The Occupation – Recensione
Ci sono momenti, nella storia dell’uomo, dove pregiudizi e incomprensioni si accumulano, scavando nel substrato dell’indole umana e facendo emergere mostri che si pensava fossero sopiti da tempo. Momenti in cui la tensione è densa come melassa e si rischia di essere inghiottiti da questo gigante che noi chiamiamo “paura”, finendo per scatenare conseguenze dalla portata incommensurabile e dal significato storico e etico epocale.
The Occupation parla di tutto questo, accompagnandoci in una lunga indagine che si dipana nel corso della nostra avventura nel Regno Unito. Avevamo già avuto modo di provare il gioco alla EGX nel 2017, e subito ci aveva colpito per concept e originalità, lasciandoci l’impressione di un prodotto che volesse offrire un qualcosa diverso dai titoli più comuni, proponendo un risultato dalla particolarità fuori discussione. È ora nostro compito scoprire, tra bugie sommesse e verità taciute, cosa stia succedendo davvero a Londra.
Facciamo un passo indietro. Siamo in Inghilterra, 1987, il paese si sta leccando le ferite procurate da un attacco terroristico in cui hanno perso la vita 23 persone, causando una pesante reazione politica e di opinione pubblica. In una situazione paurosamente simile al panorama attuale, il governo del inglese coglie l’occasione per sfruttare il timore della gente comune come benzina da gettare sulle fiamme del dubbio, che divampano indefesse bruciando tutto quello che si trovano attorno.
L’Union Act, in particolare, materializza il caustico malcontento popolare. Se formalizzato, questo Atto andrebbe immediatamente a dare il via libera all’allontanamento dalla Madre Patria inglese dei migranti illegali, fornendo una provvisoria panacea ai problemi e al dolore che l’attentato – che sembrerebbe causato da un immigrato – ha suscitato nella gente comune. Per la maggior parte del racconto vestiremo i panni di Harvey Miller, noto scrittore di fama mondiale in cerca di raccontare limpidamente quello che davvero accadde il giorno dell’esplosione nella celebre Bowman Company, ricostruendo pezzo per pezzo un puzzle complesso che andrà a coinvolgere numerose parti in causa.
Nessun indicatore su schermo, nessuna barra della vita per il nostro personaggio: il ruolo principale dell’avventura sarà costituito, udite udite, dalle 4 ore di tempo che si avranno a disposizione, pendenti pericolosamente sopra la nostra testa come una spada di Damocle: le nostre indagini saranno infatti scandite dallo scorrere dei minuti – corrispondenti a quelli del tempo reale – con la possibilità di muoversi per le ampie e labirintiche strutture alla ricerca di indizi che ci forniranno informazioni aggiuntive. Le principali prove di cui necessiteremo si troveranno all’interno delle numerose stanze presenti, raggiungibili attraverso chiavi magnetiche reperibili in alcune stanze, o attraverso i claustrofobici ma ben collegati condotti di aerazione, che, con un pizzico di pazienza, potranno portarci – quasi – ovunque.
La raccolta di informazioni si rivelerà essenziale per arrivare preparati a tutte e tre gli appuntamenti con i dipendenti della Bowman Company che si svolgeranno nel corso della storia, incontri che andranno a chiudere le tre macro sezioni di cui si compone The Occupation. La raccolta degli elementi sparsi per lo scenario (audiocassette, fogli scritti, floppy disk e così via) ci consentirà di formulare un numero maggiore di domande durante gli appuntamenti per chiarire maggiormente la situazione e gli eventi accaduti, dipanando – o accentuando – la nebbia di mistero che affligge l’azienda. I tre appuntamenti saranno fissati a un orario ben preciso, dandoci un preciso margine di tempo per l’indagine, che potrà essere sviluppata a partire dalle varie piste e indizi segnati dal diligente Miller sul proprio taccuino, consultabile dal giocatore in ogni momento.
