The Last of Us
L’ultimo di Noi
The Last of Us, traducibile alla lettera come “L’ultimo di Noi”, quattro parole piene di significato che sembrano ammiccare al fatto che ci troviamo, con buona probabilità, di fronte ad uno degli ultimi grandi titoli per Playstation 3 prima del salto generazionale verso le nuove console. Naughty Dog, ormai lo sappiamo, ama mettersi in gioco: dopo aver creato, con la serie Uncharted, un’icona videoludica legata al nome Playstation al pari di Crash Bandicoot o Spyro. La mamma di Nathan Drake e compagni, ha deciso di lasciare la strada facile imbarcandosi nella realizzazione di un nuovo IP, un prodotto videoludico ambizioso e stupefacente. Una produzione titanico che ci ha lasciato senza dubbio soddisfatti: continuate a leggere la recensione per scoprire quali sono le nostre considerazioni, mentre sullo schermo del televisore corrono i titoli di coda di The Last of Us.
Giocofilm
Iniziamo con il dire che The Last of Us cerca, ancora una volta, di assottigliare il sempre più labile confine tra film e videogame, presentando una storia da Oscar di stampo Hollywoodiano che, come da tradizione Naughty Dog, è mirabilmente narrata. Assieme alla promo del gioco per la recensione, ci è stato consegnato un documento in cui ci viene fatta precisa richiesta di non divulgare informazioni riguardanti il prologo o il destino di alcuni personaggi, rimanendo piuttosto nel vago e descrivendo la trama per sommi capi. Condividiamo completamente questa richiesta degli sviluppatori perché, da videogiocatori, vi assicuriamo che assaporerete ogni singolo colpo di scena della storia di The Last of Us.
In questa sede ci limitiamo a dire che il gioco narra le avventure di Joel ed Ellie a 20 anni dalla diffusione della terribile epidemia che ha devastato il mondo, trasformando migliaia di persone in esseri violenti regrediti ai soli istinti primordiali. Dopo un emozionante prologo, che pare realizzato da Quantic Dream, un salto temporale porta il giocatore nel futuro, dove sono presentati i personaggi principali: Joel si guadagna da vivere facendo il mercenario e il contrabbandiere mentre Ellie, per le ragioni che scoprirete giocando, si ritrova ad avere l’uomo come guardia del corpo durante il suo viaggio verso ovest. In estrema sintesi, The Last of Us è questo: un viaggio, irto di pericoli, lungo e in grado di metterci di fronte alle difficili scelte che la legge del più forte costringe a compiere. Durante questa “gita” incontreremo una serie di personaggi curati nei minimi dettagli, tanto nell’aspetto quanto nella caratterizzazione. Sebbene il protagonista ami lavorare da solo o, al massimo, con amici fidati sui quali sa di poter sempre contare, scortare Ellie attraverso i territori di quarantena brulicanti di infetti lo costringerà ad improbabili alleanze con vecchi e nuovi compagni, ma non sarà sempre facile.
Non potendo direi di più sulla trama del gioco – come già detto, Naughty Dog è stata molto chiara in proposito – chiudiamo questo paragrafo assicurandovi che i colpi di scena non mancheranno, così come le emozioni forti: la Terra post-infezione di The Last of Us è un mondo duro e violento e gli sviluppatori hanno deciso di trasmettere questa sensazione in modo continuo con situazioni e dialoghi dai quali emerge lo stato di agitazione e di perenne ansia dei personaggi. Per quanto riguarda i dialoghi, in particolare, il linguaggio a tratti scurrile e gli scambi di battute tra Ellie, Joel e gli altri umani che incontreremo è appositamente studiato per rendere l’esperienza la più realistica possibile. Sotto questo aspetto, considerando quanto il titolo ci ha stupito, possiamo segnalare che la casa produttrice è riuscita a centrare in pieno l’obiettivo.
