The Falconeer – Recensione
Resistete alla tentazione di abbandonare The Falconeer dopo un’ora. Come vedete dal voto accluso a questa recensione, non siamo rimasti certo entusiasti del gioco pubblicato da Wired Productions negli ultimi giorni per PC e Xbox Series X/S/One, ma dovete almeno dargli una chance dopo aver superato i primi ostacoli e un approccio davvero studiato male, perché alcune qualità le ha e si dimostra un titolo quantomeno interessante. Soprattutto considerando le premesse.
Premesse dicevamo, perché dovete sapere che The Falconeer è stato sviluppato da una singola persona, il buon Tomas Sala che nel suo ufficio di Amsterdam si è rimboccato le maniche per regalare a Xbox una delle pochissime “esclusive” del lancio e al mondo un nuovo esponente in un sottogenere, quello degli sparatutto “volanti” che proprio recentemente è tornato nello spazio profondo dell’ottimo Star Wars: Squadrons. Fatte le dovute proporzioni e giustificazioni di un prodotto indie che più indie non si può, The Falconeer mostra tutti i suoi limiti di produzione indipendente in più e più frustranti momenti, ma alla fine si porta a casa la sufficienza grazie a tanta, tanta personalità.
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
The Falconeer ci catapulterà a cavallo di un falco gigante e armato fino ai denti nei cieli che sorvolano l’Ursee, un mare, decisamente diverso dall’Adriatico, che copre l’interezza di un mondo misterioso che a volte ricorda il mitico Waterworld di Kevin Costner, a volte un fantasy più classico, con tanto di templi e altari dedicati alle sue divinità. C’è tanta lore e tanta storia in The Falconeer, in maniera quasi sorprendente; la incontriamo sia mentre ci facciamo strada tra le missioni principali dei suoi 6 capitoli, sia quando ci spingiamo all’esplorazione della sua mappa open world, cercando insediamenti nuovi da conquistare o con cui commerciare (e poco altro, certamente il gioco poteva offrirci più ragioni per ispezionare ogni suo angolo).
Dicevamo di un approccio complesso e confuso, e The Falconeer infatti risulta per la sua interezza un gioco complesso e confuso, ricco di meccaniche spiegate malino, male o malissimo, o addirittura per niente, le quali accompagnano un loop di gameplay che funziona solo in parte, perchém se comandare il proprio falco nei cieli diventa dopo pochi minuti anche piacevole, sfruttando le correnti ascensionali e un set di controlli elementare, quando l’azione si farà più intensa e dovremo affrontare uno dei – tantissimi – incontri a fuoco con elementi di una delle quattro fazioni con le quali ci andremo a scontrare, la ripetitività e la mediocrità affiorano prepotentemente.
Traiettorie impercettibili
The Falconeer presenta dei picchi di difficoltà immotivati e repentini che vi costringeranno più volte a ripetere dall’inizio alcune missioni solo perché vi siete trovati per un attimo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il che non sarebbe un problema di per sé, ma quando quasi ogni missione ricorderà l’altra (i tipi spaziano dal “distruggi tutti” allo “scorta questa nave” o “libera l’avamposto”) e non esistono checkpoint, la situazione può sfociare nella frustrazione in un attimo. E tutto questo specialmente nelle primissime ore come detto, prima di aver fatto livellare un po’ il vostro volatile (anche qui, vi renderete conto dopo un po’ che esistono dei livelli come in un RPG) o averlo equipaggiato con nuove armi o mutazioni (modificatori chimici che alterano le prestazioni).
Dopo aver portato a termine probabilmente il primo capitolo e aver guadagnato qualche nuovo gingillo, però, le cose tenderanno generalmente a farsi più accessibili (investite in particolare nella salute e rigenerazione del vostro destriero) e, di conseguenza, più godibili. I combattimenti resteranno la parte meno riuscita del gioco, viste le pochissime opzioni tattiche al di là dello sfruttare la mira assistita, girare in tondo ai nemici e sparare con l’unica arma a disposizione.
Codici di geometria esistenziale
Se in tantissimi elementi quindi, dalla minuscola UI, alla mancanza di tutorial, alla vuotezza del mondo di gioco fino al frustrante gameplay la produzione Wired Productions non spicca il volo (ahah, ndr), dobbiamo spendere due parole su quanto sia bello da vedere invece The Falconeer, e su quanto usi in maniera magistrale l’HDR e riesca a performare a 60fps stabilissimi su qualunque console Xbox giochiate (anche se il 4K vero e proprio e il supporto ai 120fps è riservato solo agli early adopter di Xbox Series X, come immaginabile). Pensare che questo mare così lussureggiante e ricco di fantastici colori sia stato realizzato da una singola persona e il suo PC ci ha sconvolto ogni volta che siamo partiti volando verso l’orizzonte.
Detto tutto questo, di The Falconeer in qualche modo ci ricorderemo per anni. Perché una produzione indie di questo tipo non aveva bisogno di una trama così complessa, di un mondo così articolato come l’Ursee e di una grafica così buona. Però le ha, e non è poco. Certo, si poteva invece redirigere le energie per chiarire e rifinire molte meccaniche vetuste o poco chiare o migliorare la varietà degli scontri a fuoco, ma non si può certo dire che questo gioco un’anima non ce l’abbia e che quindi, soprattutto se amate il genere, in fondo non meriti di essere esplorato. Come il suo mare sempre in burrasca.
Pro
- Sorprendentemente profondo
- Volare funziona, davvero
- Molto bello da vedere
Contro
- Spiega pochissimo e male
- Tante piccole imperfezioni nei suoi sistemi
- I combattimenti sono noiosi