The 25th Ward: The Silver Case – Recensione PlayStation 4

Recensito su PlayStation 4

È terribilmente difficile parlare obiettivamente di The 25th Ward: The Silver Case. Questa ibrida visual novel targata Suda51 è il seguito diretto di The Silver Case e, come i giochi del filone Kill the Past, è collegata ad altri giochi della Grasshopper Manufacture (e Human Entertainment) come Flower, Sun and Rain e killer7.

La ragione per cui abbiamo iniziato a parlare di The 25th Ward: The Silver Case in questo modo è, essenzialmente, perché chiede una partecipazione del giocatore che si estende oltre al controllo del personaggio: il gioco sforza il giocatore a dare una propria interpretazione personale dei fatti raccontati, un’interpretazione che quindi diventa per lui verità. E questo conflitto tra la “verità” e i “fatti”, uno dei temi trattati nel gioco, porterà il giocatore ad essere non più un osservatore esterno, ma allo stesso livello dei vari personaggi di The 25th Ward: The Silver Case.

The 25th Ward: The Silver Case

Tre diversi punti di vista

In The 25th Ward: The Silver Case la storia viene raccontata, come nel gioco precedente, seguendo il punto di vista di personaggi differenti, suddivisi in tre capitoli: Correctness, Matchmaker e Placebo.

The 25th Ward: The Silver Case

In Correctness seguiamo Mokutaro Shiroyabu e Shinko Kuroyanagi, due detective della sezione Heinous Crimes Unit del nuovo Venticinquesimo distretto alle prese con una serie di casi che ancora una volta ruotano attorno alla presenza quasi mistica di Kamui Uehara, il leggendario serial killer dei Ventiquattro distretti ormai seguito e quasi venerato da moltissime persone come “colui che ha il potere di abbattere il muro della mondanità e cambiare il sistema”. Sebbene in questo caso Kamui non sia direttamente coinvolto, rimane il motore immobile degli avvenimenti.

The 25th Ward: The Silver Case

In Matchmaker, invece, facciamo la conoscenza di due personaggi al lato opposto della società rispetto a Shiroyabu e Kuroyanagi, ovvero Shinkai Tsuki e Yotaro Osato. Tsuki e Osato fanno parte del Regional Adjustment Bureau, l’agenzia governativa responsabile della regolare “pulizia” degli abitanti del Venticinquesimo distretto.

Il Venticinquesimo distretto, infatti, è nato per un solo scopo: essere un’utopia, un luogo simile agli altri Ventiquattro distretti, senza però gli errori di questi ultimi. Ma l’influenza di Kamui e l’indole generale umana dà comunque vita al potere criminale che, quando messo in atto, porta dubbio e insicurezza nel cuore delle persone.

Ed è così, tra deliverymen, divers e observers, nomi in codice per quelli che sono essenzialmente assassini professionisti, che esiste un lato oscuro del governo improntato a “ripulire” gli elementi dubbi dell’altrimenti utopico Venticinquesimo distretto.

The 25th Ward: The Silver Case

In Placebo, infine, torneremo a seguire la storia di Tokio Morishima, il giornalista freelance che già dal precedente gioco ha assunto un ruolo importante nella vicenda. La sua storia è fortemente legata agli eventi passati in Flower, Sun and Rain, e in The 25th Ward: The Silver Case lo vedremo alla ricerca dei suoi ricordi perduti assieme alla sua tartaruga Red e a Slash, un altro personaggio nominato nel primo gioco.

Psicologia del crimine

Arrivando al nocciolo della questione, c’è da dire che The 25th Ward: The Silver Case non è per nulla un gioco da sottovalutare. Riprendendo la storia da dov’era finita in The Silver Case, Suda51 in qualche modo è riuscito a rendere l’esposizione allo stesso tempo più diretta e più criptica di prima: man mano che avvengono gli eventi i personaggi offriranno delle spiegazioni, aiutandoci a seguire il flow della storia, ma i concetti e i temi presenti vanno più in profondità rispetto al gioco precedente.

