The Legend of Zelda: Spirit Tracks – Recensione The Legend of Zelda: Spirit Tracks
Il ritorno sul doppio schermo
Uno dei tanti cavalli di battaglia della Nintendo, The Legend of Zelda, una saga che ha costruito generazioni di fan e videogiocatori, un capolavoro che si appresta a ritrovare la sua massima ispirazione in un annuncio a pillole risalente a qualche mese fa. Ad oggi The Legend of Zelda si ripresenta, in versione ridimensionata e riveduta, con il suo secondo capitolo su Nintendo DS: dopo l’indiscusso successo di Phantom Hourglass, ora anche con Spirit Tracks, Link e compagnia vorranno dimostrare che persino copiare un’intera formula videoludica può apportare benessere e grande valore a un titolo e alla sua saga.
Il mio regno per un Treno!
Spirit Tracks basa la sua narrazione su un mondo, un tempo, tanto magico quanto indispensabile per comunicare: il treno, la ferrovia, la rotaia, il diventare macchinista. I giovani sicuramente faranno fatica a ritrovare in questo sistema qualcosa di più glorioso del guidare un macchinario pesante, ma sicuramente se avessimo dato Spirit Tracks a un nostro nonno o magari a un padre più anziano, sicuramente avremo risvegliato in loro lo spirito del giovane ferroviere o del ragazzo che sin da bambino sognava di arrivare al posto nelle ferrovie dello Stato. Uno stralcio di malinconia, insomma, si lancia dal nuovo capitolo di Zelda per arrivare fino ai nostri cuori.
Link sta per ricevere l’ambito titolo di macchinista ufficiale, così da non dover più essere una semplice recluta dei treni: ad investirlo di tale ruolo sarà la Principessa Zelda, che dal Castello di Hyrule domina il regno delle Fronde e l’organizzazione fondamentale delle rotaie, alla base di ogni commercio e spostamento. Purtroppo la nostra investitura a macchinista ufficiale del Regno coincide con la sparizione delle rotaie, fenomento tanto strano quanto fondamentale per la nostra storia, che ci costringerà a svestire per un attimo i panni di ferroviere e indossare quelli di una recluta dell’esercito. Il Mondo ha di nuovo bisogno di noi, e la Principessa Zelda più che mai. Tra intrighi di palazzo, con personalità che presto verranno allo scoperto, Link si lancerà in una nuova avventura alla scoperta dei Reami al di fuori di quello delle Fronde, in un paese popolato da strane persone e strani esseri, con il suo infallibile treno per ricostruire tutte le rotaie, comprese le vie spirituali, fino a scoprire che persino una vettura simile può andare sott’acqua.
Noteremo anche dei cambiamenti, che sicuramente lasceranno un po’ interdetti gli habituè della saga di Zelda: la stessa principessa, combattiva e sempre disponibile a sacrificarsi per il suo regno, stavolta, all’interno dell’avventura, nella quale la terremo sempre accanto come spalla di combattimenti e vicende, si mostrerà molto più aggresiva e più preoccupata al suo posto di reggente che al suo popolo. Un cambiamento che porta ad altri livelli il suo carattere pacato e misericordioso. Tra l’altro ci conviene affermare che manca quello spirito portante di drammaticità che Spirit Tracks avrebbe sicuramente meritato: la narrazione procede con una sceneggiatura necessariamente fanciullesca, vista probabilmente la console sulla quale si sviluppa, e che tutti i dialoghi vengono sempre a nascere in un compartimento stagno che non ha visto l’influenza delle problematiche che le stanno attorno. Manca una vera e propria spalla per Link, che in Phantom Horgulass era magnificamente accompagnato da Linebeck, irriverente e sempre simpatico al punto giusto: la presenza di quest’ultimo in Spirit Tracks è davvero troppo limitata, così da far saltare anche quella formula sicuramente ben riuscita e apprezzata nel precedente capitolo.
La trama resta comunque da apprezzare, ma sembra quasi che non sia lei a condurre il gioco, bensì sia il gameplay. Avremmo potuto trovare qualcosa di più epico e magari anche alcune sessioni di gameplay, come andremo a vedere tra poco, sarebbero potute diventare pietre miliari della storia videoludica, ma invece si lasciano facilmente dimenticare.