Non è Uncharted
Dopo tre pluripremiati capitoli dedicati alle avventure di Nathan Drake, e anche a causa delle pochissime informazioni dateci dagli sviluppatori, che hanno volutamente tenuto la bocca cucita, era facile aspettarsi che The Last of Us fosse un’avventura in stile Indiana Jones, sulla falsariga di Uncharted. Ebbene, dal canto nostro siamo felicissimi di dirvi che niente è più lontano dalla verità. In The Last of Us non si salta sui precipizi, non ci si arrampica in ogni dove, non si spara all’impazzata e non ci si getta a testa bassa contro i nemici. Certo, le situazioni scriptate e gli adrenalinici momenti in cui tutto crolla e i proiettili volano come se piovesse ci sono anche in questo prodotto videoludico, ma si capisce che sono stati inseriti solo quando e dove la trama lo ha richiesto, abbandonando quella voglia di sensazionalismo e spettacolarità a tutti i costi tipica degli action-adventure di questa generazione. Si tratta di una scelta che ha meritato il plauso di tutta la generazione di Gamesource. Sarebbe stato facile, per Naughty Dog, rigirare la frittata presentandoci un nuovo Uncharted, ma in questo modo, la casa di sviluppo ha dimostrato il suo eclettismo realizzando un ibrido tra avventura grafica e avventura d’azione.
Più nel dettaglio, il gameplay di The Last of Us si divide in due macro fasi: una prima fase è quella di esplorazione, durante la quale al giocatore verrà richiesto di esaminare l’ambiente circostante alla ricerca di oggetti e di passaggi per proseguire oltre, risolvendo semplici enigmi ambientali con l’aiuto di Ellie o degli altri personaggi che in quel momento lo accompagneranno; la seconda fase è invece quella di comabattimento, in cui è fondamentale adottare un approccio stealth per eliminare quanti più nemici possibili senza farsi scoprire. Dimenticatevi quindi gli spettacolari scontri a fuoco di Uncharted, in The Last of Us non vi porterà che a morte certa. Tutto l’ambiente di gioco è strutturato per permettere un approccio tattico e di basso profilo, in cui sgattaiolare alle spalle del nemico è l’unico modo per eliminarlo silenziosamente e senza attirare l’attenzione. Questa fase può essere suddivisa in altre sottocategorie in base al tipo di nemico da combattere: i nemici umani sono caratterizzati da un alto livello di intelligenza artificiale e, naturalmente, sono armati. Basterà un rumore di troppo per attirare l’attenzione su di sé e, una volta scoperti, sarà difficile fuggire in quanto gli umani si scambieranno informazioni relativamente alla nostra presenza e cercheranno di aggirarci per prenderci in gruppo alle spalle. Tutto cambia quando affronteremo gli infetti, di diversa pericolosità e resistenza in base alla tipologia: i runner sono veloci e violenti, ma bastano pochi pugni o uno strangolamento in modalità stealth per renderli inermi; i Clicker, invece, sono ciechi, ma fate un rumore in più e vi piomberanno addosso in men che non si dica, uccidendovi in un colpo solo. Altre tipologie di infetti, infine, sono decisamente più coriacee e necessitano di ben più di un esplosivo artigianale o di un colpo di fucile a pompa per essere messi al tappeto. Sarà quindi di fondamentale importanza tattica decidere quali risorse utilizzare e come sulla base del nemico da eliminare, per assicurarsi di avere a disposizione il proprio arsenale nel reale momento del bisogno.
