The Town Of Light – Recensione
Da qualche anno l’ambiente videoludico, forse a causa di una certa saturazione di generi e scarsità di idee, non è più limitato ai classici e talvolta abusati sparatutto, picchiaduro, simulatori e titoli di guida.
Titoli come Flower, Journey, Limbo, Braid, Superbrothers: Sword e Sworcery, Dear Esther e molti altri, spesso eccellenti, hanno confermato la volontà di molti sviluppatori nel voler abbandonare sentieri collaudati, ma ormai appassiti, a favore di una sperimentazione che quasi sempre ha portato a eccellenti titoli, talvolta autentici capolavori del genere. Un misto di originalità, coraggio e genialità che per fortuna ha coinvolto anche qualche sviluppatore italiano.
LKA è un’azienda indipendente fiorentina, fondata da Luca Dalcò dopo una lunga (e a quanto pare fruttuosa) attività nel campo della computer grafica, che finora ha sviluppato un solo titolo: The Town Of Light.
Uscito per PC il 26 febbraio del 2016 e aggiornato con il supporto a Oculus Rift il 9 maggio successivo, The Town Of Light arriva oggi in versione Xbox One e PlayStation 4, grazie anche alla collaborazione tra LKA, THQ Nordic e Wired Productions, che si sono occupati della distribuzione del titolo in versione fisica.
Forte di una trama eccellente e matura, oltre che di un’ambientazione intelligente e ispirata, The Town Of Light ha il pregio di mostrare con molto realismo e delicatezza una situazione finora trattata solo in modo secondario in titoli, pur eccellenti, come Outlast 2 e Layers Of Fear.
Il grido silenzioso di Renée
The Town Of Light si svolge interamente nell’ex manicomio di Volterra, realmente esistente (anche se ora in rovina) e chiuso in seguito alla legge Basaglia del 1978. Un luogo di detenzione, più che di cura, il cui picco di attività corrisponde agli anni delle due guerre mondiali.
La protagonista della nostra storia, Renéè, è un’ex paziente dell’istituto, che torna nell’ormai abbandonata struttura per ricostruire la verità che si nasconde dietro il suo lontano ricovero, avvenuto quando aveva appena sedici anni. Esplorando le decadenti e inquietanti strutture nelle quali ha passato sette anni della sua vita, la nostra protagonista tenta di ricostruire una storia che la vide, all’epoca, privata di ogni diritto e trattata come la peggiore delle cavie umane con il solo, temporaneo conforto di una bambola e di un brevissimo amore.
Una storia che, a mano a mano che emergerà dall’insieme di indizi, documenti, ricordi, oggetti e monologhi della protagonista, si rivelerà molto peggiore di quanto previsto all’inizio, e che non ci sentiamo di approfondire per timore di spoiler.
La trama di The Town Of Light è quindi la parte migliore dell’opera (è questa la definizione più adatta) di LKA: non ci sono nemici, tranne quelli nascosti nell’animo della protagonista, non ci sono fantasmi, esclusi quelli, terrificanti perché realistici, del suo passato. Manca completamente un qualsiasi momento splatter o salto sulla sedia, tanto frequenti in molti altri titoli horror. Eppure, proprio per questo suo estremo realismo e per la capacità di esplorare con delicatezza le peggiori paure dell’essere umano, The Town Of Light provoca un senso di disagio e di ansia molto più raffinato ed efficace rispetto a molti altri titoli simili.
Indagare nel passato tra ansia e paura
The Town Of Light, in teoria, potrebbe essere inserito nel genere walking simulator, titoli caratterizzati dalla quasi totale mancanza di interazione con l’ambiente circostante, ma anche dalla presenza di trame eccellenti, profonde e dal forte impatto emotivo (come lo splendido Dear Esther). Potrebbe, se non fosse che il titolo di LKA, oltre alla stupenda trama, offre anche una pur limitata interazione e la presenza di lievi enigmi.
Completamente in soggettiva (ricordiamo che la versione PC supporta anche l’Oculus Rift), la nostra avventura richiede la ricerca costante e attenta dei numerosi indizi e frammenti del passato di Renée e della storia del manicomio, che sbloccheranno situazioni e monologhi interiori della protagonista, permettendoci di andare avanti.
