The Operator RECENSIONE | Keep operating and nobody dies
… poi ditemi che la durata di un gioco non influisce sulla sua qualità.
The Operator è la dimostrazione che se si ha un’idea di design definita, un definito pubblico, una precisa idea di “intrattenimento” e un po’ di umiltà, quello che si è in grado di confezionare sa tenere testa a operazioni commerciali molto più blasonate. Il paragone più extramediale che mi viene in mente è quello che ha fatto Paranormal Activity per i film horror: idea semplice, poco budget, durata giusta, nessuna pretesa di costruirci sopra un IP multi-pellicola (cosa che poi purtroppo è avvenuta lo stesso).
Sì, un gioco breve può meritarsi un 8.5. Vuoi sapere perchè?
The Operator RECENSIONE | Concentricità d’interfaccia
Se i primi minuti di un gioco lungo sono essenziali per intrappolare nel suo loop chi gioca, i primi secondi di un gioco corto (The Operator si finisce in un paio d’ore) sono la chiave non sono interpretativa dell’intera struttura ludica, ma capaci di agire da spartiacque per la maggior parte dell’utenza.
The Operator è bravo a non perdere tempo, e subito ci catapulta in un’intro narrativa breve ed efficace, reminescente dei lavaggi del cervello di un certo Call of Duty (“I numeri, Mason!”). Non sappiamo benissimo chi siamo o perché siamo, ma ci troviamo al nostro primo giorno come operatori dell’FDI. Sì, non è un typo.
Siamo agli inizi degli anni 90, negli Stati Uniti, in un ennesimo ufficio governativo dalle troppe ombre (in questo caso il Federal Department of Intelligence appunto). L’interfaccia è immersiva, perché siamo letteralmente davanti ad un altro pc, oltre che al nostro come giocatrici e giocatori. Giusto il tempo di capirci, e arriva la prima chiamata: il nostro ruolo, se decidiamo di accettarlo, è quello di offrire assistenza telefonica agli e alle agenti sul campo.
Se il nostro diretto supervisore condivide il nome – e l’assenza di senso dell’umorismo – di un emblematico direttore della serie X-Files, il vero boss dell’ufficio è un vecchio amico di scuola che ci mette subito di fronte ad una delle pochissime incongruenze del titolo di Bureau 81: il doppiaggio. Durante lo svolgersi del gioco “incontreremo” poco meno di una decina di personaggi, ma la qualità della loro recitazione è davvero altalenante. Un vero peccato.
Se, come ti dicevo, l’interfaccia rende tutto immediato, anche le azioni che ci è permesso di svolgere sono immediatamente comprensibili: mouse, clic, cartelle, rispondere a una chiamata… da subito The Operator detta delle regole molto chiare e apparentemente immutevoli, poi le rompe.
Ricordi sfocati
Non ci si mette infatti molto, dopo il breve tutorial, a sloggarsi dal pc di lavoro e, apparentemente, “chiudere” la giornata. The Operator però non carica direttamente il giorno successivo, ma ci accompagna, con delle scene volutamente ipersfocate e che mirano più a immergerci che a mostrarci in modo definito che sta succedendo, nella brevissima transizione non lavorativa del nostro alter ego digitale.
Nulla di miracoloso, sia chiaro, ma sono momenti nei quali non è difficile trovarsi a guardare in giro, consapevoli e co-protagonisti del ritorno a casa del protagonista, della compagnia del suo gatto, della sveglia impostata presto per ripresentarsi al lavoro. La routine è presto definita, ma purtroppo The Operator non ci mette troppo a spezzarla nuovamente.
Già il secondo giorno ci metterà davanti ad una necessità di partecipazione più attiva al lavoro da operatore FDI: da una parte, o meglio dall’altra parte della cornetta, un agente sul campo, che indaga su di un omicidio del quale rimangono solo una vittima e delle sfocate telecamere di sicurezza; da questo lato della cornetta, noi, con pieno accesso (o quasi) al database anagrafico della nazione, agli archivi della motorizzazione, e tanto altro.
L’equilbrio del flow di gioco è ai limiti del perfetto, con enigmi accattivanti e sempre precisi nel calpestare zompettanti il confine fra complesso e facile da sbrigare. Recuperare i nomi di sospettati, analizzare i filmati, indagare su una strana lista di nomi: tutto è parte del nostro ruolo, ma, di nuovo, addio alla routine, perché siamo interrotti da un noto criminale internazionale che, da abile hacker, ci intercetta e inizia a comunicare con noi.