Quanto appena detto ci porta a parlare della caratteristica tattica di The Last of Us, legata alla raccolta e all’utilizzo degli oggetti. Questi possono essere suddivisi in poche fondamentali categorie: armi da fuoco, armi bianche, nastro adesivo, forbici, bende, esplosivi, bottiglie e altri oggetti vari. Combinandoli tra loro permetterà a Joel di creare risorse utili a svariati scopi: nastro e forbici daranno vita ad un coltello e, se lo fissate su una mazza da baseball o su un tubo di ferro, creerà un’arma in grado di eliminare un nemico in un colpo solo. Con alcool e bende si potrà creare un kit medico, ma anche una comoda molotov per incendiare un gruppo di nemici. Con chiodi ed esplosivo potrete realizzare una splendida bomba artigianale oppure, con zucchero e il secondo citato, un fumogeno stordente. Sono ricche di potenziamenti anche le armi, da migliorare utilizzando appositi tavoli da lavoro nel gioco: su questo fronte non troviamo grandi novità, quanto più il classico caricatore più capiente, il mirino migliore, l’aumentata precisione e via dicendo. La parte più interessante dell’aspetto tattico del gioco, comunque, resta la perenne tensione data dalla scarsità delle risorse disponibili: un coltello, prima di rompersi, può essere utilizzato per forzare una serratura o per eliminare silenziosamente un nemico; allo stesso modo, l’alcool può servire per curarsi o per creare un’arma. Bottiglie e mattoni raccolti a terra, possono essere utilizzati per colpire direttamente un nemico, stordendolo, ma rischiando di attirare l’attenzione degli altri nelle vicinanze, oppure possono essere lanciati per fare rumore e distrarre le guardie o i Clicker nei dintorni. È proprio questa, in definitiva, la caratteristica che più ci ha colpito in The Last of Us: ogni combattimento può essere affrontato in modi diversi e, sebbene l’approccio stealth sia il più indicato, una volta che avrete accumulato abbastanza risorse, potrete anche togliervi la soddisfazione di buttarvi a vostro rischio e pericolo in una bella sparatoria in stile Uncharted, giusto per spezzare un po’ la monotonia dell’approccio tattico. Proprio per questo, ci sentiamo tranquilli nell’affermare che Naughty Dog conquiesterà sicuramente il cuore di molti appassionati, partendo da quelli di Nathan Drake e arrivando a racimolare nuovi adepti in tutti quelli che di Uncharted non hanno mai amato la quasi invincibilità di Drake e il suo essere sempre sul filo del rasoio senza apparente rischio: in The Last of Us il rischio di morire c’è ed è palpabile in ogni momento, provare per credere.
Naughty Dog Engine
Passando all’analisi del lato prettamente tecnico, non ci sono dubbi: The Last of Us estorce con la forza tutta la potenza possibile dall’ormai datato hardware di Playstation 3, portandolo oltre ogni limite. Durante l’intera avventura abbiamo notato solamente qualche leggerissimo difetto come, ad esempio, dei cespugli che apparivano in lontananza durante le veloci sessioni a cavallo, ma si tratta davvero di inezie in confronto alla mole di poligoni ed effetti speciali che il Naughty Dog Engine scarica a palate sullo schermo. A dire il vero è necessaria qualche ora prima di capire realmente cosa il prodotto ha da offrire. Questo perché ormai, a distanza di anni dal primo Uncharted, il videogiocatore più navigato non si stupisce più tanto facilmente di fronte ad una perfetta riproduzione dell’acqua o dei riflessi di luce sulle superfici lucide. Lentamente, però, l’occhio inizia a notare le incredibili texture dei volti dei protagonisti, le animazioni fluide come non mai, le ambientazioni sconfinate e la l’illuminazione naturale che illumina e cambia il paesaggio in ogni momento. La parte più interessante del comparto tecnico di The Last of Us è la luce del sole: non essendoci elettricità se non grazie a qualche sporadico generatore a gasolio, l’altezza del disco solare all’orizzonte modificherà il colore della luce diffusa, il suo insinuarsi tra le crepe di un edificio diroccato o tra i rami di un albero, rendendo il mondo di gioco vivo, realistico e, a tratti, poetico. A livello qualitativo possiamo affermare di trovarci leggermente sopra titoli come Uncharted 3, Heavy Rain e God of War: Ascension. Abbiamo detto leggermente, in quanto gli appena citati hanno già permesso a Playstation 3 di mostrare i muscoli. Nel caso di The Last of Us ci siamo trovati di fronte ad un’ottimizzazione di tutte le caratteristiche presenti in questi titoli, con il conseguente raggiungimento di quello che, con tutta probabilità, sarà il massimo livello grafico possibile con l’attuale componentistica della console Sony.
