The Witcher 3: Blood And Wine – Recensione

Recensito su PlayStation 4

Terzo episodio di una saga videoludica di successo ispirata ai romanzi di Andrzej Sapkowski, The Witcher 3: Wild Hunt fu il primo GDR a mostrare le reali potenzialità delle piattaforme di nuova generazione, in termini di trama, vastità di ambienti, longevità, cura per i dettagli e quantità di missioni.

Pubblicato a maggio dello scorso anno, The Witcher 3: Wild Hunt é stato continuamente supportato dagli sviluppatori di CD Projekt RED che, ben lontani dal riposarsi sugli allori di un meritato successo, hanno rilasciato nel corso del tempo numerosi aggiornamenti, contenuti speciali, temi gratuiti e DLC. Un atteggiamento talmente appassionato, da parte dell’azienda polacca, da aver ormai trasformato l’avventura di Geralt Di Rivia in un titolo molto migliore di quello iniziale, già eccellente di suo. In un mercato ormai saturo di DLC banali, brevi e poco curati, CD Projekt RED ha pensato bene di rilasciare per Wild Hunt due espansioni talmente ben realizzate da poter essere considerate dei GDR singoli. Il primo, Hearts Of Stone, pur ottimo nella realizzazione, in termini di vastità, trama, ambientazioni e realizzazione generale, costituisce solo un’anteprima di quanto vivremo in questo Blood And Wine, ultimo capitolo delle avventure del nostro strigo preferito.

The Witcher 3: Blood And Wine
Le battaglie si fanno subito interessanti
Onore, tornei, dame e vampiri

La trama di Blood And Wine parte da una classica richiesta di aiuto, di quelle che Geralt trova in genere attaccate alle bacheche nel corso delle sue avventure nei regni settentrionali. Incontrati due amici cavalieri, il nostro strigo si ritrova nel granducato di Toussaint, scosso da antiche guerre interne ma solo sfiorato dalla Caccia selvaggia, una terra apparentemente felice e prospera che tra dame, cavalieri e tornei, sembra uscita dai cavallereschi romanzi d’amor cortese.

Persino i nomi dei vari personaggi che andremo a incontrare, da Palmerin De Launfal a Damien De La Tour fino al prode Milton De Peyrac, richiamano gesta di onore e gloria all’ombra dell’immenso castello di Anna Henrietta Toussaint. L’affascinante e vivace duchessa ci guiderà all’inizio di un’avventura che ben presto si rivelerà molto più pericolosa di quanto in realtà ci aspettassimo. Una creatura tanto potente quanto sfuggente sta infatti uccidendo con ferocia alcuni cavalieri di Toussaint ma, a differenza di molti altri nemici già affrontati da Geralt, questa sembra avere una sorta di metodo logico nelle sue uccisioni.

Dopo alcune indagini infatti, lo strigo scopre che le vittime avevano violato, in un modo o nell’altro, i cinque precetti sacri dei cavalieri: onore, saggezza, generosità, coraggio e compassione. Ottenuto l’aiuto dell’enigmatico Emiel Regis Rohellec Terzieff-Godefroy, un vecchio amico (molto più vecchio di quanto si pensi), dal passato complesso quanto il suo nome, il campo delle indagini si restringe intorno a un certo Dettlaff Van Der Eretein, le cui capacità fisiche e mentali sembrano superare di gran lunga quelle del più forte dei cacciatori di streghe.

La trama di questo Blood And Wine, come già accaduto per Hearts Of Stone, si svolge parallelamente a quanto già visto nell’avventura principale di Wild Hunt, e costituisce uno dei lati migliori di questo titolo deviando il genere verso una sorta di eccellente detective-story fantasy. I personaggi risultano sin da subito ben caratterizzati, i dialoghi sono ancora una volta ben studiati e la trama (che è possibile approfondire grazie alle numerose missioni e ai libri che troveremo) é tra le migliori viste nell’intera saga. Le stesse atmosfere richiamano i romanzi bretoni, senza farsi mancare un affascinante retroscena horror-gotico, ben presto infatti, impareremo che nel granducato di Toussaint nulla è come inizialmente sembra, e tra il bianco e il nero esistono anche qui mille sfumature di grigio.