Zero spoiler, solo un accenno alla qualità
Per correttezza e data la rapidità con la quale la storia scorre, non ho intenzione di spoilerare il percorso narrativo di The Operator, ma devo fare un plauso alla sua efficacia. Alcuni colpi di scena sono leggermente telefonati, altri funzionano invece benissimo e mi hanno fatto letteralmente alzare il sopracciglio dalla sorpresa.
Un difetto evidente, forse davvero l’unico che posso trovare a The Operator, è che non si prende il tempo di farci affezionare ai nostri comprimari. Chiaramente c’è sempre uno schermo fra noi e loro, ma è anche chiaro che il titolo si DOVEVA prendere un po’ più il tempo per farci immergere nella quotidianità lavorativa, magari con qualche missione più propedeutica e non scaraventandoci immediatamente in un complotto intergovernativo, magari lasciando più spazio alle radici emotive dei vari rapporti, professionali e personali.
Così facendo, l’impatto del momento in cui quella normalità viene spezzata, quando ci troviamo inevitabilmente ad avere a che fare con la morte, sarebbe stato molto più forte; purtroppo mi è difficile potermi anche solo lontanamente affezionare ad una persona che ho conosciuto 10 minuti fa, e una morte che dovrebbe essere impattante così risulta piatta, rendendo di conseguenza i miei potenziali errori meno importanti, meno da evitare.
La qualità della ragnatela narrativa rimane comunque alta, è solo un peccato vederla realizzata in modo così frettoloso.
… e adesso?
Se in generale la costrizione empatica della morte di personaggi troppo drag&drop è un po’ indigesta, il ritmo del gioco è ottimo. The Operator è assolutamente un gioco che ti consiglio di giocare in una seduta sola, con le cuffie e nessuna particolare distrazione. I parallelismi con “A hand with too many fingers” si sprecano, non tanto nei contenuti quanto nel mood che il titolo di Bureau 81 richiede e legittimamente pretende.
Il mondo esterno non ha spazio in The Operator, se non in funzione del tempo che passeremo a ripensare agli avvenimenti di gioco, alle cose che avremmo potuto fare diversamente, forse sorridendo amaramente a quanto assurdo sembri tutto e quanto sembri impossibile che un complotto del genere possa avvenire nella realtà.
C’è sfiducia nelle false e opache verità dei nostri governi, in The Operator, ma anche una propagazione del distacco che è la guerra – informatica e non – di oggi. Un click, un missile. Un click, una persona morta. Un click, un edificio esploso. La digitalizzazione dell’oggi è quotidiana esemplificazione del distacco che la tecnologia comporta e vuole, ma il titolo di Bureau 81 sfrutta questa distanza per esaltare il senso di responsabilità di ogni scelta di dialogo, di ogni indagine e investigazione.
Saremo anche tutti nomi su una lista, ma fino alla fine dei giochi chi lo sa se siamo sottolineati o sbarrati?
È insomma davvero difficile parlare di The Operator senza spoilerarne trama o meccaniche più avanzate, ma posso sicuramente parlarne così, con i toni di un consiglio piuttosto aggressivo. Il titolo di Bureau 81 va giocato, anche solo come espressione del potenziale di un gioco corto e ben confezionato, di una struttura ludica e narrativa che usa un linguaggio semplice e delle interfacce funzionali per raccontare quello che deve e vuole, e di uno smacco a molteplici fronti di una community sempre più vanitosamente e maliziosamente affamata di “more” e di un mercato sempre più autodistruttivamente servizievole nel fornirglielo.
The Operator dimostra che si può fare di più, con meno. È l’unico a farlo? No (basti guardare Conscript, del quale puoi leggere la recensione qui), ma è un dannatissimo ottimo esempio da seguire.
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Un intenso rollercoaster che finisce troppo presto
Pro
- Immediatamente immersivo
- L'utilizzo di un interfaccia PC è funzionale ed efficace
- Fa appello a chi, fra noi, è appassionata/o di investigazioni e crimini
- Alcuni colpi di scena funzionano benissimo...
Contro
- ...uno o due, un po' meno
- Purtroppo non c'è tempo di affezionarsi ai personaggi, quindi se e quando muoiono l'effetto non è potente quanto si vorrebbe