The Eye of Judgment – Recensione The Eye of Judgment: Legends
L’idea che The Eye of Judgment ha portato qualche anno fa su Playstation 3 ha sicuramente attirato l’attenzione di molti appassionati di Trading Card Games (TCG – giochi di carte collezionabili), aprendo le porte del mondo online via console ad un gioco di carte: grazie all’apporto del Playstation Eye, The Eye of Judgment (EoJ) “trasferiva” su schermo quello che il giocatore eseguiva sull’apposito tappeto con le proprie carte, realizzando qualcosa di quantomeno ispirato alla serie animata Yu-Gi-Oh!, dove i mostri e gli incantesimi venivano proiettati come ologrammi su un’arena. Su Playstation 3 gli ologrammi non c’entrano nulla ma il gioco in sé è senza dubbio simile: escludendo le ovvie differenze che intercorrono fra i vari TCG (creature, modalità d’evocazione ecc…) lo spirito rimane lo stesso e ci si ritrova di fronte ai soliti turni, danni fisici e magici, potenziamenti, deck, carte in mano, cimitero e tutto il resto.
Da un lato questa somiglianza potrebbe essere uno svantaggio e far desistere chi è già avviato con altri marchi nello stesso genere, ma dall’altro è un motivo in più per provare quello che sembra essere, per gli appassionati, un must have e l’occasione di sfidare chiunque nel mondo dal proprio divano e sul proprio tv HD.
Se però su Playstation 3 l’elemento di forza poteva essere appunto il sistema legato alla Playstation Eye, The Eye Of Judgment: Legends, su PSP, deve fare a meno di questa innovazione e cercare di puntare tutto sul vero e proprio gioco di carte. Niente telecamera, ma la possibilità di portare il gioco ovunque e di sfidare i propri amici anche senza Internet attraverso la connessione Ad Hoc: quello che mancava su PS3 è adesso su PSP e viceversa, ma quale delle due versioni avrà la meglio? Begin Duel.
Duello iniziato: in questo caso si è in vantaggio,
ma il prossimo turno tutto potrebbe cambiare
Questione di Mana
EoJ Legends si basa totalmente sul gioco di carte in sé, sulla modalità Rete e su una trama che al di là dei gusti è senza dubbio curata. La modalità in singolo prevede infatti una storia attorno alla quale ruotano tutti i duelli, ma prima bisogna andare a vedere, essenzialmente, quanto l’elemento principale ha da offrire.
In linea con tutti i TCG, il gioco è composto da creature e incantesimi che vanno evocati in un’apposita arena, rispettando determinate condizioni, e che lottano tra di loro per vincere il duello. La vittoria si ottiene conquistando cinque campi sui nove disponibili nell’arena (divisa in 3×3), dove per conquista si intende l’evocazione con successo di una propria creatura. Se uno dei due giocatori mette in campo cinque creature e conclude il suo turno in questa condizione vince automaticamente senza dare la possibilità allo sfidante di “rispondere” nel turno successivo, il che cambia radicalmente uno degli elementi principali dei TCG: non è più la forza d’attacco ad essere essenziale, ma la capacità di difendersi. Nonostante attaccare sia molto importante per eliminare le creature avversarie, potrebbe rivelarsi inutile se poi i Punti Vita (PV) delle proprie si presentano bassi e in balìa del nemico nel turno successivo; agire tatticamente per conquistare uno degli angoli e i territori adiacenti potrebbe rivelarsi senz’altro più vantaggioso che spedire i propri alleati sparsi nell’arena e attaccabili da più lati: non solo l’attacco, dunque, ma anche, e soprattutto, la difesa.
La preparazione del mazzo inizia dunque da questo principio, che risponde necessariamente agli elementi dei campi: ciascun campo presenta un elemento tra Fuoco, Acqua, Terra, Legno e Biolite, con le prime due coppie costituenti gli elementi opposti (creature di Fuoco in campi Acqua subiscono malus e viceversa, lo stesso per creature e campi Terra-Legno); nel campo di appartenenza al proprio elemento ogni creatura guadagna al momento dell’invocazione due PV che diventano permanenti sino a che il campo non cambia. Questo rende molto vantaggioso evocare creature elementali sui campi affini ma, come accennato, il campo può cambiare: ciascuno dei nove campi infatti ne presenta uno opposto, ovvero l’elemento che acquisirebbe se venisse rovesciato (attraverso un incantesimo o abilità particolare), con la possibilità di vedere cambiare improvvisamente il territorio sul quale poggia la propria creatura da favorevole a opposto e perdere così quattro PV. Difesa dunque, ma anche attenzione agli elementi, essenziali in tutto il gioco.
Tener conto di tutto questo è fondamentale al momento della formazione del proprio mazzo (altrimenti chiamato deck o collezione): nella scelta delle 30 carte bisogna saper alternare anche incantesimi e costi di evocazione, per evitare di ritrovarsi con le migliori carte disponibili ma senza poterle utilizzare.