The Witcher 3: Blood And Wine 1
La trama si ispira ai romanzi cavallereschi…
Vivi come un cavaliere, combatti come un witcher

Blood And Wine, ben lungi dal voler riciclare le meccaniche, pur buone, dell’originale Wild Hunt, introduce tanti e tali cambiamenti da donare quasi l’impressione di trovarsi davanti a un The Witcher 4. Come per Hearts Of Stone, è possibile affrontare questa nuova avventura in tre modi: nel corso della mastodontica campagna principale di Wild Hunt, importando da questa un personaggio di livello abbastanza alto, oppure iniziando questo Blood And Wine singolarmente, con un personaggio precostituito di 34esimo livello e dotato sin da subito di un equipaggiamento abbastanza potente.

Poco dopo l’inizio della nostra avventura ci ritroveremo in un’intera regione nuova, dotata di una percentuale di punti di interesse molto più alta di quanto visto nelle avventure passate di Geralt Di Rivia. La quantità di nuovi contenuti introdotti da questa avventura è tale da fare sembrare Hearts Of Stone una semplice demo, comprende infatti novanta nuove missioni, molte delle quali talmente lunghe e ben realizzate che in altri frangenti (e con altri sviluppatori) sarebbero state tranquillamente vendute singolarmente. Troveremo inoltre un centinaio di nuovi pezzi di equipaggiamento, alcuni dei quali leggendari e inediti (tra tutti spiccano il set della manticora e l’armatura del vampiro), e naturalmente nuovi boss più scaltri e dallo stile meno prevedibile, anche se le loro tattiche di attacco sembrano ancora fedeli all’uso della semplice forza bruta.

Nuovi nemici, personaggi, cacce al tesoro, potenziamenti e mercanti arricchiscono ulteriormente la nostra avventura, resa ancora più piacevole da sostanziali rinnovamenti nelle meccaniche, nelle opzioni e nel gameplay generale, talmente numerosi da meritarsi un nuovo tutorial dedicato. Là dove il pur eccellente Hearts Of Stone si limitava ad alcuni lievi cambiamenti, mantenendo però una struttura identica al titolo originale, questo Blood And Wine rinnova, snellisce e in qualche caso stravolge piacevolmente quanto visto in passato.

La funzione della mappa é ora più completa grazie ad alcune sostanziali migliorie, tra cui la possibilità di inserire dei filtri per i segnali, che ne rendono la consultazione molto più veloce. L’inventario é stato ora risistemato e reso più intuitivo (anche se la gestione dai mercanti rimane un po’ lenta), una novità necessaria, vista la grande quantità di nuovi equipaggiamenti e oggetti disponibili, tra i quali troviamo anche un intero nuovo mazzo di Gwent dedicato alle isole Skellige. Molti di questi rinnovamenti sono disponibili anche separatamente grazie alla recente patch 1.20. Gli schemi di attacco dei nemici sono ora meno scontati, costringendoci a una certa dose di tattica in più, e lo stesso sistema di combattimento generale è stato ulteriormente raffinato anche grazie all’introduzione delle mutazioni.

Accessibili dalla schermata del nostro personaggio dopo aver concluso la missione “Affrontare l’ignoto”, queste dodici mutazioni potenziano le sinapsi di Geralt e permettono di usare poteri nascosti derivati dai mutageni, gestibili separatamente dalle abilità classiche. Si può mantenere attiva una sola mutazione per volta, ma una loro saggia gestione permette di ribaltare le sorti delle battaglie più difficili e, a livelli alti, persino di aggiungere nuovi slot di potenziamento per le abilità di base. Questa gradita novità, oltre ad arricchire un sistema di combattimento già ottimo di suo, elimina quello che forse era uno dei pochi, veri difetti di Wild Hunt: la scarsità di abilità disponibili a livelli alti.

Gli sviluppatori, nell’eccellente realizzazione generale, sono riusciti a inserire anche una sorta di minigioco gestionale: il nostro Geralt, infatti, poco dopo l’inizio della sua avventura verrà in possesso della dimora di Corvo Bianco, già legata alla trama principale in modo piuttosto macabro. Questa residenza, con tanto di maggiordomo, andrà restaurata e arricchita con elementi come la cote, la camera da letto e il laboratorio di alchimia, che potranno migliorare le nostre caratteristiche e arricchire ulteriormente le meccaniche del titolo.

