Thank Goodness You’re Here RECENSIONE | Chiedimi se sono felice

Recensito su PlayStation 5

Thank Goodness You're Here RECENSIONE Se c'è un negozio che vende i tortini di carne, ce ne sarà anche uno che vende i megatortoni di carne
Se c'è un negozio che vende i tortini di carne, ce ne sarà anche uno che vende i megatortoni di carne

Quand’è l’ultima volta che hai riso di gusto, quasi in modo sguaiato, per un videgioco? Io oggi ho una data precisa da dire: l’11 Agosto 2024, quando mi sono ritrovato a mungere una mucca in un contesto visivo fin troppo allusivo alla mungitura di orpelli meno eleganti da nominare ma simili di forma, scena che termina tra l’altro con un getto di bianco latte che scaraventa il protagonista e l’NPC della missione contro un muro: facce godenti, bianco ovunque, e allusioni che politically correct spostati e lanciati dalla finestra.

Questo è Thank Goodness You’re Here.

Thank Goodness You’re Here RECENSIONE | Chiedimi se sono felice

Ah, sarà una delle mie recensioni più brevi per due motivi: è un gioco piuttosto corto (4 ore massimo) e non voglio spoilerare nulla che potresti – e dovresti – invece goderti da sola/o.

Ho una data perché Thank Goodness You’re Here è pieno di momenti così, tra il comico, l’idiota e il vizioso. In fondo lo si capisce dall’intro di gioco che, a là “Tv degli universi paralleli” di Rick & Morty, ci mette davanti alle pubblicità delle specialità locali di Barnsworth, piccola cittadina di un Inghilterra ancora legata alla tradizione mineraria di qualche decennio prima, fra mura di mattoni e quotidianità in cui la cosa più eccitante che può succedere è che il negozio di tortini di carne abbia finito i tortini di carne.

Thank Goodness You're Here RECENSIONE Sì, la segretaria sta incollando con lo sputo le carte allo schermo... dal verso sbagliato
Sì, la segretaria sta incollando con lo sputo le carte allo schermo… dal verso sbagliato

Noi siamo un protagonista senza nome, al servizio di un’azienda che poco si capisce che fa, spedito a Barnsworth per parlare con il sindaco e, immagino, piazzare i nostri prodotti. Il sindaco è occupato per un paio d’ore, però, quindi non ci resta che aspettare (un quarto d’ora, per uno dei trofei più semplici) o uscire dalla porta e avventurarci nella cittadina.

Non ho ancora parlato del genere di gioco perché Thank Goodness You’re Here si ripara, un po’ con malizia, un po’ sprezzante del pericolo, dietro l’etichetta di slapformer (per l’italiano ho coniato personalmente lo splendido “schiafformer”). Il titolo di Coal Supper, al loro secondo lavoro dopo The Good Time Garden (recuperati la pagina Steam per capire i toni di Thank Goodness You’re Here), ha infatti una struttura ludica piuttosto scarna, fatta di salti e schiaffi e poco altro, ma… funziona.

A slap slap here, a jump jump there

Lo scopo di questo gioco non è certo di rimanere memorabile per questo o quello schiaffo, o questo o quel salto, ma per l’assurdità – a volte visiva, a volte situazionale – delle persone e degli eventi che Barnsworth ospita in questo frangente di ore nelle quali si svolge il titolo. Damerini con la mano incastrata in un tombino, un negozio di fish & chips che ha le friggitrici spente da settimane e la cui proprietaria si preoccupa solo ora di chiamare il tecnico perché “i clienti sembravano preferire la frittura a freddo”, o un malizioso buco nella staccionata dalla quale un tizio sconosciuto fa cadere dei wurstel.

È pieno di situazioni paradossali, complice un umorismo che sembra il figlio – un po’ scemo, un po’ genio – di Monty Python e Mister Bean. Se i nostri verbi di gioco sono quindi semplici, appunto quei “tirare una sberla” e “saltare”, le soluzioni agli enigmi non lo sono quasi mai, ma Thank Goodness You’re Here non si nasconde dietro la complessità, quanto piuttosto fa della linearità il metodo di controllo della punchline, della battuta di chiusura della barzelletta.