Durante la preparazione del mazzo è importantissimo
studiare i poteri e gli effetti speciali di ogni singola creatura
Una volta nei duelli, il costo di evocazione è tutto: l’energia necessaria ad utilizzare le varie carte, chiamata Mana, si ricarica molto lentamente e bisogna dunque accertarsi che non ci si ritrovi impossibilitati ad agire nel momento cruciale proprio per l’eccessivo costo del proprio mazzo. Avere venti creature invincibili ma dal costo di evocazione (e utilizzo) superiore a quattro Mana equivale a perdere nei primi turni in quanto, non avendo l’energia necessaria ad evocare, è impossibile difendersi o combattere il proprio nemico. Tuttavia, un mazzo formato solo da creature dal costo basso è sicuramente vantaggioso in termini di utilizzo ma rischia di non offrire quella potenza di combattimento e quella difesa necessarie a contrastare l’avversario.
L’equilibrio, ancora una volta, è l’unico modo per tentare di avere la meglio in ogni scontro, pur dovendosi sempre affidare all’astuzia e a molta fortuna.
Una volta creato il proprio mazzo di trenta carte è possibile aggiungerne sette di riserva da poter scambiare durante gli scontri in sequenza (alcuni duelli si susseguono senza dare la possibilità di tornare alla schermata di gestione del deck) e avviarsi infine al duello vero e proprio. Si inizia con cinque carte in mano (che, se non gradite, possono essere scartate con altre cinque attraverso il Mulligan) e all’inizio di ciascun turno ogni giocatore pesca una carta e ottiene due unità di mana: a questo punto è possibile decidere se giocare una carta incantesimo, evocare una creatura (e ciò farà concludere il turno) o terminare il turno senza evocazioni; ovviamente, per evocare, il mana disponibile deve necessariamente essere pari o superiore a quello richiesto dalla carta.
Una volta evocata, la propria creatura attacca automaticamente i nemici nelle modalità descritte nella sua scheda e conclude il turno: l’avversario a questo punto gioca la sua mano e si va avanti di turno in turno. In determinate condizioni le creature attaccate contrattaccano, in altre hanno la possibilità di schivare gli attacchi, in altre ancora possiedono dei punti protezione che vanno ad ostacolare l’attacco avversario; in ogni caso, se portati a zero i PV, la creatura scompare generando un mana di uscita che torna al padrone che l’ha evocata.
Non appena uno dei due giocatori posiziona quattro creature sul campo si attiva il Check, o Scacco, situazione d’allerta che indica all’avversario di trovarsi in situazione di “potenziale sconfitta”: in realtà non cambia nulla, considerando che non aggiunge bonus/malus ma si tratta semplicemente di un avviso, utile più a “far salire l’ansia” con musiche angoscianti e luci istericamente intermittenti che ad altro. Ben diverso è il blocco invocazione, che consiste (prima evocazione esclusa) nel limitare i campi disponibili per un’evocazione a quelli adiacenti ad altre creature già presenti: una volta scomparso questo blocco (che dovrebbe svanire una volta raggiunte quattro creature in campo) diviene possibile evocare qualsiasi carta in qualsiasi posizione. Alla fine del duello (per vittoria o abbandono di uno dei due sfidanti) si ottengono come premio alcune carte e dei punti spendibili per acquistarne di nuove.
Il proprio Biolite attacca l’avversario di fianco: in questo modo
non riceverà un contrattacco da parte di quella creatura
In generale ogni duello si mantiene abbastanza interessante a causa dell’elevato livello di strategia che richiede: un mazzo poco curato, un utilizzo avventato del mana o la poca disponibilità di carte incantesimo portano facilmente alla sconfitta, senza grandi possibilità di riprendere in mano la situazione dopo un avvio sbagliato. Ciascuna giocata va calcolata al millesimo tra costi, potenza d’attacco, PV, elemento, nemico, poteri speciali nemico, poteri speciali creatura, debolezze e tanti altri fattori, ciascuno potenzialmente determinante per un esisto positivo o negativo. Gli amanti dei giochi di carte non possono che esserne contenti, ma non è tutto oro quello che luccica.
Mana e costi di evocazione non sempre vanno d’accordo: il mana aumenta troppo lentamente e consente di portare avanti solo le creature meno “costose”, senza contare che spesso, anche riuscendo ad evocarne di più forti, ruotarle (in una delle quattro direzioni) e farle attaccare spesso richiede a sua volta quantità di mana proibitive. Il gioco così si mantiene sempre ad un livello medio-basso, senza la possibilità di andare a giocare “l’artiglieria pesante” e conquistare la partita. Creature vanno e creature vengono, con un ritmo troppo veloce che difficilmente permette di creare quella fortezza che si desidera, portando ad una sfida di resistenza dove la strategia conta sì tantissimo, ma molto dipende anche dalla forza (e astuzia) dell’avversario.