Girare e ficcare il naso ovunque però non sarà una scelta ben vista dalla sicurezza, specie dal giovane guardiano Steve, che ci ammonirà a più riprese, intimandoci di restare lontani dalle aree riservate al personale dell’edificio. L’ingresso in queste zone proibite sarà spesso necessario per raccogliere indizi, frugando tra i materiali sensibili contenuti nei meandri più nascosti dell’edificio. La guardia Steve, però, meriterebbe a nostro parere una promozione per la solerzia del suo lavoro svolto e, perché no, per le sue capacità che sembrano sfiorare il sovrannaturale. Non importa dove vi troviate, non importa dove siate passati, non importa se ci siate arrivati nel modo più silenzioso possibile. State pur certi che, mentre sarete intenti a frugare tra i vari cassetti e i numerosi PC che popolano le disordinate scrivanie della Bowman, un crescendo sonoro vi avvertirà dell’imminente arrivo del cane da tartufo Steve, allertato da quella che alle volte sembrerà un’incredibile premonizione.
Proprio in questi frangenti si farà sentire la componente Stealth del gioco, con percorsi che dovranno essere esaminati con attenzione per non incappare nell’onnipresente Steve: la guardia ci concederà il beneficio del dubbio scoprendoci una volta, mentre ci condurrà dal suo superiore Dan in caso di reiterate esplorazioni in aree contenenti informazioni sensibili. In questo caso ci verrà tolto del tempo prezioso, ma potremo comunque continuare a indagare. Nel caso Steve ci scoprisse nuovamente intenti a frugare tra le pile di documenti top secret, sarà costretto ad accompagnarci fuori dall’edificio, togliendoci la vitale possibilità di acquisire informazioni e andando a rendere più difficoltosa la ricostruzione dei fatti.
Nel lato tecnico il titolo zoppica vistosamente: assieme a texture non proprio rifinite, saranno numerosi i momenti in cui il frame rate subirà cali decisi, non andando tuttavia a inficiare l’esperienza di gioco in maniera totale.
Aggiungeranno invece un retrogusto amaro alcuni fastidiosi bug (pesanti e non): durante la nostra prima run siamo incappati per ben due volte in situazioni che ci hanno lasciato in una situazione di stallo, costringendoci a uscire e ricominciare la sezione appena svolta. Un vero peccato, anche considerando il sistema di salvataggio automatico del gioco molto inquadrato, che registrerà i progressi del giocatore soltanto alla fine di ogni sezione, che delle volte andranno a protrarsi anche per un’ora di tempo.
Altra nota negativa è costituita dai tempi di caricamento – in alcuni casi esageratamente lunghi, ma per fortuna abbastanza sporadici – e soprattutto dalla traduzione italiana. Tralasciando qualche errore di localizzazione, The Occupation è pieno zeppo di frasi prive di traduzione, che andranno a rendere ardua la comprensione degli eventi – già non semplice di per sé – per chi avesse poca dimestichezza con la lingua anglosassone, in situazioni che vedranno un curioso alternarsi di frasi inglesi e italiane.
Menzione di merito invece per il doppiaggio, esclusivamente in lingua inglese, capace di rendere alla perfezione e diventare tagliente come un coltello nella situazioni più drammatiche, complice una pregevole prova vocale degli attori protagoniste.
Le musiche stesse adempiono al loro compito, costruendo un’atmosfera che resta in piedi saldamente fino alla conclusione – diversa a seconda delle azioni compiute durante il nostro playthrough – contribuendo ad accentuare la tensione nelle varie fasi stealth.
The Occupation sembra, più di ogni cosa, un’occasione parzialmente mancata. Gli spunti sono interessanti, l’atmosfera è splendida, ma alcuni difetti pesano come macigni nella resa finale, complici un’ottimizzazione a dir poco rivedibile e scelte poco felici del team di sviluppo. Chi però riuscisse a passare sopra a tutto ciò, si troverebbe tra le mani un’opera narrativamente molto interessante, capace di toccare tematiche scottanti fornendone una lettura attualissima. Perché si sa, che sia il 1987 o il 2019, certe cose non cambiano mai.
Pro
- Storia coinvolgente
- Libertà di approccio molto vasta
- Interessante la formula del tempo a disposizione
- Doppiaggio inglese eccezionale
Contro
- Numerosi bug
- Tecnicamente claudicante
- Localizzazione italiana rivedibile