The Dark Pictures: Little Hope – Recensione
Alla vigilia di Halloween, Bandai Namco e Supermassive Games propongono il secondo capitolo della loro antologia, The Dark Pictures: Little Hope, cambiando completamente il tema centrale rispetto al precedente Man of Medan, ma mantenendo, nel complesso, la stessa struttura di gioco. Saranno riusciti i ragazzi di Supermassive a regalarci un’avventura degna della notte più terrificante dell’anno?
Abandon Hope
La storia di The Dark Pictures: Little Hope parte da semplici basi: un gruppo di studenti e il loro professore si ritrovano, dopo un incidente, in una città che sembra avere al suo interno qualcosa di malvagio. Se all’apparenza potrebbe sembrare una storia horror sentita e risentita, c’è qualcosa che cattura subito l’attenzione del giocatore; dopo l’incidente infatti saremo trasportati indietro negli anni, nella casa di una famiglia che ha molte cose in comune con i nostri protagonisti. Durante tutta l’avventura dei personaggi a The Dark Pictures: Little Hope (5 ore circa), questi si troveranno a dover fare i conti con il passato misterioso della città, cercando di capire cosa gli stia succedendo. Il tutto porta poi a un finale sorprendente, ma anche abbastanza confuso, che lascia nella mente del giocatore molte domande senza risposta. Essendo The Dark Pictures: Little Hope un titolo fortemente narrativo, preferiamo non dire altro riguardo la storia, in quanto rischieremmo di imbatterci in spoiler che rovinerebbero l’esperienza di gioco.
Al contrario di quanto è successo con Until Dawn, The Dark Pictures: Little Hope non riesce a rendere i protagonisti memorabili, rendendo così il giocatore quasi indifferente quando uno di questi si troverà in pericolo o andrà incontro alla morte. Questo è uno dei più grandi problemi della produzione, che non riesce quasi mai a coinvolgere a pieno l’utente, cosa che per un horror dovrebbe essere fondamentale, soprattutto se si vuole spaventare chi gioca. Proprio per rimediare a questo difetto, il titolo ricorre a un forte, forse esagerato uso dei classici jumpscare. Questi però, già dopo un paio d’ore, inizieranno a non fare più effetto, diventando alquanto prevedibili: parliamo infatti della solita figura scura che passa davanti alla camera, oggetti che cadono all’improvviso, e tutte queste cose a cui ormai siamo abituati.
Un altro elemento che spesso rompe l’atmosfera è il passaggio da una scena all’altra: molte volte infatti sembra di assistere solo a un montaggio di spezzoni di filmati messi in sequenza. Fortunatamente però la trama incuriosisce fino alla fine, permettendo di sorvolare su questo problema abbastanza fastidioso.
Serata film?
Se avete già provato uno dei titoli horror di Supermassive, saprete sicuramente a che tipo di gameplay state andando incontro. Si tratta infatti del solito film interattivo in cui il giocatore deve limitarsi a compiere scelte, superare dei QTE e portare a termine delle brevi sessioni di esplorazione. Parliamo quindi di un genere non per tutti, che molti potrebbero trovare noioso perché fondamentalmente “non si gioca”, ma che molti altri ritengono molto immersivo. Se da un lato le scelte, sia nei dialoghi, che nelle azioni da compiere, risultano sempre abbastanza riuscite, l’esagerata presenza di QTE (soprattutto in alcune fasi) rendono l’azione noiosa e monotona: per farvi un esempio, c’è un momento verso la metà del gioco in cui saremo costretti a “premere tasti a tempo” per più di un minuto senza interruzioni.
Tra l’altro è stata aggiunta un’icona che avverte il giocatore di un QTE imminente, poco prima che appaia il tasto da premere a schermo, rendendo l’azione quasi impossibile da sbagliare, soprattutto per i più esperti. Le fasi di esplorazione sono invece relativamente poche, e abbastanza ben riuscite, con la regia che spesso riesce, grazie a ottime inquadrature, a trasmettere quella sensazione di ansia che comunque va scemando con l’avanzare della storia.
