Wolfenstein: The Old Blood
Wolfenstein: The New Order è stato uno dei migliori fps degli ultimi anni, molto apprezzato per la cadenza old school e per la totale assenza di forzate campagne multiplayer o di innumerevoli – quanto inutili – contenuti aggiuntivi. Oltre a ciò poteva contare su di un’ottima sceneggiatura e di un gunplay fresco e brillante, nonché sadico quanto divertente. Insomma Machine Games ci aveva visto giusto e, poco meno di un anno dopo, ci riprova grazie a una espansione standalone (non è necessario conoscere gli avvenimenti di TNO, ndr), ovvero Wolfenstein: The Old Blood.
Divisa in due parti, per un totale di otto capitoli, The Old Blood racconta le rocambolesche e distruttive vicende che B.J. Blazkowicz ha affrontato ben quattordici anni prima dell’assalto al complesso di Deathshead. Siamo nel 1946, epoca distopica in cui la Germania nazista sta schiacciando i suoi avversari grazie a una avanzata tecnologia e a misteriose conoscenze dell’occulto. B.J. dovrà capire cosa sta succedendo e impegnarsi nel recupero di un importante dossier, costringendosi prima a girovagare per l’ancora una volta affascinante castello di Wolfenstein insieme al caro villain Rudy Jäger, per poi catapultarsi all’oscuro inseguimento di Helga Von Schabbs, nella tranquilla cittadina di Wulfburg.
Restano invariate le meccaniche FPS, quelle che permettono a Blazkowicz di portare con sè molte armi consecutivamente e di equipaggiarne una per mano. Vi sono comunque delle novità in quanto a utensili da carneficina: come il tubo di ferro, che può essere usato per attacchi in mischia, ma anche come un più comune piede di porco; inoltre v’è la Kampfpistol, una potente pistola lanciarazzi esplosivi, che di sicuro riuscirà ad aiutare nei momenti più difficoltosi.
Il gameplay continua a uniformarsi allo stile del giocatore, che viene anche premiato con dei talenti specifici. Questi lo aiutano a migliorare le abilità di B.J.: utilizzando ad esempio le nostre armi preferite potremo aumentare l’efficienza e la capienza del caricatore; oppure chi predilige gli attacchi copro a corpo riceverà un supporto per la difesa dai danni in mischia. Nulla di eclatante, certo, ma di sicuro un elemento in più che aiuta a migliorare le già distinte meccaniche messe in moto da Machine Games.
Per quanto si cerchi di evitare il paragone con The New Order, The Old Blood inciampa su alcuni punti che non gli permettono tanto di scampare ai giudizi. Laddove il main title infatti riusciva a farsi strada emotivamente, le corde di questa espansione non permettono neanche di affezionarsi a un personaggio che questi potrebbe già esser morto di fronte ai nostri occhi. Inoltre ci risulta praticamente quasi impossibile che Blazkowicz, difronte agli orrori degli zombie nazisti, non ne abbia mai parlato apertamente negli anni a seguire. Ci sono inoltre un paio di sbavature che non ci permettono di apprezzare interamente la storia di Helga. Questa infatti difronte a una martellante e testosteronica prima parte, sembra essere stata appiccicata frettolosamente, andando quasi a oscurare tutta la bella esperienza appena trascorsa. I Nazi-Zombie non si avvicinano neanche lontanamente all’essere un nemico all’altezza della saga, e la sete di piombo sbiadisce difronte ai loro prevedibili movimenti.
Di sicuro Machine Games questa volta ha deciso di muoversi in maniera molto lineare, non concedendo più ampi spazi ed eccessiva libertà di scelta al giocatore. Le fasi stealth, non molto competitive, in alcune situazioni vengono forzate, mentre in tutti gli altri casi, il giocatore è invogliato a ricercare un approccio diretto, perché più veloce. Infatti le missioni hanno sempre lo stesso numero di comandanti in mappa: sciolta quindi la matassa una volta, sarà più semplice farlo una seconda.
Nonostante il prezzo contenuto, l’espansione promette però una buona longevità. Entrambi i filoni principali possono essere completati in più di sei ore di gioco, anche se la difficoltà selezionata potrà far oscillare positivamente e non questa tempistica. Per arricchire ancora di più il contorno, ci si potrà confrontare nella modalità “Sfide”, con tanto di leaderboard online, e in una modalità (molto) hardcore, dove si avrà a disposizione solo una vita per poter terminare il gioco.
Il motore grafico riesce a garantire una generale esperienza visiva convincente. Nella versione da noi testata (PS4) non ci siamo mai trovati difronte a drastici cali di fps, e siamo riusciti a godere al meglio le vicende anche nei momenti più esasperanti. Di sicuro il fatto di aver scelto un design semplice è riuscito ad alimentare positivamente la fluidità, ma per quanto le textures e le animazioni siano state migliorate, è fin troppo evidente su PS4 e Xbox One l’aliasing. Da notare soprattutto le immagini sullo sfondo, dove la scalettatura si fa vivida più che mai. Nulla di cui ci si possa lamentare troppo, anche se degli spigoli meno acuminati avrebbero fatto sorridere di più il nostro occhio.
Dal canto sonoro non brilla per una colonna sonora ispirata, ma bisogna soffermarsi positivamente sul doppiaggio, che si avvicina all’eccellenza. Un bel modo anche per ricordare che il titolo è interamente localizzato in italiano.
[signoff icon=”quote-circled”]Piovono Nazisti!
Il re Ottone sfalda completamente la trama, dandole un tono surreale, di sicuro mal giustificato dalla necessità di voler cavalcare l’onda, allontanandosi dalla coerenza distopica, per terminare in un comune senso sovrannaturale; nonché in uno scontro finale noioso.
Queste le parole con cui bisognerebbe descrivere l’acre derivato dal termine dell’espansione. Un finale che cerca a singhiozzi di risollevare il morale, riportando a mente i princìpi della guerra su uno sfondo in pieno fermento. La domanda “era davvero necessaria questa seconda parte?” sorge spontanea. Eppure The Old Blood è riuscito a farsi strada nei nostri animi assetati di fps. Sarà per la simpatia di B.J. che ci delizia con la sua irriverenza, o per l’arroganza con cui l’IA ci costringe a digrignare i denti ricaricando il più vicino checkpoint. Non bisogna dimenticare che stiamo parlando di un DLC, e l’impegno (soprattutto) in termini di longevità va premiato. Saremmo certamente più felici se fossero tutti così.[/signoff]