Wolfenstein: Cyberpilot – Recensione
Mein Kampf? No, in Wolfenstein: Cyberpilot è… Your Kampf. Per parafrasare Charles Bukowki, per ogni Hitler c’è una Giovanna d’Arco appollaiata dall’altra estremità dell’altalena. La vecchia storia del bene e del male…
Si può dire molto della serie Wolfenstein, ma a prescindere dai meriti che gli si danno e i fallimenti che gli si appioppano (cough, la fase tutorial di The New Order, cough), non gli si può negare di saper restituire al giocatore una delle sensazioni più violentemente purificanti della storia dell’intrattenimento “attivo” offerto dai videogame: si, ci riferiamo ovviamente allo Schadenfreude che si prova a crivellare Nazisti, automatismo soffice e privo dell’immediato contraccolpo della moralità.
Sono molti gli scenari in cui il team di MachineGames avrebbe potuto “colpire” fuori dal vaso, soprattutto nelle ultime iterazioni della saga, ma è stato invece capace di trasformare un canovaccio narrativo piuttosto semplice in una revenge-story talmente raffinata nella sua eccessività da riuscire a rendere giustizia perfino agli übervillain per eccellenza, letteralmente e a suon di colpi d’arma da fuoco.
Gli ultimi due capitoli non sono da meno, e, sullo sfondo della Parigi del 1980, provano chiaramente a portare il franchise verso nuovi e interessanti orizzonti: se Youngblood ci permette infatti di indossare le aggressive vesti delle gemelle Blazkowicz (qui la nostra recensione), Wolfenstein: Cyberpilot si (e ci) abbandona alla più completa apoteosi distruttiva, in VR.
Sin dall’annuncio allo scorso E3 2019 questo Wolfenstein: Cyberpilot ha saputo dividere il pubblico fra chi temeva fosse un fin troppo prevedibile rail-shooter e chi invece già si beava nella più onesta vorfreude, già pregustandosi il disastro che si sarebbe manifestato su schermo.
Quindi, per iniziare, vogliamo rassicuravi: Cyberpilot è un titolo divertente, scanzonato, e in perenne overdrive di suoni, immagini e violenza. In questo Wolfenstein: Cyberpilot cade perfettamente all’interno dei confini creati e stabiliti dall’ormai canonico reboot/rielaborazione dei ragazzi di MachineGames, riuscendo a fare anche un piccolo passo in più.
Il vostro alter-ego in Wolfenstein: Cyberpilot è un innominato pilota che si troverà, fin dai primi attimi del gioco, al centro delle forze di resistenza contro l’occupazione nazista di Parigi, ormai ombra sbiadita della città che era, con il suo popolo putrescente vittima del diabolico totalitarismo germanico. Bloccati in un sorta di sedia-ascensore, vi muoverete in alto e in basso lungo i 4 piani di un bunker nazista abbandonato che, hackeraggio dopo hackeraggio, diventerà la piattaforma attraverso la quale potrete prendere le redini di 3 diverse macchine da guerra naziste.
Prima di poter scatenare la vostra furia distruttiva, però, vi troverete davanti a una brevissima sezione di riparazione della macchina da guerra in oggetto, nel primo caso un Punzerhund, poi un Drone e, gran finale, un Zitadelle. Individuata la posizione della scheda di memoria comportamentale, non dovrete far altro che hackerarla, reinserirla e voilà: la bestia è vostra da domare…. da remoto, ovviamente, escamotage geniale per evitare la nostra immotivata morte sul campo di battaglia.
Le differenze di movimento e capacità di attacco fra Punzerhund, Zitadelle e Drone sono evidenti fin da subito, caratteristiche che relegano indirettamente quest’ultimo ad attività più furtive e circospette, lasciando ai primi due il grosso del lavoro distruttivo. Si percepisce il lavoro fatto per definire in modo univoco forze e debolezze di ognuno dei 3 veicoli, tanto che difficilmente vi troverete a preferirne uno agli altri due, considerando anche che affronterete una missione “per tipo”. Solo nel finale le 3 Kriegsmaschinen potranno essere usate in (quasi) totale libertà. Si, preparatevi ad una sequenza adrenalinica e piacevolmente sopra le righe.
Prendere confidenza con i comandi è molto semplice e immediato: un breve tutorial prima di ogni livello ci introdurrà a movenze e metodi di attacco di ognuno dei 3 strumenti di guerra, tutto reso possibile da 2 manopole in-game che essenzialmente consolidano e giustificano la presenza dei due Playstation Move stretti nelle vostre mani nel mondo reale.
