Uncharted: Drake’s Fortune – Recensione Uncharted: Drake’s Fortune
Partito un Rubin se ne fa un altro
Iniziamo col sottolineare come ogni console Sony sia stata presto accompagnata da una grande avventura sviluppata in casa Sony, SCEE o SCEA che sia, che ha fatto amare e sbancare la console del momento. Per la prima PlayStation ricorderemo senza dubbio Crash Bandicoot e il draghetto Insomniac Spyro, per la PlayStation 2 potremmo prendere come esempio Jak & Daxter e Ratchet & Clank, e ora, per la PlayStation 3, si affaccia un grande capitolo del genere d’avventura, che ha anche molto di simile ad alcuni colossi del passato. Non a caso poc’anzi sono stati menzionati Crash Bandicoot e Jak & Daxter, provenienti dalla stessa casa sviluppatrice, che, a distanza di qualche anno, torna ad ingranare la marcia nonostante sia orfana del suo eroe senza tempo Jason Rubin; per chi non l’avesse capito stiamo parlando della Naughty Dog, dalla quale nacquero i due platform più amati di tutta la generazione Sony. Stavolta, però, la Naghty Dog si getta sulle figure umane, niente Bandicoot oppure donnole parlanti accompagnate da ominidi dai grandi poteri oscuri, e più umano di così non poteva.
L’erede di Sir Francis Drake
Dal 1540, anno della sua nascita, Sir Francis Drake non ha mai smesso di affascinare generazioni intere, dai giovani, affascinati per l’animo libero e odisseico, fino agli adulti, amanti della sua tenacia e caparbietà. Nominato Sir nel periodo dell’Inghilterra Elisabettiana, Drake fu navigatore, ingegnere, mercante di schiavi, e tutto quello che servi all’Inghilterra per proclamarlo eroe nazionale. Numerose le battaglie vinte contro la Spagna, che arrivò a proclamarlo nemico nazionale, mettere delle taglie sulla sua testa e ad identificarlo come pirata temibile e da uccidere a vista. E fu grazie alle sue gesta eroiche che la stessa regina Elisabetta potè coprire, facendo passare inosservati, i suoi commerci di schiavi nell’America Colombiana. A distanza di quattro secoli e mezzo eccoci a vestire i panni di un valoroso erede di Sir Drake, Nathan Drake, un uomo facilmente paragonabile alla figura di Lara Croft di Tomb Raider, quindi non un eroe senza macchia e senza paura, ma un vero e proprio Indiana Jones dei tempi moderni, con i suoi jeans attillati e una vistosa cintura in vita, un cacciatore di tesori che però preferisce conservare per sè i tesori scovati invece di regalarli al più vicino museo. Ed ecco che un giorno, Nathan, proprio nella tomba del suo progenitore Francis Drake, trova un diario, un diario di bordo potremmo dire, nel quale venivano raccolte tutte le avventure dell’eroe cinquecentesco, e che all’ultima pagina presenta un’avventura incompiuta. Quale invito migliore potrebbe esserci per il nostro cacciatore di tesori? Ed ecco che quindi inizia il viaggio di Nathan alla ricerca dell’inestimabile tesoro che Sir Drake aveva tralasciato a causa della sua precoce morte a 56 anni dopo l’infrottuoso tentativo di conquistare San Juan, in Porto Rico. Ad aiutare Nathan una pistola e la coprotagonista Elena, una semplice regista di documentari a prima vista, ma fondamentale a detta della Naughty Dog.
Una caccia nell’ombra
Trai ventidue capitoli che affronteremo, vedremo l’alternarsi di due tronconi che divideranno il gioco e il genere: passeremo dal platform al combattimento, passando per delle ottime scene di intermezzo che intervallano alla grande il magnifico connubio dei due generi scelti dalla Naughty Dog. Nelle prime sezioni a tenere banco è la stupenda ambientazione che fa da sfondo al titolo, con foreste lussureggianti, città sommerse e così via, che spesso per essere raggiunte richiedono le abilità atletiche di Nathan; lui, infatti, può saltare, aggrapparsi a qualsiasi appiglio possibile ed immaginabile, che sia una liana o un qualcosa che sporge da un muro, per raccogliere oggetti segrerti, e quant’altro che possa servire a completare il gioco nel migliore dei modi. Avremo dalla nostra parte un ottimo utilizzo della telecamera,manuale, che segue sempre il giocatore proponendo la visuale migliore in prossimità di eventuali sporgenze, queste sezioni sono piuttosto piacevoli e ben congegnate. Analizziamo ora i controlli veri e propri che ci permetteranno di usare al meglio Nathan: col tasto X si salta, con il triangolo si raccolgono le munizioni sparse sul campo di battaglia, anche se questa terminologia è alquanto azzardata, con L1 si attiva il mirino e con R1 si spara, mentre il tasto O si dedicherà alla copertura mediante uno dei numerosi elementi dello scenario adibiti a questo scopo. Attivato il mirino col tasto L1 la visuale si avvicina e vede Nathan leggermente spostato verso destra o sinistra (basta premere L3 per scegliere una delle due direzioni, come meglio credete). Da lodare è anche l’intelligenza artificiale dei nemici che bene si prestano all’avventurosa storia di Nathan Drake. Questi collaborano per cercare il più possibile di stanare Drake, alcuni infatti si riparano e cominciano a sparare, altri usano fucili da cecchino con tanto di mirino laser, altri ancora cercano di aggirarlo oppure di lanciare granate per fargli cambiare posizione e tante altre strategie mirate al farvi davvero pentire di aver iniziato questa caccia al tesoro: il tutto sarà guidato anche da alcune esclamazioni da parte degli avversari che si avviseranno tra di loro indicando la vostra esatta posizione. Ovviamente oltre a questi scontri in modalità quasi stealth troveremo delle interessanti alternative alla guida di una jeep, su una moto d’acqua attraversando una città sommersa, e tanti altri scontri a mano armata a cielo aperto senza dover per forza ricorrere a dei ripari.
