The Plucky Squire RECENSIONE
C’era una volta, in un magico regno chiamato “Mojo”, uno scudiero coraggioso di nome Jot, protagonista delle avventure di un libro tanto colorato quanto divertente, denominato: The Plucky Squire. Così, il coraggioso scudiero si ritrovò al centro dell’attenzione per via della sua peculiare avventura che mescola sezioni bidimensionali – appartenenti a tutto ciò che accade all’interno delle pagine del libro – a fasi di gioco tridimensionali nel misterioso mondo al di fuori del libro.
Jot non è il solo protagonista di questa peripezia, al suo fianco vi sono anche i suoi compagni di viaggio: Violet, amica d’infanzia di Jot e apprendista maga ma al contempo artista piena di energia e passione e Thrash, un Troll batterista metal.
Questi sono solamente i sussurri dell’inizio di una gaudente spedizione tra i capitoli d’inchiostro di The Plucky Squire, che, dopo l’anteprima di qualche settimana fa, giunge al suo ultimo banco di prova per decretarne il verdetto definitivo. Scopri il destino di Jot e del regno di Mojo in questa recensione.
The Plucky Squire RECENSIONE | Breve ma intenso
Si racconta che, in quel regno di avventure, ci fosse chi diceva: “Il valore di una storia si misura dalla sua lunghezza.” Eppure, la leggenda di Jot smentiva tale diceria. The Plucky Squire era una storia breve, sì, ma intrisa di magia e colpi di scena. “Non tutte le avventure devono durare per sempre”, diceva un vecchio saggio.
The Plucky Squire si completa in circa otto-dieci ore, ma ogni minuto di quell’impresa era come una perla preziosa, brillante e indimenticabile. Nessuna pagina sembrava superflua, nessuna parola fuori posto.
“Ma chi stabilisce quanto deve durare un’avventura?” si chiedeva spesso il narratore, facendo sorridere i lettori. La risposta, come tutte le migliori risposte, era nascosta tra le righe della storia stessa. Era meglio un’avventura breve, ma intensa, o una lunga epopea che rischiava di perdersi nella noia?
In un mondo videoludico pieno di titoli che sembrano durare per sempre, The Plucky Squire ci ricordava che una buona storia si misura dalla sua capacità di stupire, non dalla quantità di pagine che contiene.
Dalla pagina al reale
Nella terra di Mojo, Jot viveva tra le pagine di un libro, un mondo disegnato e colorato con cura, dove ogni linea d’inchiostro racchiudeva un’avventura. Ma come in tutte le grandi storie, c’era un segreto che rendeva questo libro speciale. Jot non era destinato a rimanere confinato tra le righe di quelle pagine.
La vera magia avveniva quando il coraggioso scudiero venne catapultato fuori dal libro, trovandosi improvvisamente in un mondo tridimensionale, ricco di meraviglie e pericoli che non avrebbe mai immaginato.
Questa transizione tra mondi, si narra, era il cuore pulsante di The Plucky Squire. Non era solo un cambio di prospettiva, ma un cambiamento radicale di esperienza. L’epopea si trasformava da piatta e bidimensionali a tridimensionale, offrendo a Jot una nuova realtà da esplorare.
Nel libro, Jot poteva giocare con le parole stesse della storia, trasformando un “blocco” in una “scala”, e risolvendo enigmi che sembravano insolubili.
Ma quando saltava fuori dal libro, il mondo tridimensionale si apriva davanti a lui come un giardino segreto. Era nella stanza di Sam, un giovane sognatore di dieci anni, e in quella stanza tutto sembrava vivo: adesivi, disegni e giocattoli diventavano parte integrante dell’avventura. Una torre fatta di libri poteva diventare un castello, una pila di graffette trasformarsi in un ponte, e un disegno incompleto poteva prendere vita sotto gli occhi di Jot.
Ogni grande avventura, dicono i saggi narratori, deve mantenere la freschezza e la sorpresa fino alla fine. E così faceva The Plucky Squire. Ogni capitolo della storia di Jot offriva qualcosa di nuovo, qualcosa che non si era mai visto prima. Non c’era spazio per la monotonia, perché ogni volta che il nostro eroe voltava una pagina, si trovava di fronte a una nuova sfida, spesso bizzarra e inaspettata.
Si racconta che in un capitolo, Jot si sia trovato a combattere in un incontro di boxe in stile Punch Out, come un vero gioco dentro al gioco. In un altro capitolo, la storia si trasformava in un combattimento a turni da RPG, dove Jot doveva scegliere con attenzione le sue mosse per sconfiggere una potente maga.
E ancora, in un altro momento, l’avventura prendeva una piega completamente diversa, trasformandosi in uno shoot ‘em up spaziale, con Jot che volava tra le stelle, affrontando astronavi nemiche.
Ogni capitolo, ogni sfida, era come una nuova pagina che si apriva davanti agli occhi del giocatore, e ogni pagina era una sorpresa. Era come se il libro stesso si divertisse a giocare con le regole, cambiandole continuamente per mantenere vivo l’interesse di chi leggeva. E così, The Plucky Squire diventava un’avventura che non si limitava mai a ripetersi, ma che offriva sempre qualcosa di nuovo.
