The Sinking City – Recensione
C’era una volta – così come si inizia nelle fiabe – una cittadina fiorente e agiata, i cui cittadini più benestanti non si facevano remore a fare sciacallaggio con forza (ma anche con stile, per carità) a discapito dei più deboli. Un classico esempio di discriminazione razziale, tipico di un periodo storico oscuro, nonché uno degli argomenti maggiormente toccati dall’opera in questione: The Sinking City. La nuova fatica di Frogwares, però, prima di tutto si pone l’obiettivo di replicare – così come già altri hanno provato a fare, con alterne fortune – l’orrore psicologico del lavoro del genio visionario Howard Philip Lovecraft, attirando così l’attenzione mediatica dei tantissimi appassionati dello scrittore, ma anche – semplicemente – di chi fosse alla ricerca di un gioco capace di mischiare sapientemente molte delle meccaniche più in voga degli ultimi tempi.
“Al pensiero che tutto stia crollando, alcune persone cominciano a distruggere tutto quello che possono.”
[menuint foo=”int_7914″]Open World[/menuint]
Può un gioco open world fondersi con gli elementi da survival horror e allo stesso tempo incentrarsi fortemente sul fattore investigativo, marchio di fabbrica degli stessi sviluppatori, attingendo a piene mani dall’immaginario di Lovecraft? The Sinking City ci ha provato e, inutile ripeterlo, ha sin dai primi vagiti suscitato un grande interesse nella “massa” videoludica. Ci spiace dover appurare, però, che le premesse della vigilia forse erano eccessivamente soverchianti giacché il risultato finale, non tanto per i fan di Lovecraft ma per i videogiocatori nello specifico, non ha sortito l’effetto desiderato. Vogliamo però tranquillizzarvi ancora una volta: se siete amanti dell’autore di Providence ritroverete in The Sinking City tutta l’atmosfera tipica delle opere del maestro dell’orrore, specialmente quelle appartenenti al famoso “Ciclo di Cthulhu”, la cui anima si palesa ad ogni angolo. Peccato però per il cosiddetto “tramite”, che si dimostra un corpo vuoto, esile e tempestato da problematiche di ogni sorta.
Narrazione d’eccezione
Lo avevamo già detto anche in apertura: dal punto di vista narrativo, della trama principale, dunque, – ma non soltanto – The Sinking City svetta senza problemi sulla maggior parte dei titoli del genere, affermandosi senza problemi di sorta come uno dei giochi più a fuoco in circolazione. Le vicende del titolo dei ragazzi di Frogwares si svolgono nella (fittizia) cittadina di Oakmont, Massachussets, in cui il protagonista, il buon investigatore privato Charles W. Reed, si ritrova a mettere piede per proseguire le proprie indagini, ma anche per far luce su un particolare disturbo da cui è misteriosamente affetto.
Le notti dell’uomo sono infatti funestate da incubi e visioni macabre, in cui orrori di ogni sorta mettono a dura prova la sanità mentale di un uomo già reduce dagli orrori della guerra. Reed è stato richiamato ad Oakmont da un personaggio misterioso, che conosceremo già dalle primissime battute, il quale si è dimostrato informato sul particolare problema che affligge il nostro eroe e che, potenzialmente, potrebbe aiutarlo a far luce su quanto accade. Messo piede sul suolo della sperduta cittadina, ormai separata dal mondo esterno a causa di una violenta inondazione che ha di fatto anche ridisegnato la composizione geografica di essa, Reed capirà ben presto di essere finito in un luogo surreale e difficilmente spiegabile, in cui il confine tra la normalità e la follia è più sottile che mai. Ad Oakmont, infatti, già soltanto la popolazione è un biglietto da visita inconfutabile, giacché ci ritroveremo a dialogare con individui completamente slegati dalla realtà e dalle leggi della normalità sia a livello estetico, sia sul piano degli atteggiamenti.
[menuint foo=”int_7415″]Vita tranquilla[/menuint]
La vita di tutti i giorni scorre così tranquilla, tra uno spazzino che porta sulle spalle pezzi di cadavere e una donna completamente pazza che vuole resuscitare il proprio figlio morto, tra la totale indifferenza delle forze dell’ordine, dei medici e della stragrande maggioranza dei personaggi del gioco. La trama principale, comunque, si snoda principalmente (almeno all’inizio) sul misterioso omicidio del figlio di uno dei più influenti figuri della società di Oakmant, il quale incaricherà Reed di far luce sull’infausta vicenda. Da qui in avanti – abbondantemente supportato da un ottimo numero (e da una validissima qualità) di missioni secondarie – inizia un viaggio alla scoperta di un male abissale, celato nelle profondità, sia nel senso stretto della parola sia intesa come dimensione più recondita della mente umana, la cui sanità viene continuamente messa alla prova da un progredire sempre più surreale delle vicende. Un viaggio lungo, da vivere facendosi il favore di esplorare anche le storie di contorno, capaci non soltanto di accrescere la quantità di cose da fare (già più che discreta), ma anche la qualità complessiva di un titolo che sotto questo aspetto non ha molte recriminazioni.
