WWE 2K20 – Recensione
Alcune passioni giovanili tendono a perseverare nel tempo, a rimanere attaccate con i denti all’io di un individuo, scontrandosi con l’ineffabile e ineluttabile avanzare del tempo. Spesse volte, queste passioni vengono etichettate con una scadenza, oltre la quale – per giusto costume – bisognerebbe disfarsene, per eseguire nel modo più giusto e credibile possibile il fatidico balzo verso la maturazione. “Ormai sei grande, butta via quella console!”: chiunque, almeno una volta nella vita, si è sentito dire questa frase. Per “fortuna”, essa si estende non soltanto al mondo di videogiochi, nettamente il bersaglio prediletto di una concezione vetusta e razzista delle cose, ma anche ad altri tipi di passioni che spesso si tende a scambiare con le proverbiali cose da ragazzini, da evitare come la peste dopo aver compiuto la maggiore età. Tra queste, sfidiamo chiunque a non pensarla così, figura sicuramente anche il Wrestling, disciplina a metà tra lo sport e il puro intrattenimento che ha segnato l’infanzia di buona parte della nostra – ma non soltanto – generazione.
https://youtu.be/pbxzb2qug7c
Immaginate, quindi, cosa accade quando si viene a formare il quasi diabolico binomio videogiochi-Wrestling, la cui storia videoludica però ha subito un percorso lungo e travagliato, specialmente negli ultimi anni. Quando ancora, sul volto di chi vi scrive, la barba non era nemmeno un’idea remota, i giochi legati all’universo SmackDown e Raw erano pressoché perfetti: gameplay solido, tante licenze e, soprattutto, un divertimento inquantificabile. Col tempo, però, le cose sono cambiate parecchio e, in linea un po’ con l’indice d’interesse generale verso la disciplina in sé, la qualità media e soprattutto l’appetibilità dei titoli a marchio WWE sono calate sempre più, finendo ai margini dell’interesse generale con una velocità spaventosa. Complice il passaggio a 2K avvenuto negli scorsi anni, però, qualcosa sembrava destinata a muoversi (in bene, ovviamente), ma così non è stato, o meglio lo è stato solo in parte. Con WWE 2K19, in verità, il tutto sembrava finalmente aver preso una direzione accettabile e ben chiara. E non nascondiamo quindi nemmeno la grande voglia che abbiamo avuto di cimentarci con l’episodio 2K20, che prometteva anche di farci fare un bel salto nel passato e nel sempreverde viale dei ricordi, cosa che, alla fine della corsa, si è rivelata ben più problematica di quanto si possa immaginare. WWE 2K20 è un gioco con molti problemi, con tante ombre e pochissime luci, ma comunque sicuramente in grado di riaccendere in noi la voglia di Wrestling, finora sopita.
Purtroppo però il titolo non è da osannare per meriti ludici – oggettivamente pochi – ma da ricercare unicamente nella bontà di un cast esorbitante (grazie alla licenza praticamente completa della lega), che spazia allegramente tra le stelle di oggi e la leggende del passato, in una colonna sonora imponente,e nelle tante modalità di gioco, tutte però penalizzate a monte da una struttura ludica e grafica di livello quasi non pervenuto.
Forget about Tre
Lo abbiamo detto poco fa: sul piano dell’offerta contenutistica, tra le poche novità e le numerose conferme, il titolo sviluppato da Visual Concepts (gli stessi di NBA 2K, attenzione) non ha nulla da invidiare ai pesi massimi del genere di appartenenza, che per comodità definiremo sportivo. E, dunque, tra un evento e l’altro, Hell in the Cell, Tag Team, Money in The Bank e tanti altri – tutti disponibili anche online, con un matchmaking tutto sommato rapido e dalla buona stabilità dei server – la nuova 2K Showcase quest’anno è tutta dedicata alla women’s revolution e in particolare all’ascesa delle “Four Horsewomen“, e vale a dire Sasha Banks, Bayley, Charlotte Flair e Becky Lynch. Ci sono piccole aggiunte in termini di personalizzazione degli incontri, ma a farla da padrona è chiaramente la modalità carriera: il “My Player” di WWE 2K20 quest’anno ci è apparso complessivamente ben scritto e indirizzato.