Sicuri di essere alla Sony?
La longevità non è proprio il punto forte di questo piccolo capolavoro di casa Sony: in circa 15 ore il gioco viene completato senza nemmeno troppe difficoltà. Come se fosse un gioco per Xbox360, Drake’s Fortune si articola su dei punteggi che permettono di sbloccare vari obiettivi secondari e diverse opzioni di gioco. Ad ogni obiettivo, nonostante non sia legato a nessuna gametrag come per la console Microsoft, riceveremo un tot di 1000 punti circa, che a fine gioco potremo spendere per aggiungere un altro livello di difficoltà al gioco e quindi portarlo più in alto dei tre livelli basilari; potremo sbloccare anche degli interessanti dietro le quinte che ci dimostreranno come sono stati creati i personaggi e come sia stato sviluppato il gioco in casa Naughy Dog. Durante il corso dell’avventura un ulteriore incentivo all’esplorazione è dato dalla ricerca di piccoli tesori sparsi negli angolini più nascosti, dei quali si parlava anche prima a riguardo degli appigli nascosti, per un totale di 60, che contribuiscono ugualmente allo sblocco di alcune opzioni, tra le quali anche quelle sopracitate. Tutto sommato, la poca longevità si può annullare ricominciando il gioco ad un livello più alto, dato che il gioco non si presta a sprazzi noiosi e stancanti ma rimane sempre molto attivo e carico di adrenalina.
Più film, meno realtà
Ricordando l’ottimo lavoro degli anni passati con Crash Bandicoot, Jak & Daxter, la Naughty Dog si presenta con questo nuovo titolo, terzo colossal della casa, con grande stile. Le texture che compongono la foresta e gli interni sono di ottima fattura, dettagliate e mai ripetitive, senza parlare delle ombre, che proiettano in maniera dinamica praticamente qualsiasi oggetto dello scenario, con un ottimo gioco di luce. Stesso discorso vale per le riflessioni e la realizzazione dell’acqua, che in base alla profondità cambia il suo comportamento ed è sempre ben realizzata e diversificata nei vari livelli. L’impatto con l’ambiente è ottimo e ci presenta una foresta viva e animata, vissuta da un Drake e dai suoi avversari che si ambientano alla grande nell’ambiente. Le animazioni anche del tempo sono visibili sugli stessi vestiti di Nathan, che vedrà la sua maglia bagnarsi e asciugarsi col tempo, vedremo i suoi vestiti aumentare e diminuire di spessore a seconda del respiro affannato o normale del protagonista. L’assenza di caricamenti poi è la ciliegina sulla torta.
La Naughty Dog precisò che per realizzare questo comparto grafico non si è ispirata alla natura bensì a delle scene cinematografiche che possano rendere ancora di più la spettacolarità del gioco e dell’ambiente circostante: obiettivo riuscito.
A chiudere il ricco piatto tecnico ci pensa la colonna sonora, che si fregia delle composizioni di Greg Edmonson e che riesce alla perfezione a ricreare l’atmosfera di gioco. Buono il doppiaggio in italiano, carismatico e ben eseguito, guidato da un ottimo sonoro dell’ambiente, che sia il rumore dell’acqua fino al fruscio del vento tra gli alberi.
La Naughty Dog ti rende famoso
Per quanto non sia stato acclamato e discusso da anni prima del suo arrivo sul mercato, come si è soliti fare con giochi che dovrebbero destare meraviglia e o scalpore, Uncharted: Drake’s Fortune permette alla Naughty Dog di ripartire alla grande anche senza il suo magnate Rubin, distaccandosi finalmente da quei giochi, che non c’avevano certo stufati, di stile fumettistico dai quali aveva comunque ottenuto un buon successo. Un altro capolavoro si aggiunge alla lista dei giochi in esclusiva per la Play Station 3, un altro motivo si aggiunge alla lista di coloro i quali sono ancora indecisi sull’acquisto della console di casa Sony, un altro motivo si aggiunge alla lista dei critici che devono rendere onore all’ottimo lavoro eseguito dalla Naughty Dog: ora si spera che questo sia solo l’inizio del ritorno della casa che ha reso famoso prima il Bandicoot, altrimenti rimasto un semplice topo nell’anonimato dell’Africa, e dopo Sir Francis Drake, altrimenti rimasto noto solo agli studiosi della storia inglese e non.