[menuint foo=”int_5394″]Investigazione e Deduzione[/menuint]
A parte il fattore narrativo, di primissimo livello, come già dicevamo poc’anzi, a mostrare i muscoli è la componente investigativa della produzione, meccanica abbondantemente rodata dal team di sviluppo nei precedenti lavori (i titoli dedicati al detective per eccellenza Sherlock Holmes), che qui ritorna con un piglio ancor più deciso. Le meccaniche investigative, infatti, sono di primissimo livello e, seppur alla lunga ripetitive, offrono al titolo quella giusta dose di adrenalinica poesia nell’andare a esplorare ogni singolo anfratto alla ricerca degli indizi chiave. Questi ultimi, poi, vengono raccolti all’interno del “Palazzo Mentale” che serve, in sostanza, per mettere insieme i tasselli del mosaico al fine di dare al caso in questione la giusta piega. Tale meccanica richiede al giocatore anche tanta dedizione e una discreta capacità riflessiva in generale.
In molti casi, infatti, per procedere con la trama dovremmo recarci necessariamente all’edificio corretto, che sia la stazione di polizia o la biblioteca, per poter accedere ai loro registri e trovare indizi fondamentali attraverso un sistema di combinazioni, in cui dovremmo mettere insieme nel modo corretto una serie di impostazioni predefinite. Sul campo, poi, l’esplorazione si basa anche su quelli che sono poteri metafisici di Charles Reed: l’investigatore è dotato del cosiddetto Occhio della Mente, capace di mostrare ciò che l’occhio nudo non riesce a vedere. Anche questa feature risulterà spesso fondamentale per proseguire, sia nei casi principali sia nelle attività accessorie, in verità molto spesso ben collegate alla trama principale.
In generale, comunque, il gioco si mostra molto solido sul fronte della difficoltà e della progressione. Ricostruire – nel vero senso della parola – gli eventi dei vari casi non sarà mai facile, in verità a causa anche di una mappa a volte difficile da seguire e per la presenza di alcuni menù di gioco tutto sommato chiari, certo, ma spesso scomodi da consultare. Il livello di sfida rimane tarato sempre discretamente su buoni livelli: scoprire la verità sarà quindi sempre ostico, ma si rivelerà anche straordinariamente piacevole e capace di dare grandissime soddisfazioni.
Inarticolate gesta
Vi abbiamo detto quanto sia buono e appagante il sistema legato all’esplorazione sul campo e all’investigazione; ora però dobbiamo per forza di cose controbilanciare il tutto. Sì perché, purtroppo, The Sinking City ha una doppia faccia che si palesa in continuazione sulla scena, quasi come una vera e propria maledizione (che ci sia lo zampino o il tentacolo, per meglio dire, di Cthulhu?) che inficia continuamente la qualità complessiva del prodotto. Ebbene, ciò che di peggio è stato partorito dai ragazzi di Frogwares è sicuramente il sistema di combattimento, sinceramente molto difficile anche soltanto da spiegare. Quello che ci siamo trovati di fronte è, in parole povere, un lavoro a tratti incomprensibile. Tralasciando il budget tutt’altro che stellare della produzione, che si respira a pieni polmoni e a più riprese, il sistema di combattimento di The Sinking City è di una rigidità incredibile, sia armi in mano sia corpo a corpo. Ci siamo trovati spesso e volentieri a morire sotto i colpi nemici, molto dannosi invero, a causa dell’impossibilità quasi perpetua di colpirli con un colpo diretto e della lentezza nel mirare con le armi a distanza. Proprio le armi, in verità poche, restituiscono un feedback talmente nullo, da farci pensare seriamente di essere anche noi coinvolti nel loop di illusioni che ha abbracciato con forza la città.
Una situazione ben poco invidiabile, che non viene in alcun modo bilanciata da un’altra idea indovinata e, soprattutto, gestita bene soltanto a metà: lo skill tree. Ormai immancabile per ogni open world che si rispetti, anche in The Sinking City ne abbiamo uno; peccato però che sia decisamente limitato sia dal punto di vista delle migliorie che offre sia, e soprattutto, sulla loro effettiva valenza pad alla mano.
Ispirazione Lovecraftiana all’ennesima potenza
Tornando a fare il gioco delle equivalenze, anche dal punto di vista artistico, tecnico e di impostazione tematica in generale il gioco si mostra con le stesse alterne caratteristiche qualitative. Diciamocelo subito: se siete appassionati del lavoro di Lovecraft, sul fronte artistico e dell’ispirazione generale, vi troverete subito a casa. La sana follia che da sempre è il marchio di fabbrica delle opere dello scrittore statunitense qui si percepisce chiaramente ad ogni passo, tra una mostruosità e l’altra che attenterà alla vostra flebile esistenza, le immancabili allucinazioni e una decomposizione macabra e senza fine della città stessa e dei suoi – incredibilmente – quasi completamente disinteressati abitanti. A ciò si aggiunge quell’immancabile velo di confine tra la realtà e l’illusione in cui il gioco vi trasporterà in continuazione, attentando così anche alla vostra di lucidità mentale, un po’ come i lavori di Lovecraft, che hanno da sempre scombussolato l’animo e la mente dei lettori, con quegli stessi temi sempre al limite. Il tutto, poi, abbraccia una sapiente ripresentazione dell’America degli anni ’20 in cui i temi principali della quotidianità spaziano “allegramente” tra il proibizionismo, le discriminazioni razziali e l’immancabile paura dell’ignoto che però, spesso, si trasformava – in alcuni pionieristici individui – in quella voglia insaziabile di scoprire sempre di più, di non fermarsi mai alle apparenze.