La storia di fondo, che si inerpica nell’arco di 18 capitoli e che ci ha tutto sommato strappato più di una risata e divertito, ha sicuramente il merito di saper raccontare al meglio la storia di un mondo, quello del Wrestling, fatto di manovre di marketing, rivalità vere o presunte tali, alleanze occasionali, botte finte e tanto, tanto spettacolo. Quale modo migliore se non quello di raccontare la nascita, la crescita e l’affermazione di una giovane star che, praticamente, parte da zero, con tutto ciò che ne consegue? Probabilmente nessuno e la cosa complessivamente funziona a dovere. Tutto il plot narrativo, però, si sviluppa su piani temporali diversi in cui il protagonista, personalizzabile in tutto e per tutto ma che viene chiamato comunque “Tre” da speaker, stampa e comprimari vari, è ormai un membro della Hall of Fame della lega e rivive le sue gesta passate attraverso un cospicuo numero di flashback. Questi non si limitano ad essere vissuti da spettatori, ma ci portano sul ring tutte le volte, per replicare – stando attenti a rispettare determinate condizioni – le stesse tappe che hanno portato gli eventi a prendere la piega attuale. La vera chicca però sta nella condivisione della storia: dopo aver creato il primo personaggio il gioco vi chiederà di crearne un altro, ma non come spalla come potreste immaginare, bensì come vero e proprio co-protagonista.
Seguire la vicenda di Tre e Red (nome generico dato al personaggio femminile del duo) durante tutto l’arco narrativo, è certamente piacevole, grazie a un’ilarità di fondo a volte però eccessiva. Inutile sottolineare quanto la campagna di WWE 2K20 sia piena zeppa di cliché e cose già viste e sentite, ma tutto sommato ha senso e inquadra alla perfezione quello che potrebbe essere il percorso di ogni giovane wrestler che si rispetti.
Don’t try this at home… Letteralmente!
Bene, fondamentalmente le buone notizie inerenti WWE 2K20 finiscono qui. Una volta scesi sul ring, qualunque sia la modalità di gioco scelta, ci si accorge rapidamente di quanto il titolo abbia subito un forte downgrade sia in termini grafici (di questo ne parleremo più avanti) sia sul piano ludico. Per prima cosa, gli sviluppatori hanno pensato di semplificare lo schema di comandi dei vari combattimenti, e questa idea non è del tutto sbagliata. In verità però tutto si tramuta velocemente in un vero e proprio incubo, generato da una legnosità e da una frustrazione continue nell’impossibilità di impartire il benché minimo input al proprio alter ego.
Risulta infatti difficile, nonostante un singolo tasto adibito ai colpi “semplici”, attaccare con precisione gli avversari, giacché soltanto il fronteggiarsi risulta tremendamente ingessato e lacunoso. I lottatori sembrano infatti quasi non rispondere agli input e scivolare sul ring, impedendo nella maggior parte dei casi anche il controllo effettivo dei loro movimenti. Il tutto non migliora minimamente quando si analizzano le hitbox degli attacchi, tutte molto sporche e poco credibili, che mettono a dura prova anche il più affezionato dei fan della saga. E va detto che, se in co-op risulta anche divertente e piacevole, contro l’IA (mediamente forte) il tutto assume connotati ben diversi. Molti scontri diventano infatti velocemente un continuo subire gli attacchi avversari, a causa dell’impossibilità nel parare i colpi, poiché tutto è legato dalla bravura nel contrattaccare a tempo. Qualora non aveste riflessi fulminei e quando il gioco si ricorda di prendere in tempo il comando, in buona sostanza prenderete colpi a ripetizione, senza possibilità di difesa o quasi. Anche le mosse più elaborate, in verità protagoniste di una varietà soddisfacente, soffrono dello stesso problema legato alla reattività quasi inesistente dei comandi di gioco. Ciò grava fortemente non soltanto sul gameplay in sé, ma va a vanificare in buona parte anche l’ottimo sistema di sviluppo del personaggio nella Carriera.
