Tearaway – Tearaway
È di opinione comune che la PsVita nei suoi anni di vita non sia stata capace a sfruttare a pieno il proprio potenziale, con buona colpa – se non totale, d’altronde – degli sviluppatori. Dotata infatti di un retro touch, un touch pad da sfruttare per tutti i giochi rilasciati per la console portatile, ed un giroscopio, si pensava avesse tutte le caratteristiche degne per creare dei prodotti vincenti; ma dopo il lancio di Uncharted Golden Abyss, che vi permetteva di utilizzare il retro touchpad per scalare montagne e per salire liane o scale, quasi tutti si sono dimenticati che potenzialità avesse la nuova portatile Sony. Ora con Tearaway pare esserci nuova speranza, grazie ai MediaMolecule, già autori di LittleBigPlanet, col quale hanno realizzato una saga di grande successo per l’home e per il portatile.
Portatemi il messaggio
Iota è un messaggero, incaricato di portare una missiva al Tu, il volto che aleggia nel Sole, a mo’ di bambino dei Teletubbies: il Tu siete voi, con la vostra faccia riflessa nel sole grazie alla fotocamera frontale. Arrivare fino al vostro viso, però, non è facile, d’altronde nessuno saprebbe arrivare alla stella più grande e luminosa a piedi. Per questo il viaggio di Iota dovrà procedere fino a trovare un espediente per saltare così in alto: un cannone, una catapulta, un faro o anche la punta del più alto dei monti. Ma ogni suo tentativo sarà ostacolato da due particolari presenze, due deus ex machina: una voce maschile e una femminile, intenzionate ad aiutare e contrastare il percorso di Iota. Ad aiutare la controparte femminile, quella che cerca l’azione e prova a bloccare e deviare il percorso del messaggero, ci sono le Cartacce, i veri avversari di turno, che metteranno scompiglio nell’intero universo di Tearaway, distruggendo il mondo di carta che tanto fragilmente si mantiene in piedi.
Le qualità della Vita
Parlavamo, però, di novità e soprattutto di potenzialità della PsVita finalmente sfruttate, quindi partiamo da queste. Innanzitutto le prime fasi del gioco, quando ancora avrete solo facoltà di camminare, saranno caratterizzate moltissimo dal vostro intervento esterno con le dita: per sconfiggere i primi esemplari di Cartacce dovrete bucare la carta velina che troverete durante il vostro percorso, facilmente riconoscibile per il suo colore grigiastro, usando la pressione delle dita sul retro touchpad. Così facendo vi ritroverete la punta delle vostre dita ben riprodotte a schermo, per vanto di chi ha sempre sognato delle unghie pulite e linde. Ovviamente oltre che bucare la carta velina dal retro potrete anche sfruttare questa mossa per ovviare a tantissime altre problematiche, come far scorrere dei pilastri sui quali salire o anche risolvere determinati puzzle. Le dita posteriori sul touchpad possono anche aiutarvi a spiccare salti più alti con un rapido tocco, che troverà il proprio apogeo nel ritmo dei tamburi, uno dei tanti percorsi predisposti dalla MediaMolecule. Soluzioni interessanti e che danno un po’ di linfa a tutta l’esperienza, ma che comunque creano un po’ di disagio quando c’è da premere il retro touch e allo stesso tempo muovervi con la croce direzionale: non proprio il meglio della comodità.
Altro aspetto performante della PsVita sfruttato in Tearaway è il giroscopio: molto più utilizzato nella parte finale che all’inizio della vostra esperienza, vi troverete a dover bilanciare il mondo nel quale vi trovate muovendovi a mo’ di volante di macchina o inclinandovi in avanti o all’indietro. Infine, tra le interazioni possibili, non c’è da dimenticare l’utilizzo della fotocamera frontale: molte volte la richiesta di fotografarvi o la decisione di inquadrarvi nel Sole potrà essere fastidiosa, soprattutto a chi vuole godersi l’interattività del titolo senza farsi punzecchiare da queste situazioni inutili e parallele all’esperienza, ma c’è da dire che il tentativo di farvi immergere ulteriormente nell’esperienza è lodevole. Va da sé che nel caso in cui decidiate di fotografare il nulla o il buio attorno a voi nessuno se ne accorgerà; diverso il caso in cui, come spesso accadrà, vi sarà chiesto di disegnare qualcosa come una zucca o una stella: se disegnerete tutt’altra cosa non potrete soddisfare l’obiettivo e non potrete andare avanti. L’unico problema è che le richieste di disegnare saranno slegate da moltissime attività, tranne rarissime occasioni: vi sarà chiesta una zucca per far capire cosa state cercando per completare il vostro spaventapasseri oppure vi sarà chiesto di mostrare a uno scoiattolo com’è fatta una stella, ma tante altre volte le pretese degli NPC saranno totalmente inutili ed evitabili. Scelte che a lungo andare rischiano di annoiare il videogiocatore.
Un mondo di cartacce
Dal punto di vista ambientale e stilistico, però, Tearaway vince senza alcun problema e a mani basse. Ci si innamora facilmente dell’ambientazione, totalmente di carta e pensata per rendere al meglio nell’unione con la vostra protesi digitale. Ogni aspetto del vostro universo sarà particolareggiato e colorato singolarmente, con delle texture molto dettagliate e attentissime a centellinare i colori. Non mancheranno, a prescindere dai percorsi scriptati del vostro percorso, anche delle rappresentazioni maestose degli NPC che compariranno raramente durante i video, interamente doppiati in italiano. Intrecci di carta, che potrete modificare con le vostre dita scorrendole sul touch, per aprirvi nuovi passaggi. Inoltre la varietà stilistica è offerta anche dalle Cartacce, che si dimostreranno varie e variopinte nel corso dell’avventura, richiedendo anche altre azioni da parte vostra al di fuori del tocco sul retrotouch.
Fausti messaggeri
Quello che più fa storcere il naso in Tearaway, però, è la monotonia, perché dopo qualche ora di gioco il tutto si limiterà a un semplice ripetere le medesime azioni. Inoltre con le scelte discutiibilissime di trama e lo scenario che trova espedienti banali per poter allungare il brodo, l’intero prodotto annoia presto e vi domanderete quando troverete la soluzione dell’enigma primordiale per poter porre fine a quello che rischierebbe di essere straziante. Nella parte finale della vostra avventura, poi, per giustificare l’imminenza della vittoria e del raggiungimento dell’obiettivo, Tearaway si trasforma in un platform senza difficoltà, privato dei percorsi irti che lo avevano reso complesso e avevano richiesto varie modalità per sconfiggere i nostri nemici, qui completamente spariti. Un procedere rapido, dettato dalla voglia di giungere al termine, ostacolato dal nulla, anzi favorito dal formarsi autonomo di sentieri disegnati in terra. Tearaway, insomma, si veste di un abito poco piacevole: poteva essere una rivoluzione, ma invece è un tentativo a metà, un titolo monco, un prodotto che dice e non dice. Come fu d’altronde LittleBigPlanet, che dalla sua aveva una creatività maggiore, oltre al potere della condivisione. Qui anche la rosa ne è uscita spampanata.