Due parole anche per quanto riguarda il comparto sonoro che, insieme con la componente visuale, lavora a braccetto per sottolineare la solitudine e la desolazione di un mondo ormai finito. Volutamente minimal, la colonna sonora di The Last of Us è presente solo a tratti e realizzata con pochissimi strumenti, prima tra tutti una chitarra classica. Non trattandosi di melodie complesse e particolarmente articolate difficilmente verranno ricordate, ma vi assicuriamo che durante il gioco sono perfette per accompagnare l’azione e fungere da collante tra le emozioni che la storia vuole trasmettere e le immagini mostrate sullo schermo. Passando al doppiaggio, infine, segnaliamo come al solito una recitazione in lingua originale da Oscar. Il doppiaggio in lingua italiana non è allo stesso livello ma, come Uncharted ci ha abituato, è comunque nettamente superiore e qualsiasi altro titolo simile sul mercato. Come già detto non possiamo anticiparvi nulla della trama, ma ricordate le nostre parole quanto dopo qualche ora di gioco incontrerete uno strambo personaggio, che come tutti gli altri – protagonisti e non – vi dimostrerà quanto gli sviluppatori hanno dedicato maniacale attenzione ad un character design che sul grande schermo si sarebbe certamente guadagnato più di una nomination.
Multiplayer post-infezione
In base al vostro tipo di approccio ai combattimenti e al livello di difficoltà scelto, l’avventura in single player durerà tra le dodici e le quindici ore. La longevità di The Last of Us, comunque, aumenterà notevolmente se siete anche interessati all’online, dal momento che Naughty Dog ha messo sul piatto anche questa piacevole aggiunta, un po’ come fatto per gli ultimi due capitoli della saga di Uncharted. A dire il vero, rispetto al titolo appena citato, la modalità online di The Last of Us è un po’ più povera: l’offerta è infatti composta da sole due modalità, dal gameplay molto simile a quello della modalità in singolo, con la sola limitazione di alcuni poteri come l’ascolto di Joel che, a differenza della campagna single player, permette di vedere gli altri giocatori nascosti solo per un breve periodo di tempo. Le sfide si compongono di 12 partite – ognuna rappresenta una settimana di vita – durante le quali due squadre di quattro giocatori ciascuna lotteranno per la sopravvivenza. Con il passare del tempo sarà più difficile reperire cibo e risorse, rendendo di conseguenza più complessa la sopravvivenza dei superstiti. Come se non bastasse, se i giocatori non completeranno determinate missioni indicate di volta in volta dal gioco, i membri della squadra si ammaleranno e si correrà il rischio di subire ulteriori perdite. Quanto appena descritto rappresenta la modalità più interessante dell’offerta online di The Last of Us, in quanto la restante modalità non è nient’altro che un semplice Deatmatch a squadre.
Sotto questo aspetto ammettiamo che si poteva certamente fare di più, ma dobbiamo anche dire che a nostro parere la maggioranza degli acquirenti del prodotto videoludico di Naughty Dog non saranno spinti all’acquisto dal multiplayer, quanto piuttosto dall’avventura in singolo che, non ci stancheremo mai di dirlo, è un’esperienza che definire eccezionale è quasi un eufemismo.
Verdetto finale
Mentre sogniamo la prossima generazione e guardiamo il delinearsi di una line up per Playstation 4, Naughty Dog osa con un nuovo IP e sforna un capolavoro annunciato. Di nome e di fatto, The Last of Us potrebbe essere uno degli ultimi, grandi titoli per Playstation 3, uno di quelli che non dovrebbero mancare nella ludoteca di un videogiocatore degno di questo nome. Lontano tanto quanto basta da Uncharted, con meccaniche più profonde e divertenti, violento e realistico quanto basta, leggermente più longevo del normale e, naturalmente, dannatamente divertente. Tutto questo sommato ad un comparto tecnico che prende letteralmente a frustate l’hardware a disposizione spremendone ogni goccia di potenzialità. Fidatevi, se possedete una Playstation 3 The Last of Us è una delle esclusive che vi renderà orgogliosi della vostra console.