I vostri alter-ego, infatti, possono essere sviluppati attraverso un lunghissimo albero delle abilità (non molto complesso, invero) che va a potenziare diversi aspetti sia fisici sia tecnici del lottatore. Oltre ai parametri fisici o alla forza (o resistenza) alle prese e alla varie mosse, è possibile sbloccare delle vere e proprie skill aggiuntive, da aggiungere a uno slot numerato di abilità sempre nuove. Un sistema molto bello e in apparenza profondo che però, come vi dicevamo poc’anzi, viene velocemente vanificato dall’innumerevole mole di problemi alla radice di un gameplay quasi disastroso. Il tutto senza contare che, al momento, il gioco soffre di numerosi bug che rendono la giocabilità ancor più ostica.
Grafica d’altri tempi
Dove WWE 2K20 dà il peggio di sé è senza dubbio nel comparto grafico. Al di là della “semplice” qualità generale di texture e illuminazione, che sembrano essere uscite da una generazione passata di console (forse anche due) il quadro generale è di qualità incredibilmente bassa. Seppur somiglianti in viso, buona parte degli atleti appaiono modellati in maniera tutt’altro che lodevole, con elementi quali animazioni facciali, texture dei volti e dei capelli e le movenze in generale che sembrano provenire sul serio dall’epoca PlayStation 3 e Xbox 360. Ci fa veramente strano appurare tutto ciò, laddove 2K e Visual Concepts con la serie NBA 2K hanno stabilito dei veri e propri nuovi standard qualitativi in termini tecnici, ma siamo comunque costretti a prenderne atto.
Il tutto non migliora nemmeno per quanto riguarda la cornice generale: nonostante il pubblico sia complessivamente ben caratterizzato e diversificato, il tutto è mediamente scadente e quasi irreale, anche proprio a livello di proporzioni. Ci è sembrato a volte di assistere a un match come se stessimo guardando attraverso una bottiglia di plastica, e potete immaginare il risultato. Per fortuna gli scenari si salvano grazie alle licenze, che offrono un impatto visivo molto simile alla realtà per quanto riguarda interfaccia generale, introduzioni e altre piccoli dettagli che un fan non può non notare e apprezzare. Buonissimo è il comparto audio, per fortuna, e lo si nota nel doppiaggio degli atleti e nella telecronaca, ma anche e soprattutto nella bellissima soundtrack selezionata appositamente per il titolo. Ci è capitato di rimanere molto tempo ad ascoltare gli splendidi brani nei menù di gioco, per poi tristemente sospenderli per iniziare una (tediosa) partita.
WWE 2K20 è un titolo pieno zeppo non solo di modalità e licenze, ma anche e soprattutto problemi. Tralasciando i numerosi bug, sicuramente risolvibili con patch e fix vari, i problemi del titolo partono da una struttura ludica deficitaria direttamente alla base. Un gameplay ostico e legnoso, difficilmente assimilabile, è uno dei punti più negativi dell’opera, il cui massimo punto di rottura viene raggiunto da un comparto grafico incredibilmente scadente e che, senza mezzi termini, sembra provenire da una generazione diversa di console. Peccato, perché modalità come ad esempio la carriera risultano interessanti, ma non riescono da sole a risollevare il giudizio complessivo sul gioco. Ci auguriamo davvero un cambio di rotta nei prossimi anni perché, passione infantile o meno, la WWE non merita una conversione ludica tanto scadente.
Pro
- Tante licenze
- Colonna sonora di qualità
- Carriera in singolo niente male
Contro
- Graficamente osceno
- Gameplay lento e legnoso da padroneggiare
- Numerosi bug, sia estetici sia ludici
- I comandi soffrono di un input lag inspiegabile