In The Sinking City tutto questo si mostra a più riprese, con un accento particolarmente acuto sulla questione razziale. Nel gioco, infatti, si assiste di continuo a una divisione impressionante dei ceti sociali, in cui a finire inevitabilmente sotto torchio sono i cosiddetti Innsmouth, creature umanoidi (metà uomo metà pesci) continuamente additati e bersagliati dalla massa, ma che in realtà nascondono, nella maggior parte dei casi, un’indole innocua, a tratti eccessivamente permissiva e passiva. A dare una forte spinta dal punto di vista (e scusate il gioco di parole) dell’immersività generale, ci pensa poi anche una colonna sonora di primissimo livello, capace di rendere ogni momento ancor più entusiasmante e a tratti solenne.
Un lavoro encomiabile? Certamente, se si esclude però un comparto tecnico più ingiustificabile del già abbastanza osceno sistema di combattimento: The Sinking City è infatti funestato in modo quasi tragico da una resa visiva incredibilmente vetusta, assimilabile non soltanto alla vecchia generazione, forse anche di più, e lo dimostra sotto praticamente tutti i punti di vista. Dalla semplice modellazione poligonale, passando per le animazioni, per la resa degli ambienti – tutti pesantemente riciclati – fino alla qualità grafica vera e propria, il titolo mostra un quantitativo di limiti impressionante che, a onor del vero, proprio non ci saremmo aspettati di trovare.
Il divertimento non è minato soltanto da una resa visiva completamente da dimenticare, ma anche da un livello altisonante di bug di ogni sorta, che appaiono sulla scena di continuo. Almeno su PlayStation 4 Slim, The Sinking City presenta una situazione disastrosa che delude pesantemente le aspettative, per via anche della bontà narrativa di cui il titolo gode. Ciò che ci ha maggiormente lasciato l’amaro in bocca è legato all’aspetto forse più importante di un open world che si rispetti: la densità demografica. The Sinking City non è soltanto vuoto in termini grafico/tecnici ma anche a livello di interazione. Gli ambienti sono spogli all’inverosimile e dialogare con i vari NPC è semplice utopia. Un elemento difficilmente ignorabile nel computo totale del titolo, che aggrava ulteriormente anche una modellazione grafica già di per sé ridotta all’osso.
[menuint foo=”int_2001″]Conclusione[/menuint]
The Sinking City è la classica occasione sprecata, quell’opera che avrebbe potuto rappresentare tutto ma che, invece, si accontenta di essere un semplice elemento di passaggio. Sia chiaro, ci siamo divertiti non poco a esplorare Oakmont alla ricerca dei suoi sepolcrali misteri e indagare qua e là ci ha fatti sentire un po’ come il buon riccioluto detective di Baker Street, ma non abbiamo potuto ignorare gli incredibili limiti della produzione. Partendo da un open world soltanto di facciata, fino a una resa grafica ai limiti dell’osceno, il lavoro di Frogwares è per certi versi indifendibile, salvato unicamente dall’ottimo stile artistico e narrativo che riesce, miracolosamente, a onorare nel migliore dei modi il lavoro di H.P. Lovecraft. Peccato però che, nel rappresentare quegli stessi temi cari allo scrittore di Providence, il team di sviluppo abbia messo nelle mani del giocatore un prodotto che sembra avere addosso – grande come una casa – la scritta “Lavori in corso” e che, probabilmente, nemmeno un’altra inondazione avrebbe potuto risollevare. In ogni caso, se siete disposti a chiudere un occhio (compreso quello della mente, si intende) sui suoi numerosi limiti , vi troverete per mano uno splendido racconto, da sviscerare nelle torride notti di questa estate ormai arrivata con forza, magari in compagnia di qualcuno che vi ricordi di essere ancora nel mondo reale e non nelle braccia – o per meglio dire tentacoli – del mostro marino più famoso al mondo.
Pro
- Trama intrigante e coinvolgente
- A livello artistico di tutto rispetto
- Si respirano a pieni polmoni le atmosfere Lovecraftiane
- Meccaniche legate all'investigazione convincenti
- Livello di sfida soddisfacente
Contro
- Graficamente arretrato e a tratti inguardabile
- Sistema di combattimento caotico, confusionario e completamente da dimenticare
- Bug continui e di diversa natura
- Mappa grande, ma possibilità di interazione ridotte al minimo sindacale