Come in Men of Medan e Until Dawn, anche in The Dark Pictures: Little Hope tornano le previsioni sul futuro; esplorando potremo trovare delle foto che ci mostreranno piccoli frammenti di avvenimenti futuri che potrebbero accadere o no, in base alle nostre scelte. Questa meccanica aggiunge un po’ di pepe all’esplorazione ma, per molti potrebbe essere fastidioso vedere questi piccoli “spoiler”. Si può comunque ovviare a questo problema evitando di raccogliere le foto.
Da segnalare anche la modalità multigiocatore, con la possibilità di giocare con amici dallo stesso salotto, o online anche con altre persone. Ognuno potrà scegliere quali personaggi interpretare, e si dovrà cercare di collaborare per mantenere tutti i protagonisti in vita fino alla fine del gioco. Questa è un’ottima soluzione per giocare in compagnia, divertendosi e magari cercando di smorzare la paura, anche durante la notte di Halloween.
“Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla…”
La meccanica fondamentale, e forse la più riuscita, di The Dark Pictures: Little Hope è quella delle diverse scelte, morali e non, che saremo costretti a compiere durante il gioco. Già dall’inizio ci viene spiegato dal Curatore, che come in Man of Medan ha il ruolo di narrare e scrivere la nostra storia, e solo a volte darci dei consigli criptici, come le scelte che compiremo dall’inizio alla fine del gioco potranno cambiare le sorti dei personaggi e le loro relazioni.
Anche le creature che incontreremo cambieranno in base ad alcune scelte compiute, adattandosi perfettamente alla nostra partita. La rigiocabilità del titolo risulta quindi ottima, vista anche la quantità di finali possibili e la possibilità, a ogni partita, di vedere scene completamente nuove a seconda di come interagiranno i personaggi tra loro. Il gioco ci porterà poi a compiere delle ipotesi per cercare di risolvere il mistero di The Dark Pictures: Little Hope, e in base alle nostre teorie potremmo scegliere come agire, cambiando sensibilmente gli avvenimenti e soprattutto il finale.
Terrificante ma non troppo
Graficamente si nota la solita cura per i volti dei personaggi e per le ambientazioni sempre molto cupe e inquietanti. Un po’ meno impeccabili le animazioni dei protagonisti durante i filmati, che spesso non sembrano per nulla adatte al contesto, e la stessa cosa vale per il doppiaggio italiano. Insieme alle fantastiche ambientazioni, a rendere l’atmosfera terrificante ci pensa il comparto audio che riesce spesso a dare i brividi, soprattutto se si usano delle cuffie.
Piccola nota per le creature che daranno la caccia ai nostri protagonisti, che non sono per nulla memorabili e pericolosi come i terrificanti Wendigo di Until Dawn, ma riescono in ogni caso a fare il loro lavoro.
Se state cercando un modo per passare la vostra notte di Halloween con amici o, perchè no, con la vostra famiglia, The Dark Pictures: Little Hope fa certamente per voi. Il titolo si presenta con meno convinzione del suo fratello Man of Medan, non riuscendo a coinvolgere a pieno il giocatore sul piano horrorifico, nonostante le ottime ambientazioni e il fantastico comparto sonoro. La storia fortunatamente risulta interessante e incuriosisce abbastanza da riuscire a portarvi fino a un finale che vi sorprenderà. Un secondo capitolo che sicuramente poteva permettere il salto di qualità dell’antologia di Supermassive Games e Bandai Namco, ma che invece fa il minimo indispensabile senza arrivare mai alle vette raggiunte da Until Dawn. Possiamo solo sperare, a questo punto, che i ragazzi di Supermassive mettano a punto i difetti di The Dark Pictures: Little Hope e mantengano, allo stesso tempo, i pregi visti nei due capitoli, per portarci tra sei mesi un terzo capitolo più convincente.
Pro
- Storia originale
- Tecnicamente ottimo
- Buona rigiocabilità grazie alle scelte
Contro
- Personaggi poco interessanti
- QTE resi troppo semplici
- Troppi jumpscare e troppo scontati