Xenoblade Chronicles: Definitive Edition – Recensione
Sui corpi morenti di due giganti, considerati divini dalle forme di vita che li abitano, infuria una guerra combattuta da persone senza un futuro
L’impatto con Xenoblade Chronicles, in questa Definitive Edition come nell’originale software Wii, è affascinante come pochi. Due giganti combattono alla morte, in un mondo dove il mare è l’unica cosa che accompagna la loro esistenza; migliaia di anni dopo la loro battaglia e conseguente morte, le forme di vita che abitano i loro corpi continuano lo scontro per la sopravvivenza. I Mechan, esseri meccanici provenienti dal corpo di Mechanis, si nutrono mangiando gli Homs, esseri biologici provenienti dal corpo di Bionis, e nel climax della loro battaglia ha genesi la storia di Xenoblade Chronicles: Definitive Edition. Quando ci scontrammo con questo concept ai tempi del Nintendo Wii venimmo immediatamente coinvolti nella storia, e dopo aver concluso il prologo eravamo già stati conquistati dal mondo di Bionis.
A nove anni di distanza, siamo felici di dire che l’epopea di Shulk e compagni rimane un’esperienza unica e soprattutto meravigliosa, che non solo vale il tempo che richiede, ma che non dovrebbe essere ignorata da nessun giocatore.
La più grande novità di Xenoblade Chronicles: Definitive Edition è il re-style grafico. Accolto con un mix di preoccupazione ed eccitamento, il nuovo stile si adatta benissimo al gioco e porta alla vita i personaggi in modo egregio. I modelli Wii erano sinceramente poco esteticamente appagati, in particolare i volti che a nove anni di distanza sono invecchiati molto peggio di altri titoli e persino di prodotti più vecchi come gli eccellenti Shin Megami Tensei dell’epoca PS2 (escludendo i Persona). Per fortuna il nuovo stile non toglie anima ai modelli dando sollievo alle preoccupazioni di tanti fan, ma anzi gli da molta più espressività e carattere, aiutando quindi le scene più importanti ad avere l’impatto necessario.
Non abbiamo alcuna lamentela a riguardo con tutta sincerità: ogni personaggio da la giusta sensazione e ogni espressione è adatta al contesto, evitando le terribili situazioni di design non necessari o persino imbarazzanti di Xenoblade Chronicles 2. Purtroppo però ci sono alcuni dettagli del re-style che sembrano esser stati lasciati come nel titolo originale, in particolare un personaggio secondario non ha avuto un modello aggiornato, ma solo una remaster del vecchio modello. Il lavoro grafico è ottimo, ma a volte sembra parziale, con NPC e alcune texture che per qualche motivo non son state cambiate, e stonano decisamente con tutti i modelli moderni.
Tuttavia il risultato finale è assolutamente da promuovere, dato che riesce ad attingere al vero potenziale dell’estetica di Xenoblade Chronicles, e questo varrebbe da solo il prezzo della Definitive Edition. Il re-style è anche essenzialmente l’unico vero punto di forza aggiunto della Definitive Edition, oltre a un notevole miglioramento delle prestazioni, rispetto all’originale Xenoblade Chronicles.
Le colonne sonore riarrangiate sono buone, ma non hanno un gran margine di miglioramento sulle già ottime originali; il sistema di combattimento è rimasto invariato; rimane il Future Connected di cui parleremo dopo. Ciò che analizzeremo ora quindi sarà applicabile anche al titolo Wii, e si rivolgerà principalmente al nuovo fan che si avvicina all’opera per la prima volta.
Come anticipato nel provato, pubblicato due settimane fa, i grandi punti di forza di Xenoblade Chronicles Definitive Edition sono due: l’esplorazione affascinante e ben integrata col gameplay loop che le si sviluppa attorno, e la narrativa epica e piena di ben integrati colpi di scena e momenti memorabili. L’esplorazione è il vero gioiello di questo software, il concept di poter esplorare dei mondi nati sui corpi morenti di vecchi dei non è affascinante solo per narrativa, ma anche per la possibilità che da come varietà e spettacolarità degli ambienti visitabili.