La penna che disegnò la ferrovia
Nintendo, per quanto riguarda il gameplay, rinnova la stima al touchscreen e accontentando tutti i tradizionalisti, se già possiamo definire così gli amanti del Phantom Hourglass, rinfresca le meccaniche già viste nel precedente capitolo. Link quindi abbandona il sistema di pulsanti legati alla console DS e procederà il suo cammino grazie al tocco del pennino nel punto prestabilito. Per colpire i nemici basterà tracciare delle linee sopra di essi, sempre col nostro pennino, e avremo la possibilità di effettuare pochi ma efficaci attacchi, dalla sferzata al colpo rotante. L’arma sarà sempre l’unica e inseparabile spada, e il nostro equipaggiamento si limiterà ad uno scudo acquistato nelle prime battute, salvo sbloccabili segreti da trovare nel finale d’avventura.
Come solito l’avventura si svolgerà quasi sempre all’interno dei dungeon, mettendo a nostra disposizione l’utilizzo di diversi gadget, dalla Ventelica che perfezionerà l’uso del microfono nel quale dovremo soffiare, fino alla Frustra che ci permette di aggrapparci ad ogni dove per superare eventuali baratri. Sebbene la difficoltà sembra quasi ridotta rispetto al Phantom Hourglass e non dovremmo trovare alcun problema ad affrontare tutto d’un fiato i vari Templi destinati alle nostre imprese, i vari enigmi e labirinteschi corridoi, ci daranno comunque tempo per apprezzare le meccaniche per niente nuove di Spirit Tracks. Potremmo comunque andare a dividere le varie sezioni di gameplay in due diverse modalità, o in generi a dirla su grande scala: nel nostro cammino nella Torre degli Dei, che precederà ogni nostra avventura al di fuori dei Reami, potremmo azzardare quasi un aspetto stealth nel dover raccogliere in maniera del tutto furtiva le Gocce di Luce per potenziare la nostra spada e attentare all’anima degli Spettri, altrimenti invincibili, alle spalle. In questo momento si azzarda anche una cooperativa in solo nella quale ci troveremo a gestire due personaggi, uno dei quali sarà lo Spettro caduto nelle nostre mani, e l’altro sarà Link. Quindi dovremo anche giostrare gli enigmi nei dungeon nei movimenti coadivuati da loro due. Per quanto invece riguarda i dungeon che seguiranno quelli dopo la locazione sopra citata, troviamo esclusivamente sistemi di logica e azione da applicare alle schiere di nemici fino al boss finale di turno.
A fare da controparte all’azione troveremo i viaggi in treno, che cercano di emulare quanto accadeva con la nave di Linebeck nel capitolo precedente. Muovendoci su binari, ovviamente, ci troveremo ad affrontare piccole sfide che però non riescono a far appassionare tutti alla guida della locomotiva. Il massimo che possiamo aspettarci è rispettare i segnali posti per la strada nel momento in cui ci troveremo a portare a bordo un passeggero, o dover evadere la presenza dei Treni del male cercando di beffarli in velocità o cambiando strada all’ultimo momento. Resa leggermente più interessante la gita dalla presenza di alcuni minigiochi lasciati per strada, come ad esempio la ricerca dei Conigli da riportare a Conigliolandia. Sinceramente non riusciamo a trovare uno spunto interessante per esaltare questa scelta, e sicuramente si sarebbe potuto trovare un modo più divertente per effettuare gli spostamenti, ma dobbiamo ammettere d’altro canto che non sapremmo offrire una idea vincente per questa formula. Magari uno che darà meno noia sta nel poter migliorare e potenziare il proprio treno, così come accadeva con la barca, ma per farlo Linebeck III ci chiederà in cambio alcuni tesori, spesso non facili da trovare, e quindi anche una cosa interessante diventa noiosa per la difficoltà snervante.
Un microfono per gremirli e svegliarli
Lasciamo per ultimo invece lo strumento più interessante che Link si troverà ad usare nella sua avventura: il Flauto delle Terre. Nella forma rappresenta in tutto e per tutto un Flauto di Pan, ma è nella sostanza che cambia. In tutto, nella vostra avventura, troverete cinque diverse melodie da memorizzare e riprodurre al momento opportuno: alcune serviranno per richiamare gli uccelli, altre per scoprire tesori nascosti, altre per svegliare statue addormentate che ci riveleranno alcuni segreti. Il nostro flauto si equipaggierà facilmente dal menù e si comporrà di diverse canne di diversi colori nelle quali noi dovremo soffiare e per cambiarle basterà spostare il flauto col nostro pennino: sembrerà davvero di suonare un’ocarina. Eccoci quindi rimandati a quella critica di non aver reso epiche alcune scelte di gameplay: il Flauto delle Terre poteva diventare davvero qualcosa di interessante, magari da usare con un po’ più di magia e sfruttarlo a dovere contro nemici o altro, invece si limita ad essere un oggetto utile solo nel momento in cui dovremo risvegliare il potere della Stele e suonare quattro note di fila. Si è persa un’occasione d’oro, a nostro parere, che avrebbe potuto risollevare fasti creati da Ocarine of Time a suo tempo.