La spada di Jot e le sue abilità leggendarie
Ma non era solo la mente di Jot a essere agile e creativa. Il nostro piccolo scudiero brandiva una spada leggendaria, una lama che cresceva in potenza man mano che l’avventura procedeva.
Si racconta che Jot potesse migliorare le sue abilità di combattimento, rendendo la sua spada sempre più forte. Con il tempo, Jot imparava a lanciare la sua spada come un boomerang, facendola tornare alla sua mano come se fosse stata legata a lui da un incantesimo.
Le abilità di Jot non si fermavano qui. Egli poteva eseguire attacchi speciali, come un potente colpo rotante che sbaragliava i nemici intorno a lui, o un salto che terminava con un’onda d’urto devastante. Ogni battaglia richiedeva destrezza e precisione, e i combattimenti, sebbene semplici nelle meccaniche di base, erano resi avvincenti dalla progressione delle abilità e dalle sfide sempre più impegnative.
Non esisteva storia che non fosse abbellita da illustrazioni incantevoli, e The Plucky Squire non faceva eccezione. Le sue pagine brillavano di colori vivaci, le animazioni erano fluide come il vento che soffia tra le foglie, e ogni scena sembrava essere stata disegnata con amore e attenzione.
Ma non finiva qui. Quando Jot saltava fuori dal libro, il mondo tridimensionale si animava. Nella stanza di Sam, tutto sembrava vivo: i giocattoli, i disegni, persino i più piccoli oggetti avevano un’anima. Ogni esploratore che ha visitato quel mondo ha raccontato di come fosse un piacere perdersi tra i dettagli, scoprendo un nuovo segreto in ogni angolo.
E poi, c’era un segreto ancora più grande: il libro stesso. Non era solo un semplice oggetto. Si poteva aprirlo, chiuderlo, inclinarlo e persino stamparvi sopra qualcosa, e ogni volta qualcosa di nuovo accadeva. Le pagine si muovevano, cambiavano forma, e il mondo intero si trasformava.
Una melodia incantata
Nessuna avventura sarebbe completa senza una colonna sonora che accompagnasse gli eroi nel loro viaggio. E così, la storia di Jot veniva narrata da musiche che cambiavano a seconda dei momenti. Alcune erano dolci e leggere, come una brezza estiva, mentre altre si trasformavano in potenti sinfonie di rock e metal.
Le leggende dicono che ogni nota fosse perfettamente calibrata per il momento giusto. Quando Jot affrontava i suoi nemici più feroci, le chitarre elettriche risuonavano nell’aria, rendendo l’azione ancora più travolgente. E quando si trattava di risolvere enigmi o esplorare, le melodie diventavano più pacate, quasi come se volessero accompagnare dolcemente ogni passo del nostro eroe.
Ogni grande avventura ha i suoi piccoli difetti, e anche The Plucky Squire non è esente da questo. Una delle ombre che si allungavano su questo racconto straordinario era la mancanza di una traduzione nella lingua del nostro regno, l’italiano. Si racconta che il gioco fosse disponibile in molte lingue, ma non nella nostra.
Né i testi, né il narratore avevano una versione italiana, il che era un vero peccato per tutti gli avventurieri del nostro paese.
L’inglese utilizzato nelle pagine di questa avventura non era sempre semplice. Era un linguaggio ricercato, spesso fiabesco, che usava parole tratte da antichi libri di racconti, il che aggiungeva profondità alla narrazione, ma rendeva anche l’esperienza più complessa per chi non aveva dimestichezza con la lingua. “Ah, che peccato!”, mormoravano i viaggiatori del regno. “Con un vocabolario così ricco, la nostra lingua sarebbe stata perfetta per raccontare una storia come questa.”
Inoltre, si racconta che durante la mia esplorazione del regno di Mojo, ci furono momenti in cui il gioco mostrò qualche piccola imperfezione. Qualche bug qua e là mi costrinse a riavviare l’avventura, interrompendo brevemente la magia del racconto. Tuttavia, si mormora che il regno di Mojo abbia già lanciato le sue prime patch il giorno del lancio, risolvendo molti di questi fastidiosi inconvenienti.
Nonostante questi piccoli intoppi, l’avventura di Jot non fu mai meno affascinante, e ogni riavvio fu solo un breve interludio prima di tornare nel vivo dell’azione. Dopo tutto, anche nelle storie migliori ci sono sempre imprevisti.
Così, la storia di Jot si concludeva, non con un lungo epilogo, ma con un ricordo prezioso. The Plucky Squire era una di quelle avventure che, pur essendo breve, lasciava il segno. Non aveva bisogno di dilungarsi per stupire, né di colpire con colpi di scena forzati. Ogni momento era studiato per incantare, e ogni pagina voltata rivelava una nuova meraviglia.
E così, cari lettori, vi invito a prendere in mano il libro di Jot, a voltare pagina dopo pagina, e a vivere un’avventura che vi farà sorridere e sognare. Il regno di Mojo vi aspetta.
The Plucky Squire è uno di quei "libri" così belli da leggerli tutto d'un fiato.
Pro
- Breve ma intenso
- Cambio dal 2D al 3D mai banale
- Ogni capitolo propone una soluzione di gioco diversa
- Ottima colonna sonora
- Il doppiaggio in inglese è ottimo...
Contro
- ...peccato non avere neanche la localizzazione in Italiano
- Qualche bug mi ha costretto a riavviare il gioco