Questo aspetto è stato assolutamente centrato dal team di Monolith Soft, dato che le peggiori ambientazioni che visiteremo in Xenoblade Chronicles Definitive Edition, sarebbero le migliori in un buon 95% degli altri videogiochi sul mercato. Il procedere del giocatore nell’avventura non è solamente la spinta data dalla curiosità per il prossimo grande colpo di scena, ma anche la voglia di poter visitare la prossima estasiante ambientazione.
Xenoblade Chronicles Definitive Edition non si trattiene sotto questo aspetto e usa tutto il possibile per stupire il giocatore: multiple palette cromatiche, ambientazioni completamente diverse in base all’orario, concept magici estremamente vari, da mari sospesi in cielo a gigantesche città costruite nei tronchi di alberi millenari; ogni zona è completamente diversa dalla precedente e soprattutto sono tutte mozzafiato. L’esplorazione viene integrata nel gameplay loop in due modi: dall’Exp guadagnabile scoprendo punti di rientro, alle decine di missioni secondarie “MMO-Like” che puntano a farti esplorare ogni angolo alla ricerca dei vari obbiettivi.
Al riguardo delle quest secondarie, una comune critica a Xenoblade riguarda l’assenza di rilevanza in gran parte di esse, ma sinceramente troviamo la loro essenza superficiale sia adatta allo scenario, dato che lavora in sintonia con l’esplorazione piuttosto che creare divagazioni nella narrativa. Trovare nuove cose e persone aiuta anche il world building del mondo, andando a formare la “rete d’interesse”: un’insieme di connessioni tra i vari NPC del gioco che ti indicano i rapporti tra loro e quando essi siano possibili da trovare.
Passiamo quindi a parlare della narrazione, dove in realtà abbiamo poco da dire se non che è davvero bella e va scoperta. Parlare nel dettaglio della trama di Xenoblade Chronicles Definitive Edition, significherebbe privarvi di qualche sorpresa, quindi ci limiteremo a dire che la storia è veramente interessante dall’inizio alla fine e il cast del gioco si dimostra all’altezza della sua epica trama. Tuttavia l’approfondimento dei personaggi è meno profondo durante la quest line principale: per approfondirlo dovrete sfruttare i dialoghi opzionali sbloccabili tramite esplorazione e utilizzo in combattimento dei personaggi stessi.
In questo troviamo l’unico vero difetto della narrazione di Xenoblade Chronicles Definitive Edition: limitare i dialoghi di approfondimento legandoli a un sistema di relazioni che implica l’utilizzo dei personaggi spinge il giocatore medio a non approfondire gran parte del party, indebolendo i migliori momenti del gioco. Altro difetto, è il terribile doppiaggio inglese, che fortunatamente è ovviato dalla presenza del buon vecchio giapponese.
Parlando del gameplay, abbiamo sentimenti contrastanti. Quando funziona è eccitante e la meccanica del poter cambiare il futuro è sempre fonte di tensione e soddisfazione. Tuttavia non sempre riesce a essere divertente, dato che di base è piuttosto limitato e banale. Il gioco ha tantissime micro-meccaniche che però non ruotano intorno a un pilastro che possa tenerle in piedi solitamente, e risultano piuttosto dispersive quando non completamente inutili. I personaggi stessi sono emblematici nella dualità del gioco: da una parte ogni personaggio è differente e divertente da utilizzare, così come è possibile combinare molti team differenti ed efficaci, dall’altra però Xenoblade Chronicles Definitive Edition ti spinge a dover sempre utilizzare Shulk, un po’ perché è un personaggio molto forte e indispensabile per combattere alcuni tipi di nemici, un po’ perché l’IA è terribile su certi personaggi.
Per quanto l’intelligenza artificiale sia tutto sommato competente in generale, in alcune situazione risulta insufficiente. Non è infatti possibile utilizzare Melia in party a meno che non la si controlli direttamente, e lo stesso Shulk può assumere comportamenti estremamente stupidi quando controllato dalla CPU. Per quanto il gioco rimanga sempre piacevole da giocare e il combat system funzioni molto bene quando si capisce come farlo funzionare, non riusciamo a toglierci dalla testa il pensiero di quanto meglio sarebbe stato questo gioco con un sistema di combattimento più affine a un Legend of Heroes o a Final Fantasy XII. Questo infatti è il principale difetto che preclude Xenoblade Chronicles Definitive Edition dal perfect score, tuttavia invitiamo chiunque fosse stato scottato dal gameplay a dargli qualche ora, dato che ha i suoi punti di forza.