Thank Goodness You're Here RECENSIONE Ti giuro che non è quello che pensi
Ti giuro che non è quello che pensi

C’è un difetto evidente, in questo contesto, ossia l’assenza dell’italiano. Onestamente sarebbe anche inutile provare a localizzare dialoghi, testi ed elementi del mondo di gioco, poiché non sono solo fortemente radicati nell’utilizzo un po’ sporco e ambivalente dell’inglese più “contadino”, ma giocano su doppi sensi che, essendo propri di una lingua, troppo dovrebbero essere contorti per adattarsi ad un’altra.

Il meta è più importante della coerenza

Ci sono due ulteriori aspetti, più tecnici, a determinare il tono perfetto di Thank Goodness You’re Here: lo stile grafico e il doppiaggio. Il secondo è infatti caricaturale il giusto, e vede in particolare la voce di Matt Berry (il Laszlo Cravensworth di What We Do in the Shadows) in un ruolo non troppo centrale ma sicuramente reiterato nella sua presenza; a volte è l’assurdità di ciò che i vari cittadini diranno, a farci sorridere, a volte è come lo diranno… e a volte una combo delle due.

È però il disegno dei personaggi e degli ambienti la sottolineatura e la cassa di risonanza di un’assurdità che non sono stanco di ripetere: siamo al limite dell’antropomorfismo, qui, con teste quasi sempre macro o microcefale, seni abbandonati alla gravità, caratterizzazioni con la delicatezza di un tram che però non stonano mai, anzi intonano ancor di più il coro, obbiettivo ludico di Thank Goodness You’re Here. Quale? Eh, difficile a dirsi.

Sembra che lo scopo di questo titolo sia sia farti ridere, di gusto, che farti sorridere, che farti chiedere “Ma che ca+++ ho appena visto?”.

È ora di parlare dell’unico vero difetto…

C’è un errore che l’opera di Coal Supper fa, ed è sulla sua struttura di quest: opta per la linearità, l’ho detto, ma la navigazione degli ambienti, poco meno di una decina fra negozi, piazze, tetti e vicoli, è abbastanza strana nella sua connettività. Il luogo A, infatti, è sempre e solo collegato al luogo B, che è a sua volta collegato al luogo C e avanti così fino a fare tutto il giro e a trovarsi a riatterrare su A.

Thank Goodness You're Here RECENSIONE Crisi esistenziale in birrificio
Crisi esistenziale in birrificio

Se infatti la consequenzialità delle aree è utile e, se compresa, rende più serena la run, consapevoli che non ci si può davvero perdere, a volte non è così immediato capire esattamente la nostra destinazione dov’è. Anche la telecamera genericamente molto vicina al personaggio, solitamente centrale, non aiuta ad orientarsi.

Sono errori minori, sia chiaro, ma li vedo personalmente anche come piccole scivolate che bastava davvero poco per evitare. Di contro, però, tutto ricade perfettamente nei toni e parametri di quello che Coal Supper vuole fare. Ironia, sarcasmo, maliziosità, doppi sensi e tanto tanto british humor.


Consigliare Thank Goodness You’re Here è contemporaneamente facile e difficile. Tante volte si è discusso di quanto l’interazione sia essenziale per definire tale un gioco, e sotto questo aspetto, per favore, non aspettarti un coinvolgimento elevato, in fatto di meccaniche o libertà d’interazione… ma non è lo scopo che il titolo si prefissa. Deve e vuole farti ridere, e in questo riesce benissimo, rispettando quatto quatto un’altro significato di ludus, ossia non quello giocoso, ma quello spettacolare, divertente, quasi circense. In questo sì, Thank Goodness You’re Here è un circo, fatto di soli pagliacci, che sono lì, fra trombette e doppi sensi a farti chiedere, anche solo per un istante, se in fondo il pagliaccio… sei tu.

8.5
Se vuoi ridere, è il gioco per te

Pro

  • Ironia in dosi esagerate
  • Lo stile visivo è super caratteristico e caratterizzato
  • I doppi sensi davvero si sprecano

Contro

  • La linearità della mappa crea, stranamente, confusione
Vai alla scheda di Thank Goodness You’re Here
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