White Day: A Labyrinth Named School – Recensione
Sebbene non sia poi così sfruttata come ambientazione per gli horror, la scuola è sempre stata un buon spunto da cui far partire le trame il cui scopo è terrorizzare lo spettatore. La storia di White Day: A Labyrinth Named School infatti parte proprio dalla scuola, o meglio ne fa proprio la colonna portante. White Day non è di certo un titolo di primo pelo, in quanto abbiamo già visto due sue versioni: la prima su PC e la seconda su mobile. Tuttavia, nel periodo in cui remake e remastered la fanno da padrona, anch’esso si rinnova: stavolta nella sua terza versione, su PlayStation 4.
Cliché ma non troppo
Il White Day è una ricorrenza nata in Giappone, poi diffusa anche in Corea del Sud, legata a San Valentino. Durante la festività del 14 Febbraio le ragazze regalano ai ragazzi a cui sono interessate dei cioccolatini, se l’interesse è reciproco quest’ultimi sono tenuti a ricambiare il gesto un mese dopo, proprio per il White Day. Sarà proprio durante questa ricorrenza che Hui-Min Lee, lo studente di cui vestiremo i panni, si intrufolerà all’interno della scuola sudcoreana: a muovere il ragazzo sarà la volontà di fare una sorpresa alla propria fiamma, oltre a restituirle il diario che essa aveva smarrito il giorno prima.
Inutile dire che intrufolarsi di notte nella scuola non sarà una buona idea, se poi aggiungiamo anche che all’interno dell’istituto in questione si aggirano spettri e individui posseduti da entità per niente affatto benevole è chiara la vastità dell’errore commesso. Lo studente non ne ha colpa però, dato che è ignaro di tutto ciò e non sa che finirà per ritrovarsi in qualcosa molto più grande di lui. Per fortune Lee non sarà da solo, infatti non è l’unico ad aver deciso di intrufolarsi nella scuola nottetempo: altri studenti hanno compiuto l’inconsapevole ma sconsiderato gesto, chi per un motivo chi per un altro.
A trasmetterci ansia e tensione tuttavia non saranno principalmente gli spettri, quanto il bidello: un individuo tanto strano quanto disturbato e violento. Se scoverà qualcuno a girare per l’istituto fuori dagli orari consoni non si farà problemi a prenderlo a mazzate, letteralmente. Tuttavia questo comportamento, così come altri eventi stranissimi che accadono all’interno della scuola, avranno una giustificazione che si fonda nelle radici della cultura orientale. A separarvi dalla risposta e dai sette finali del gioco, vi saranno un buon quantitativo di ore di gioco e altrettanti jumpscare.
Corri o prendi mazzate (e muori)
Da buon horror che si rispetti, White Day non da al giocatore alcun mezzo per difendersi dalle minacce che incombono su di lui. L’unica possibilità di salvezza è legata al correre via e nascondersi e se falliremo, venendo scovati ci aspetterà una bella dose di mazzate condita dal game over. Il non poter disporre di alcun mezzo per eliminare la minaccia del bidello killer è uno degli elementi ansiogeni principe del titolo, unito al fatto che disporremo di un numero di salvataggi limitato. Per non perdere i progressi della nostra avventura infatti dovremo infatti trovare dei pennarelli, disseminati lungo la scuola, e salvare presso le apposite bacheche. Tuttavia vi saranno comunque alcuni checkpoint, posizionati in seguito a determinati eventi chiave, dove il salvataggio sarà automatico: in tal modo il gioco non risulterà essere troppo frustrante in caso di morti eccessive.
L’unico modo per evitare o quantomeno limitare le incursioni del bidello è quello di muoversi con cautela: limitare l’accensione delle luci, usare sempre l’accendino per orientarsi al buio e camminare abbassati quando possibile. In tal modo, passando da una stanza all’altra per risolvere i vari rompicapi che ci verranno messi di fronte, il rischio di essere scoperti si abbasserà. Per una totale immedesimazione è consigliato l’uso del PlayStation VR, in quanto il titolo è interamente giocato in prima persona. Il non possedere armi di difesa e i salvataggi limitati sono quindi elementi che contribuiscono a creare tensione ma, a farvi saltare dalla sedia, sarà tutt’altro: preparatevi ad apparizioni improvvise, strani rumori e soprattutto a guardarvi sempre le spalle.
Muovendoci da una stanza all’altra, potremo trovare oggetti utili quali chiavi, oggetti curativi, messaggi che ci indicheranno la via o, addirittura piccoli racconti horror prettamente orientali che non faranno altro che contribuire a calarci ancor di più nell’atmosfera del gioco. Il gameplay è molto semplice e dispone di pochi elementi ma il mix risulta essere efficace quanto basta per spaventarci e incutere timore.
Il titolo però non è esente da difetti: ci è capitato spesso di non poter leggere interamente le opzioni dell’HUD o addirittura di non poter leggere per intero le opzioni di dialogo fra cui scegliere, essendo poste ai limiti destro e sinistro dello schermo, e data l’impossibilita di settare lo schermo centrandolo meglio. Il risultato è abbastanza fastidioso in quanto dovremo affidarci alla nostra capacità di deduzione per capire cosa si cela dietro le frasi tagliate e scegliere di conseguenza.
Confidiamo in una patch futura che risolva tale problema.
White Day, Black Night
Il comparto grafico di White Day non è da urlo: la prima incarnazione del titolo su PC risale al 2001 e, seppur parliamo di una versione rimodernata, il titolo ne risente. Non aspettatevi quindi dettagli assurdi o curatissimi e l’ambiente della scuola risulta essere abbastanza spoglio ma non per questo da disdegnare. Sicuramente una espressività maggiore sui volti degli spiriti e dei personaggi, dettagli più curati sui loro corpi e gli effetti di luce maggiormente definiti avrebbero contribuito a rendere il tutto molto più terrificante. Questo non mina tuttavia l’esperienza di gioco anche se possiamo considerarla certamente un’occasione mancata.
In un horror che si rispetti invece, il comparto sonoro può e deve farla da padrone. Quello di White Day ne esce senza infamia e con poche lodi: i rumori indecifrabili mentre ci si aggira per i corridoi, i bisbigli, gli allarmi improvvisi e i terrificanti fischi che infestano la scuola fanno il loro sporco lavoro, riuscendo a farci immedesimare nel personaggio, unitamente alla telecamera in prima persona. Il titolo inoltre è interamente doppiato in inglese ma i dialoghi sono interamente sottotitolati in italiano, così come l’interfaccia di gioco.
White Day: A Labyrinth Named School soffre dei classici difetti di un porting: l’impossibilità di regolare lo schermo, la grafica semidatata e altri piccoli difetti disseminati qua e là non lo rendono uno dei principali titoli in un panorama che di titoli horror è molto ricco. Tuttavia dispone di svariate frecce al suo arco con le quali può comunque far breccia nel cuore degli appassionati del genere: riesce a ricreare ottimamente l’atmosfera dei classici horror orientali, trasmette tensione e ansia riuscendo ad essere al tempo stesso semplice e leggero nel gameplay. Il poter disporre di un PlayStation VR non farà altro che contribuire a calarvi ancor di più nel personaggio, facendovi saltare dalla sedia più e più volte. White Day è insomma un horror che riesce a fare il proprio lavoro, non eccelle, ma vi spaventerà a dovere, di questo ne siamo sicuri.
Pro
- Tensione palpabile
- Atmosfera horror azzeccata
Contro
- Imperfezioni grafiche fastidiose
- A tratti manca di pathos