Un’altra lamentela, molto più personale, riguarda la musica. Lo score musicale di Xenoblade Chronicles è fantastico e la Definitive Edition non si smentisce in questo, tuttavia è vittima delle sue stesse scelte. Infatti Xenoblade utilizza musiche dinamiche, che in alcuni casi han effetto positivo sull’esperienza, specie quando si tratta delle OST di esplorazione che cambiano in base all’ora di gioco, altre volte rovinano certi momenti.
Nelle battaglie in particolare, la musica varia in base alla situazione, il che è molto carino, solo che utilizza solo due traccie per indicare le situazioni di pericolo. Quando ci sono le rare occasioni in cui un combattimento ha un che di originale tutto viene rovinato dalla scarsa varietà delle varie tracce viene messa in piena luce.
Parliamo quindi del nodo Future Connected. Xenoblade Chronicles Definitive Edition ha un nuovo epilogo: Future Connected, giocabile direttamente tramite una sezione apposita nel menù iniziale. Non entreremo nei dettagli della storia, dato che tratta ovviamente pesantissimi spoiler, ma possiamo dirvi che in generale siamo abbastanza delusi. Questa espansione da una decina d’ore porta delle semplificazioni alla formula del gioco base molto apprezzate, come attacchi speciali o il poter assistere ai dialoghi opzionali senza dover potenziare i legami tra i personaggi. Ma a livello di narrativa principale è semplicemente molto banale. I colpi di scena e le epiche battaglie dell’originale lasciano lo spazio a una storia più intima, il che non è per nulla un male se non fosse che ha una sostanza breve e superficiale.
Un certo personaggio in particolare viene approfondita molto in questo capitolo, ma purtroppo è l’unico a beneficiare di queste 10 ore aggiuntive. Il trucco per far funzionare una storia così personale è ingannare il giocatore facendo sentire la posta in gioco estremamente alta anche quando in realtà è molto bassa: un buon esempio è il primo, e miglior, dungeon di Persona 5. In questo caso invece i personaggi dicono di essere interessati a ciò che succede, ma a parte il protagonista dell’espansione, nessuno sembra davvero coinvolto dall’avventura.
La presenza di Future Connected non è un difetto del gioco, si tratta dopotutto di contenuti extra e sostanziosi a livello di gameplay; ma ammettiamo che dopo l’eccezionale Torna the Golden Country, ci aspettavamo qualcosina di più. Questa espansione di Xenoblade Chronicles Definitive Edition sembra più qualcosa di aggiunto per giustificare nuovamente il prezzo pieno, più che parte della visione artistica di Takahashi.
Xenoblade Chronicles, nove anni fa, era un capolavoro. Uno dei migliori JRPG mai creati, dalla storia potente, il cast convincente e l’estetica che rappresentava l’apice del fantasy giapponese in un videogioco. Oggi con avversari come Persona 5, Dragon Quest XI e i meno conosciuti ma altrettanto eccezionali Trails of Cold Steel, Xenoblade Chronicles Definitive Edition rimane un capolavoro. L’estetica è tutt’ora mai raggiunta da un’altro titolo, sia per qualità ma soprattutto per quantità e varietà, e la storia rimane una delle migliori dimostrazioni di come prendere vari cliché del genere JRPG e renderli accessibili anche a chi i JRPG li odia. Le 70 ore che richiede Xenoblade Chronicles Definitive Edition per essere completato, sono tra le migliori che potete trascorrere usando la Nintendo Switch, e in generale si conferma uno dei migliori titoli Nintendo di sempre, meritandosi un posto insieme a Breath of the Wild e Mario Odyssey.
Pro
- Narrativamente stupefacente
- Tra le migliori ambientazioni mai viste
- Longevità alta
- Esplorazione soddisfacente
- Personaggi variegati sia per scrittura che per gameplay
Contro
- Qualche problemino con l'IA
- Future Connected è piuttosto deludente
- Colonna sonora a volte vittima della proprio dinamicità