Virginia – Recensione
Che cos’è la realtà? A questa domanda da secoli hanno cercato di dare risposta studiosi e filosofi tra i più apprezzati come Cartesio, Kant e Hegel. Potremmo dire, dizionario alla mano, che si tratta di una qualità e condizione che esiste effettivamente e concretamente? Certamente, ma nel momento in cui ci si trova di fronte a un titolo come Virginia le sicurezze scolastiche ben presto tendono a vacillare. Perchè il lavoro compiuto da Variable State, uno studio composto da poche teste ma tutte dotate di grande genio, è di quelli che portano a spazzar via il proprio castello di carte fatto di certezze, nozioni e percezioni.
L’avevamo capito già in questa intervista che Virginia sarebbe stato un prodotto interessante e questa ipotesi si è fatta strada nelle nostre menti come un torrente in piena, dalla vita breve ma intensa, come sola certezza di un’esperienza di gioco costellata di dubbi e supposizioni.
Benvenuti a Kingdom
Kingdom, cittadina fittizia della Virginia, è un luogo da cartolina con le sue sconfinate foreste e i suoi tramonti mozzafiato. Ci troviamo alla fine dell’estate del 1992 e nonostante l’aspetto mite e rilassato, questa cittadina si fa teatro di un mistero e di una tragedia quando l’inspiegabile scomparsa del diciassettenne Lucas Fairfax sconvolge le vite tranquille degli abitanti di Kingdom. Per l’indagine viene scelta la detective Maria Harpine affiancata dall’agente cadetto Anne Tarver. Quest’ultima sarà il nostro alter ego all’interno di Virginia e avrà il duplice compito di aiutare la collega più anziana nell’indagine e allo stesso tempo indagare sul suo conto, in seguito a un provvedimento interno dell’FBI nei suoi riguardi.
Questa la trama di Virginia, intrigante ma all’apparenza normale e lineare. Una volta mossi i primi passi nel gioco però andremo a cozzare in maniera violenta con un gameplay pensato e studiato per coinvolgere il giocatore in maniera meno intuitiva di quanto si possa immaginare. Qui entrano in ballo ispirazioni che vanno dal Lynch di Twin Peaks a The X-Files per arrivare a produzioni più recenti come True Detective o Fargo. Ma è chiaro anche l’interesse degli autori verso titoli come Thirty Flights of Loving che si presentano, così come Virginia, privi di dialoghi e con interazioni ridotte all’osso. Il nostro scopo sarà quello di far avanzare Anne nelle sue indagini e interagire con pochi oggetti utili allo svolgimento del nostro compito e a qualche collezionabile tutt’altro che banale.
Quella che si può definire percezione acustica
L’assenza di dialoghi, sia parlati che scritti, si fa sentire inizialmente ma pian piano in Virginia si fa strada un’intuizione via via sempre più forte e travolgente: la colonna sonora. Le musiche di Virginia sono composte da Lyndon Holland, così come gli effetti sonori, e sono opera magistrale dell’Orchestra Filarmonica di Praga. Così, quasi spontaneamente ci è sembrato opportuno indossare delle cuffie avvolgenti per apprezzare meglio questo sonoro e l’esperienza di gioco si è trasformata in qualcosa di unico e impagabile.
Naturalmente la cognizione del gioco non riguarda solo lo splendido sonoro ma è coadiuvato da un comparto grafico caratterizzato da linee tenui e colori pastello in grado di accentuare la percezione tra sogno e realtà che martella sulla testa del giocatore al fine di comporre un puzzle tutt’altro che semplice. Difficile non soffermarsi sugli splendidi tramonti di Kingdom in cui l’immensità della volta celeste si fonde in maniera meravigliosa con le distese verdi della Virginia, quasi a comporre un affresco. Ma questa cura non si ferma solo agli ambienti esterni, tutta la scelta cromatica e stilistica che caratterizza Virginia risulta studiata per immergere il giocatore all’interno di una storia che apre diverse chiavi di lettura.
Svelare troppi dettagli sul titolo snaturerebbe la scoperta dei vari filoni narrativi, caratterizzati da un montaggio disomogeneo e, perché no, di Tarantiniana memoria se pensiamo a Pulp Fiction. Alla fine della breve esperienza di Virginia, terminabile in meno di un paio d’ore, non solo il giocatore si troverà spaesato ma sarà spinto a riflettere su ciò che ha appena visto, o meglio intravisto, attraverso lo sguardo non sempre affidabile di Anne Tarver. Per questo la domanda su quale sia la realtà diventa un leitmotiv dominante in Virginia per capire e ricostruire gli avvenimenti a cui abbiamo appena assistito.
Se la longevità non convincerà tutti a prendere in considerazione Virginia poco male, rigiocare il titolo di Variable State diventerà quasi obbligatorio non solo per raccogliere i pochi collezionabili, saggiamente nascosti, ma soprattutto per iniziare a collegare i vari puntini che hanno iniziato a formare una mappa mentale nella nostra testa.
Il viaggio a Kingdom in Virginia è breve ma dotato di un’intensità crescente grazie al supporto sia di uno straordinario comparto audio che visivo. Cercare di collegare le varie linee narrative pensate dai ragazzi di Variable State per questo loro primo lavoro si dimostra coinvolgente oltre ogni aspettativa. Si potrebbe dire che questo titolo non è adatto a tutti? Forse, ma chi ama quel tipo di narrazione che spinge a non soffermarsi sulla patina della realtà ma a ragionare su di essa non può lasciarsi scappare questo piccolo gioiello.
Pro
- Colonna sonora stratosferica
- Trama che lascia libera interpretazione
- Stile grafico e scelta cromatica ispirati
Contro
- Forse non per tutti