Proseguire nel gioco quindi non aggiunge nulla di particolare al gameplay a parte alcune carte rare, spesso anche inutilizzabili a causa delle limitazioni del mazzo o dei costi altissimi; i duelli sono sempre gli stessi, difficilmente si presentano condizioni speciali che aumentano la sfida e soprattutto la disposizione originaria dei campi non cambia mai.
Il gioco si presenta da subito interessante ma non si evolve e ciò lo rende monotono e piatto dopo poche ore di gioco. La trama inoltre ha i suoi alti e bassi e questo non aiuta a mantenere alta la voglia, le carte sono tante ma le più convenienti sono sempre le stesse e il limite mana-numero di carte del mazzo è eccessivamente riduttivo nei confronti del giocatore. Ne deriva che solo la modalità Rete conserva la possibilità di salvare il titolo, ma chi sa già di non riuscire a usufruirne mai va incontro ad un gioco "a scadenza", che dopo poche ore si spegne e finisce nel dimenticatoio, soprattutto se non si è già utenti del capitolo per PS3.
Il resto del mondo in quattro parole
Come già accennato, la trama di EoJ Legends, al d là dei gusti, si rivela decisamente curata. L’intreccio di relazioni fra personaggi e fra passato e presente è magistrale, le personalità in gioco sono numerose e le conseguenze dei grandi eventi passati continuano a ripercuotersi nel mondo contemporaneo. Chi non conosce già la "serie" deve necessariamente andare a sfogliarsi un bel po’ di pagine nella Libreria (raggiungibile solo da un certo punto della storia in poi), con il risultato che i millenni dietro EoJ Legends sono tanti e tutti ben studiati. Senza conoscerli, infatti, è impossibile comprendere il valore e le azioni di determinati personaggi, così come interi spezzoni di storia o alcuni dei tanti colpi di scena. Tuttavia, anche trovando la buona volontà per "mettersi sui libri" e apprendere ciò che serve sul mondo di EoJ, l’ampia varietà di nomi, battaglie, eventi importanti, segreti, tradimenti e tutto il resto finisce col rendere il tutto molto vago e sfuggente, impossibile da assimilare nella maniera giusta senza averlo "vissuto" direttamente. La trama, quindi, molto curata, non è comprensibile a dovere da chi si avvicina alla serie per la prima volta e questo rende l’intero intreccio meno godible e "sensato".
Un’affranta Romili è costretta a combattere dopo una grave perdita
Grafica e sonoro, marginali in un gioco del genere, non assumono grandi ruoli ma si distinguono comunque per il loro buon livello: la prima dà del suo meglio nelle realizzazioni 2D cell shading dei personaggi, tante, tutte adatte alla situazione e molto espressive, ma anche la disposizione dell’arena di gioco e delle informazioni è adeguata alle necessità del giocatore; il secondo invece non raggiunge mai grandi livelli ma è composto in gran parte da un doppiaggio in inglese che commenta tutte le azioni del duello, discreto anche se praticamente inutile.
La longevità totale della modalità in singolo è soddisfacente, ma come già accennato si rischia di cadere presto nel monotono a causa di alcuni meccanismi poco convincenti, mentre la modalità Rete dipende tutta dai propri avversari ed è l’unica che può sensibilmente estendere le ore di gioco.
In generale ben curato, ma non eccelle in nulla di particolare e soprattutto soffre di una eccessiva ripetitività in modalità singola.
Vittoria o Sconfitta?
The Eye of Judgment Legends si ferma proprio in mezzo, a metà fra un titolo anonimo e un ottimo gioco. Ci sono tanti presupposti per fare bene, ma con la realizzazione attuale, ricca di difetti, tutto il potenziale viene sprecato. La trama (per quanto interessante) viene raccontata male, il sonoro ha un ruolo troppo marginale, la grafica è ben realizzata ma senza filmati o animazioni, il gameplay si rivela altalenante. Il già accennato problema del mana o quello riguardante l’esiguo numero di carte del mazzo (solo 30) limitano l’esperienza di gioco, mentre campi e condizioni di battaglia non cambiano mai, diventando alla lunga monotoni.
D’altra parte i duelli richiedono sempre un’abilità strategica elevata e più si va avanti nella storia più le sfide sono impegnative, ma i problemi descritti sopra rimangono anche in questo caso e infine si fanno sentire molto, troppo per continuare come se nulla fosse. Stavolta si tratta di un mezzo passo falso, ma c’è motivo di credere che un capitolo futuro, se ci sarà, potrà facilmente imparare da questi errori e garantire una maggiore qualità finale ai fan. Da provare se si è appassionati del genere, altrimenti potrebbe rivelarsi un acquisto errato già dopo qualche ora di gioco.