La voce narrante di Renéè, oltre ad approfondire molti aspetti della trama, con la sola pressione di un pulsante (o semplicemente dopo un po’ che gireremo a vuoto) ci viene in aiuto con consigli piuttosto chiari sul come proseguire nell’avventura. Un meccanismo voluto, che se da una parte semplifica ulteriormente un titolo già di suo forse troppo facile, dall’altra permette di concentrarsi quasi esclusivamente sulla splendida storia, con un ritmo pacato e riflessivo accentuato dalla mancanza di un inventario (eccezione fatta per una torcia attivabile a comando) e di una qualsiasi funzione di corsa.
I rari enigmi presenti richiedono solo di portare e utilizzare un determinato oggetto in un punto preciso, di attivare semplici meccanismi e di cercare con scrupolo ogni indizio possibile in grado di sbloccare filmati (anch’essi ottimi e realizzati interamente a mano) e dialoghi che ci permetteranno di ricostruire per intero la storia di Renée. Tra le opzioni troviamo un utile archivio di tutti i dialoghi precedenti, una cartella clinica della protagonista e un diario, le cui pagine andranno anch’esse cercate con pazienza.
La durata della nostra avventura è piuttosto breve: circa tre ore nel caso in cui vogliamo cercare tutti gli indizi e i frammenti del passato di Renée, ma offre una certa rigiocabilità grazie alla presenza di bivi collegati alle risposte che daremo ad alcuni suoi monologhi.
Muoversi tra le pareti della follia
Il comparto puramente tecnico di The Town Of Light è quello che, purtroppo, più di ogni altro esce sconfitto dal confronto con altri titoli simili.
L’opera di LKA, dopo un lungo caricamento iniziale, alterna infatti momenti buoni, con texture ben definite e animazioni costanti specialmente negli ambienti interni, ad altri in cui il motore grafico fatica in modo più evidente con frequenti scatti nella visuale e fastidiosi problemi di pop up.
Difetti in gran parte corretti da una patch già disponibile nel momento in cui scriviamo, ma che rimangono ancora abbastanza visibili. Nulla che possa pregiudicare l’eccellenza di The Town Of Light, considerando poi che non stiamo parlando di un qualsiasi frenetico FPS, ma di un’avventura dai ritmi pacati e riflessivi.
Ma, seppur carente dal lato della semplice potenza tecnica, il lavoro di LKA vince dal punto di vista dell’ispirazione e della ricostruzione storica e iconografica. Gli sviluppatori, nel corso della realizzazione del titolo, si sono recati più volte nel vero manicomio di Volterra, ricostruendone gli ambienti, le scritte sulle pareti e persino imitando gli inquietanti graffiti lasciati dai ricoverati. Un lavoro ottimo, quasi maniacale nella sua eccellenza, che ha coinvolto anche la ricostruzione delle attrezzature dell’epoca e degli autentici documenti usati allora dai medici.
Sul versante sonoro troviamo musiche ben realizzate, talvolta inquietanti, opera di Davide “Aseptic Void” Terreni e disponibili online gratuitamente per chi ha acquistato l’edizione limitata dell’avventura di LKA. Non manca, in conclusione, un doppiaggio più che buono con i relativi sottotitoli, realizzato ovviamente anche in italiano.
The Town Of Light, più che un videogioco nel senso stretto del termine, è una straordinaria opera letteraria interattiva. Il lavoro di LKA ha il coraggio di raccontare in maniera cruda e diretta, quasi poetica nella sua sincerità estrema, un argomento che molti altri titoli si limitano solo ad accennare in modo timido e velato. A patto di avere la necessaria apertura mentale e la pazienza di cercare tutti gli indizi della trama, si rimane coinvolti, quasi intrappolati, in una storia splendida e dal finale inaspettato.
L’eccessivo caricamento iniziale e i limiti tecnici, causati probabilmente dal ridotto budget a disposizione di un qualsiasi sviluppatore intelligente, non intaccano minimamente una delle migliori esperienze videoludiche di questa generazione, che abbandona qualsiasi pretesa horror o splatter a favore di un’ambientazione più realistica, e proprio per questo molto più inquietante. Il voto in calce intende premiare, al di là di qualsiasi limite tecnico o di interattività, anche il coraggio, l’abilità e la delicatezza degli sviluppatori nell’affrontare temi tanto delicati e complessi come la follia, la solitudine e la violenza. Un’eccellente opera prima per l’azienda fiorentina, che lascia ben sperare per le produzioni future.
Pro
- Grande cura storica nelle ambientazioni
- Incoraggia la ricerca di indizi
- Emozionante, immersivo, coraggioso, poetico
- Storia splendida e matura...
Contro
- ...ma forse troppo cruda per alcuni
- Caricamento iniziale troppo lungo
- Tecnicamente incerto
- Facile e breve