Sebbene non manchino ogni tanto situazioni più leggere e divertenti, tra personaggi un po’ comic relief e conversazioni allegre, il cuore pulsante della storia rimane quello che ci ha fatto innamorare di questo mondo: un thriller psicologico e con alcuni aspetti sovrannaturali, personaggi circondati dal mistero che verremo a conoscere meglio man mano che proseguiamo nella storia, una “realtà” diversa dalla nostra che dovremo imparare ad interpretare.

The 25th Ward: The Silver Case

Quello che abbiamo scoperto, però, è che il mondo raccontato nel gioco e il nostro mondo sono molto simili, ma allo stesso tempo completamente diversi. Quando ci abbiamo giocato, abbiamo compreso che per fare davvero esperienza della storia raccontata dovevamo abbandonare le nostre conoscenze pregresse, ovvero in un certo senso abbandonare la nostra logica e buttarci a capofitto nel Venticinquesimo distretto.

Quello che intendiamo è molto più semplice da capire che da spiegare: per via dell’unicità del mondo di The 25th Ward: The Silver Case, popolato da società segrete di assassini, ESPers e persone che apparentemente non hanno bisogno di un corpo fisico in quanto vivono in un “piano superiore di esistenza”, le nostre conoscenze entrano in conflitto con quelle dei personaggi in quanto le nostre definizioni di “normalità” sono molto diverse.

The 25th Ward: The Silver Case

È così che abbiamo seguito i consigli di Samuel Taylor Coleridge e sospeso la nostra incredulità. Riuscendo a mettere da parte il nostro buonsenso siamo quindi diventati liberi di assimilare tutte le informazioni che il gioco ci fornisce e abili di dare una nostra interpretazione dei fatti avvenuti, di arrivare insomma ad avere una risposta alle nostre domande. Questa risposta diventa quindi la nostra verità, unica e personale.

È in questo modo che noi ci siamo sentiti parte integrante del gioco, piuttosto che osservatori esterni relegati al compito di muovere un personaggio sullo schermo.

Le facce nascoste del dado

Parlando di gameplay, c’è stato qualche cambiamento rispetto al gioco precedente. The 25th Ward: The Silver Case rimane una visual novel mista a gioco d’avventura, in quanto è possibile muoversi nei vari scenari per risolvere i puzzle; al posto del sistema di controllo del gioco precedente, però, il giocatore dovrà ruotare tridimensionalmente un dado con sopra le varie azioni possibili, che rimangono per la maggior parte le stesse di The Silver Case.

Ciò che cambia davvero sono il movimento e l’esplorazione: il giocatore non potrà più spostarsi liberamente sulla mappa, fermandosi in punti prefissati, ma dovrà semplicemente scegliere una direzione e il personaggio si muoverà automaticamente. Questo, unito alla presenza di puzzle più lunghi, potrebbe essere l’unica nota stonata da noi rilevata: queste parti esplorative forniscono sì uno stacco dalle parti di testo, ma possono anche risultare monotone.

Dopo aver eliminato il bagaglio in eccesso, quindi, il giocatore smette di seguire la storia e comincia a partecipare ad essa, in un modo diverso dal semplice controllo delle azioni del personaggio su schermo.


The 25th Ward: The Silver Case è un gioco che ci ha veramente entusiasmati. Siamo rimasti rapiti dal mondo raccontato da Goichi Suda e il suo team e non possiamo che chiederci se questa sia davvero arrivata alla fine… anche se, conoscendo la perpetuità della presenza di Kamui Uehara, dentro di noi possiamo abbozzare una risposta.

8.6

Pro

  • Storia e narrazione entusiasmanti
  • Personaggi verosimili e misteriosi
  • Finito un capitolo si sente il bisogno di iniziare subito quello successivo

Contro

  • Le sezioni esplorative possono risultare monotone
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