La massiccia mole di nuovi contenuti, unita al numero di missioni e alla durata della trama principale, ci porteranno in un’affascinate avventura che difficilmente finirà prima di aver raggiunto le 20-30 ore di gioco.

The Witcher 3: Blood And Wine 2
…ma diventa ben presto inquietante
Un granducato di colori e sangue

Una delle poche delusioni che accompagnarono l’uscita di The Witcher 3: Wild Hunt fu la sostanziale differenza tecnica tra quanto ammirato nella demo presentata all’E3 del 2014, e quanto visto nell’effettivo prodotto finale. Nulla di effettivamente grave (comunque meno di quanto accaduto in titoli come Watch Dogs e Alien: Colonial Marines), ma rimase comunque una lieve delusione nei giocatori. Delusione in parte diminuita grazie al rilascio di continue patch correttive che hanno migliorato notevolmente il comparto tecnico di Wild Hunt. Con questo Blood And Wine, CD Projekt RED sembra voler avvicinare il più possibile il comparto tecnico delle avventure di Geralt a quanto visto in quella famosa demo.

Le texture sono ora molto più dettagliate, le animazioni più curate e soprattutto il frame rate rimane decisamente stabile, ma quel che più colpisce in questa nuova avventura è l’utilizzo dei colori.
Le ambientazioni, infatti, sono state ricreate da zero senza riciclare quasi nulla del materiale grafico già utilizzato in Wild Hunt o in Hearts Of Stones, sfruttando dei colori decisamente più allegri e accesi, pur senza mai scadere nel pacchiano. Una scelta che in altre mani sarebbe stata disastrosa, ma che in quelle degli sviluppatori polacchi si accompagna benissimo con l’ambientazione cavalleresca. I miglioramenti tecnici e i colori fiabeschi rimangono però confinati al solo granducato di Toussaint: appena si ritorna nelle zone di Wild Hunt, infatti, la grafica torna a essere quella originale.

CD Projekt RED, come sempre, si distingue per eccellenza anche sul versante sonoro: i dialoghi, ben sottotitolati in italiano, sono ancora ottimamente recitati (in inglese), e le due ore di musiche completamente nuove, si adattano bene all’originale dualismo cavalleresco – gotico dell’ambientazione. Gli unici difetti vanno cercati in un sistema di collisioni e di combattimento che, pur notevolmente migliorato rispetto a prima, rimane ancora imperfetto, e in alcuni lunghi caricamenti, specialmente in caso di morte del nostro personaggio.

The Witcher 3: Blood And Wine 3
I miglioramenti visivi si notano

Affrontare l’ultima avventura di Geralt Di Rivia è come perdersi in una splendida favola di dame, cavalieri, tornei, onore e vampiri, di quelle che avrebbero reso felici Thomas Malory e Sir Walter Scott, senza dimenticare un certo Bram Stoker. Le aspettative per questa espansione erano altissime, anche a causa dell’alta qualità generale dei precedenti lavori di CD Projekt RED, ma non sono state minimamente deluse. Tra un comparto tecnico decisamente migliorato, una gran mole di nuovi contenuti, meccaniche perfezionate, una trama tra le migliori mai scritte per un GDR e una quantità impressionante di nuove ed eccellenti missioni, l’azienda polacca non poteva trovare un modo migliore per concludere in bellezza le avventure del celebre strigo. Blood And Wine é probabilmente il miglior DLC di sempre, almeno in campo GDR, ed é la prova finale, se mai ne avessimo ancora bisogno, della passione che CD Projekt RED ha messo nell’intera saga, un simbolo del loro immenso rispetto nei confronti dei giocatori.

9

Pro

  • Una quantità impressionante di nuovi contenuti
  • Interfaccia e meccaniche molto migliorate
  • Trama eccellente
  • Visibili miglioramenti tecnici
  • Ambientazione affascinante
  • Vasto e longevo

Contro

  • È l'ultima avventura di Geralt
  • Alcuni caricamenti sono ancora troppo lunghi
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