Superhot VR – Recensione PlayStation VR

Che Superhot VR non sia un gioco destinato ai puri di cuore è ben chiaro sin dall’incipit: la soverchiante quantità di bestemmie in grado di fuoriuscire dalle fauci di qualsivoglia essere cogitante, incurante videogiocatore della creazione firmata Superhot Team, destabilizzerebbe infatti anche il più devoto tra gli uomini. Fossero attimi sacrileghi innescati da un livello di difficoltà talmente elevato da far sembrare easy un problema di meccanica quantistica, potremmo anche punteggiare questa review di sbrodolanti odi al coraggio dimostrato dai developer nel confezionare un prodotto arduo ed estremamente complicato da detronizzare.

Il caso vuole, tuttavia, che gli improperi svolazzanti nell’aere siano quasi in toto dedicati alla claudicante implementazione di un’idea di gioco potenzialmente divertentissima.

Così come egregiamente delineato nella nostra recensione dedicata alla versione “liscia” di Superhot, questo strambo “giochillo” unisce la frenesia dello sparatutto in prima persona alle più rilassate meccaniche di un rompicapo. La missione dell’homo ludens resta quella di affettare ciascun nemico, pena subitanea la dipartita nel Regno dei Cieli. Lo scorrere del tempo, e conseguentemente la distanza spaziale che separa le retine del videogiocatore dai rossastri deretani dei felloni ospitati dal codice binario del gioco, tuttavia, è regolamentato dagli spostamenti delle maleodoranti membra del sudaticcio player.

Qui casca l’asino: il sistema di tracking del quartetto costituito da headset, due PlayStation Move nonché PS Camera, in più di qualche occasione si è dimostrato affidabile quanto un qualsivoglia prodotto venduto da Wanna Marchi. Il gameplay è basato su tre basilari azioni, fondamentalmente: raccogliere le armi, sparacchiare senza paura verso la feccia nemica e schivare gli avversi fendenti. Peccato che, in mancanza di adeguato motion tracking, già il primo degli step vada a farsi benedire.

Piuttosto che riprodurre pedissequamente le movenze dell’accaldato videogiocatore, Superhot VR traduce alcuni movimenti in una maniera decisamente poco consona alla tensione ludica, in particolar modo quando gli strumenti offensivi prelevabili dagli ambienti sono posizionati a terra o comunque nella porzione inferiore dello schermo. È in quegli istanti, quando ovvero il tracking perde la bussola e le virtuali mani del videogiocatore assumono posizioni che neanche le pelose zampe del gigantesco crostaceo di Genji 2 potrebbero replicare, che il fruitore prende il calendario e inizia a disturbare il riposo di ogni singolo santo conosciuto.

Peccato, perché Superhot VR avrebbe potuto configurarsi come una vera e propria killer app per il set di realtà virtuale targato Sony, caratterizzato com’è da una serie di missioni di breve durata, perfetta per un’esperienza mordi e fuggi di questo tipo. Grazie anche a una veste cosmetica peculiare e distintiva, Superhot VR regala infatti sensazioni davvero diverse dai soliti shooter, copulando con le cervella del disincantato gamer sino a fargli credere di essere Keanu Reeves in Matrix. In queste spoglie, invece, la produzione rientra nel novero di quei ninnoli da tenere sulla propria scrivania binaria, da rispolverare una volta ogni tanto, senza esagerare.

Superhot VR non costituisce un semplice FPS: distaccandosi dalle produzioni similari, introducendo un sistema di gioco cogito-ergo-sparo, la creazione binaria di Superhot Team mira a plasmare la mente del videogiocatore medio, proiettandolo in una pensosa dimensione in cui non vince chi spara per primo. Le virtù correlate alla necessità di pianificare attentamente ogni mossa si scontrano con un sistema di tracking a volte decisamente infelice, che impedisce a Superhot VR di rifulgere all’interno della nutrita schiera di titoli PlayStation VR attualmente disponibili.