu principale), che propone un mecha design accattivante e dall’aspetto più "digitale" e mistico, anzichè meccanico. I modelli appaiono discretamente elaborati, con un Jehuty caratterizzato da luci e fasci di Metatron che lo attraversano continuamente. Quelli nemici si dimostrano più scarni, fatto che comunque viene coperto parzialmente dall’azione frenetica che lascia ben poco tempo per fermarsi a contemplare i robottoni.
Gran parte di Antilla può essere frantumata dai colpi e per quanto possa apparire spettacolare vedere palazzi e complessi industriali andare in frantumi scagliandoci contro i nemici, sarà nel nostro interesse evitare danni ingenti ed ottenere così un migliore svolgimento della vicenda. Le ambientazioni, così come gli avversari, peccano per quanto riguarda la variabilità, infatti gran parte delle zone della colonia appaiono molto simli con poche eccezioni.
 

I boss sono veramente grossi

Il gioco è caratterizzato da un continuo, esaltante alternarsi di effetti di luce, esplosioni e scie colorate che riempiono lo schermo e accentuano la sensazione di trovarsi su di un mecha al centro di una battaglia.
La solidità del motore grafico permette di affrontare diversi nemici contemporaneamente, accompagnati da luci ed esplosioni senza mostrare rallentamenti degni di nota, molto importante vista la velocità dell’azione.

Luci ed esplosioni vengono accompagnati da un comparto audio di buon livello, capace di rendere discretamente bene i suoni delle esplosioni, delle collisioni delle lame e delle armi ad energia.
La colonna sonora viene segnata da brani new age e mix tra j-pop ed elettronica, alternando pezzi movimentati capaci di scandire le fasi di combattimento e melodiche sezioni eseguite al pianoforte. Più che soddisfacente il risultato, con una piacevolissima "KISS ME SUNLIGHTS" composta e suonata dagli Heart of Air, peccato per la presenza di un doppiaggio inglese non troppo riuscito.

Il gioco presenta sottotitoli, manuale e copertina in italiano ed il selettore per giocare a 60hz, oltre che la demo di MGS2.


Verso The 2nd Runner

Z.O.E. basa la sua struttura narrativa sui classici dell’animazione giapponese che i fan dei mecha ben conosceranno, proponendo una trama poco originale, fin troppo lenta nel decollare e che costituisce solo un preludio per il secondo capitolo (molto migliore sotto tutti i punti di vista) seppur con qualche spunto interessante. I fan più accaniti apprezzeranno comunque una struttura che già hanno auvto modo di gustare in diversi anime.
Il gameplay fa del combattimento la sua punta di diamante e pur non offrendo grandi varietà in termini di mosse, armi e nemici, riesce a catturare il giocatore con coreografici e adrenalici scontri aerei. L’ esplorazione risulta poco riuscita, costringendo spesso ad un noioso backtracking che aumenta la scarsa longevità del titolo, una decina di ore circa, con però punteggi migliorabili e qualche extra sbloccabile.
La veste grafica sfoggiata è di buon livello ed il motore riesce a gestire grandi battaglie con rallentamenti sporadici. Voto positivo per la colonna sonora perfetta per lo stile generale del gioco e per gli effetti sonori, mentre il doppiaggio non convince pienamente.
In definitiva, Zone of the Enders si rivela essere un titolo acerbo sotto diversi aspetti, pur essendo divertente nel complesso, mostra lacune a livello di gameplay e comparto narrativo.
Il margine di miglioramento è ampio, ma il titolo riesce ad intrattenere piacevolmente, appassionati di robottoni in primis. 

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