Hyrule: sogno di una giornata d’estate
Passiamo ora ad esaltare a pieno il lavoro svolto dalla Nintendo, senza se e con solo qualche ma: il comparto tecnico, grafico e audio.
Graficamente Spirit Tracks riprende i modelli del Phantom Hourglass, migliorandoli forse solo leggermente, ma non abbastanza da farcelo notare a prima vista, riuscendo a spremere l’hardware Nintendo. Il solito stile cartonesco, in toon shading, riesce bene e offre una buona e appagante soluzione visiva. I dungeon si presentano ben colorati e con qualche presenza in più rispetto al capitolo precedente, creando maggior interesse a dare uno sguardo in giro. Anche a livello di caratterizzazione dei personaggi abbiamo da lodare un buon lavoro, sia per le texture che per il framerate, che non è mai incerto e scorre leggermente senza intoppi. Inoltre le zone che potremo osservare viaggiando per Hyrule e i diversi Regni sono davvero molto ben realizzate e regalano quell’aspetto medievale e fantasy che è classico della saga di Zelda.
Parlando poi del sonoro esaltiamo l’intera produzione: siamo in assenza di dialoghi e doppiaggio, ma ci troviamo dinanzi a una buona colonna sonora, che ci accompagna duranti i viaggi in treno e durante i diversi dungeon. Sarà raro ritrovare la stessa melodia in momenti diversi del gioco, tranne quando, ovviamente, ci troveremo a guidare la nostra locomotiva in paesaggi già esplorati. Per gli effetti sonori, quei pochi legati agli urletti di guerra di Link e ai colpi di spada, anche possiamo parlare di buon lavoro, senza sottolineare nessuna problematica o avanzare nessuna critica negativa. Ultime parole per la longevità che si attesta su più di 15 ore di gioco, che possono immancabilmente aumentare dinanzi alla scelta di voler sbloccare alcune chicche rese disponibili dalla Nintendo tramite la raccolta di collezionabili e altro.
Potremmo anche aggiungere che è presenta una modalità multiplayer che infarcisce un po’ la longevità del titolo: ma non è nulla di eclatante e si limita a delle sfide in Wi-Fi tra due diversi Link mirate al regalare qualche minuto di sana competitivà e nulla più. Ne approfittiamo per segnalare come ancora una volta Nintendo superi alcuni limiti legati al qualinquismo e regali anche ai mancini la possibilità di giocare in maniera decente a questo titolo: il poter dire di essere sinistri o destroidi, a inizio gioco, rende davvero appagante un videogiocatore da sempre denigrato.
Il viaggio che accontenta tutti
Tiriamo le somme, quindi, vedendola in maniera del tutto critica, ci troviamo dinanzi ad una riproduzione che ricalca perfettamente quanto già visto: nessuna innovazione e nessun miglioramento, anzi magari anche qualche cosa in meno già notata nella noiosità a lungo andare dei momenti in treno. Se vogliamo vedere Spirit Tracks, com’è giusto che sia, come una produzione distaccata dalla propria saga, ci troviamo dinanzi a un ennesimo capolavoro Nintendo su DS. Sicuramente una produzione che esalta la line up portatile di fine anno e che non fu per niente calcolata nel corso del 2009, anzi si era quasi denigrata. Proponendo quindi uno schema collaudato e che piacerà sia ai fan di Link che a chi, neofita, ci si avvicina per la prima volta, The Legend of Zelda: Spirt Tracks si innalza a gioco dell’anno per Nintendo DS, non per originalità, non per innovazione, ma sicuramente perchè si lascia giocare in perfetta allegria, dinanzi a un sistema tecnico curatissimo e una giocabilità alla quale non possiamo trovare nulla di stancante. Peccato per la narrazione che ci ha lasciati con l’amaro in bocca dinanzi alla scelta di non fornire la giusta drammaticità all’evento e l’aver privato Link di una spalla che potesse supportarlo durante la sua, oramai palese, incapacità di parlare.
Laddove il Nintendo DS non poteva arrivare, o probabilmente non hanno voluto farla arrivare, si è deciso di costruire delle rotaie, prendere un treno e concedergli un passaggio: il resto l’ha fatto il macchinista, e all’arrivo, alla stazione, c’erano tutti, dal neofita al tradizionalista con il naso ricurvo, a salutare chi per non per un poco aveva riportato un po’ di magia nel mondo dei videogiochi. E no, non stiamo parlando di Bocca di Rosa.