Sparare, in Wolfenstein: Cyberpilot, risulta naturale almeno quanto saltare in Super Mario: premendo il grilletto potrete scatenare l’attacco, ma esistono anche diverse essenziali funzioni poste nella struttura della sedia che vi ospita; se appoggiando la manopola sul sensore di destra andrete a ricaricare l’energia della vostra meccanica bestialità, la pressione di un tasto laterale (più che altro bisogna tirargli un pugno) andrà invece ad attivarvi una speciale abilità difensiva o offensiva, a seconda del mezzo su cui starete viaggiando.
Per quanto siano incredibilmente spassose, le sequenze distruttive di Punzerhund e Zitadelle passano lievemente in secondo piano rispetto ai più pacati ma memorabili respiri stealth dei livelli affrontati con il Drone, con la coda dell’occhio puntata verso ogni angolo e senza l’opzione di poter affrontare un nemico in un attacco frontale.
MachineGames è riuscita a creare una UI ottimale, sintesi dei dati essenziali per la vostra sopravvivenza e necessaria conseguenza dell’impossibilità di riempire lo schermo di led o numeri in sovrimpressione, in pieno rispetto della natura profondamente analogica del mondo distopico di Wolfenstein. All’interno della cabina di pilotaggio, buttando anche solo distrattamente l’occhio ad una delle barre colorate integrate nel metallo dell’involucro che vi protegge, avrete rapido accesso al vostro livello di salute e al livello di surriscaldamento dell’arma. Semplicità e funzionalità, in perfetta armonia.
Sonoro e grafica sono di buon livello, senza innalzarsi oltre i previsti standard della serie: la melodia è più dettata da esplosioni e fiammate che da note o armonie di sorta. Un piccolo ma sentito plauso va alla possibilità di interagire, in forma minima, con gli ambienti di gioco: se in uno dei livelli della base tedesca potreste trovarvi a giocare con delle action figures a tema Wolfenstein, sul palcoscenico della città di Parigi potrete perfino abbattere un dirigibile nazista a suon di missili.
Il titolo di MachineGames ha un solo grosso difetto:è dolorosamente breve, e questo vi lascerà con un profondo senso di fernweh, ansiosi di poter tornare al comando delle macchine di distruzione naziste per usarle contro di loro fra esplosioni e corpi in fiamme.
I virtuali orizzonti di Wolfenstein: Cyberpilot ci danno nuovamente modo di portare metaforicamente a giudizio gli autori di uno degli stermini più cicatrizza(n)ti della nostra storia, esecutori di atti così cruenti da venir definiti atrocità perfino da alcuni ufficiali all’interno dei loro stessi ranghi; sembra impossibile, nella nostra semi-incapacità di fare di tutta l’erba un fascio, ma una delle voci più forti contro queste ignominie fu addirittura quella di uno dei Comandanti più alti in grado che, dal Settembre 1939 al maggio 1940, inviò diversi dettagliati rapporti all’alto comando della Wehrmacht, esplicitando lo sdegno suo e dei suoi soldati, inorriditi di fronte alle azioni delle SS. Johannes, questo il suo nome, addirittura proibì alle sue truppe di partecipare a questo sterminio, minacciandoli di deferimento alla corte marziale, cosa che fece così tanto rumore da destare le ire del Führer stesso, che lo trasferì sul fronte Occidentale. Morì suicida poco prima della conclusione del suo procedimento nei processi di Norimberga. Ah, prima di inserire questo piccolo trivia nel cassetto del “dimenticabile”, avremmo piacere che sapeste il suo nome completo: Johannes Albrecht Blaskowitz. Perchè alla fine ora più che mai dobbiamo ricordarci l’adagio con cui questa recensione è iniziata, o quasi… “Per ogni Hitler, c’è un Blaskowitz pronto a tenergli testa.”
Wolfenstein: Cyberpilot non cambia certo regole e stilemi del panorama VR, però diverte come pochi altri hanno saputo fare finora ed è palese dimostrazione delle abilità di game design del team MachineGames, a prescindere dal contesto (o i limiti) in cui si trovano ad operare. È un’esperienza assolutamente memorabile, un’adrenalinica avventura di un paio d’ore che vi lascerà stupiti e desiderosi di averne ancora.
Pro
- Il gameplay è immediato e soddisfacente
- Ognuna delle 3 macchine di morte ha una sua specifica identità
- Cade perfettamente in linea con gli altri capitoli della "saga"
- Crivellare nazisti fa sempre piacere
Contro
- È maledettamente corto
- Sonoro e grafica fanno il loro lavoro senza esaltare
- L'abbiamo già detto che è corto?