Superbrothers: Sword & Sworcery EP – Recensione Superbrothers: Sword & Sworcery EP
Arte videoludica
Il legame tra arte e prodotti videoludici, in un mercato in gran parte composto da titoli più commerciali, viene ormai affidato a piccole opere di nicchia, titoli destinati ad una distribuzione quasi sottobanco e sui circuiti online (vedi gli ottimi Limbo, Flower, The Journey, REZ e altri, disponibili solamente nei rispettivi Marketplace e Playstation Store). Tra questi titoli talvolta emerge il prodotto atipico, che non teme di ignorare tutte le regole del videoludo commerciale, preferendo affidarsi a una ricerca stilistica e artistica unica. Forti di queste convinzioni, gli sviluppatori di Capybara Games crearono uno dei titoli più originali, onirici e affascinanti della storia (non stiamo esagerando, molti utenti considerano il titolo uno dei migliori nel suo genere). Uscito inizialmente solo sulle piattaforme iPad e iPhone nel 2011, e l’anno successivo anche per Pc Windows/Mac, Superbrothers Sword e Sworcery (è scritto proprio così) è un titolo che risulta più un’opera d’arte audiovisiva e un affascinante viaggio, piuttosto che un titolo classico.
Narrazione onirica
La storia di Sword e Sworcery inizia come un pacato racconto narrato da un distinto signore elegantemente vestito e con il classico sigaro fumante, un racconto che parte da una fanciulla, conosciuta come Scythian, disorientata e persa in un mondo dalle atmosfere oniriche e ovattate. La protagonista affronterà un viaggio alla ricerca di un antico libro, conosciuto come Megatome, che tra i vari poteri ha quello di poter leggere nella mente dei vari personaggi incontrati, fornendo in questo modo indizi utili per la nostra avventura. In seguito al ritrovamento del libro, che verrà poi gestito tramite la rotazione dell’accelerometro dell’iPhone. La ragazza inizia a entrare in contatto con personaggi dalle caratteristiche affascinanti e uniche, ma mai completamente rivelate, quali uno schivo boscaiolo (Logfella), un fedele cane (Dogfella) e una fanciulla conosciuta semplicemente come the Girl. Le successive imprese della nostra alter ego virtuale, armata di un semplice scudo, una spada e uno zaino, saranno dedicate al recupero dei frammenti di un elemento noto come il Trigon (che somiglia molto alla Triforza della saga di Zelda) in una storia divisa in quattro paragrafi. Alla fine di ognuno un intermezzo del distinto signore di cui parlavamo all’inizio, conosciuto come Archetype, ci narrerà i progressi compiuti fino a quel momento, invitandoci a condividere frasi e impressioni tramite Twitter, utilizzando un’opzione incorporata nel titolo stesso.
Il ritorno del clic
Il sistema di controllo del titolo Capybara somiglia molto al classico punta e clicca delle avventure grafiche, ma ne rinnova e ne aumenta le possibilità tramite riuscite aggiunte legate all’uso dell’accelerometro incorporato nell’iPhone. Un doppio clic sullo schermo permette di spostare la nostra protagonista, e il classico zoom già utilizzato per le immagini salvate sulla piattaforma Apple (per intendersi quello dove bisogna tenere due dita sullo schermo e allontanarle per ingrandire le immagini) permette qui di restringere o espandere la visuale. Le poche sezioni di combattimento vengono gestite inclinando l’iPhone e posizionandolo in verticale, permettendo così di passare a una visuale più ravvicinata e provvista di due semplici comandi per parare i colpi e attaccare. A livello di sistema di controllo nulla di complicato. Ben diverso il discorso per quanto riguarda gli enigmi che incontreremo nel corso della nostra avventura. Questi infatti sono ben lontani dal classico "usa l’oggetto giusto nel punto giusto", tipico delle avventure grafiche, e dipendono più dalla comprensione dello scenario e dei singoli elementi che lo compongono, oltre che dalla necessità di immedesimarsi nella colonna sonora, con la quale molti enigmi sono collegati. Gran parte di tali enigmi risulta abbastanza intuitiva, complici anche gli indizi forniti dagli altri personaggi (un avviso: il titolo fa uso esclusivamente della lingua inglese, per giunta in una forma piuttosto forbita e ricercata), ma altri potrebbero risultare criptici, dipendenti più da una sperimentazione continua degli elementi sullo schermo, piuttosto che da una qualche logica. Alcuni enigmi sono persino collegati con le fasi lunari nella vita reale: se ci viene chiesto di aspettare la luna piena per risolvere un enigma, dovremo realmente aspettare la fase lunare giusta, e barare sul timer incorporato nell’iPhone, spostandone la data, impedirà di raggiungere la percentuale più alta di gioco (riportata vicino a un disco in vinile che appare nella schermata iniziale). Questo è uno dei molti elementi che contribuiscono a sfumare il confine tra questa avventura (tra l’altro piuttosto breve, si porta a termine in 4-5 ore) e la vita reale, ma potrebbe non piacere a tutti. E’ un titolo esplorativo e molto evocativo, con rare fasi di combattimento che risultano comunque legate alla memorizzazione degli schemi d’attacco avversari, e la natura stessa del sistema di controllo e degli enigmi, in parte legati all’uso dell’accelerometro, rende la versione iPhone la più accessibile e giocabile, rispetto alle pur buone portabilità per Pc/Mac.
Il pixel allo stato dell’arte
La realizzazione tecnica di Sword e Sworcery è probabilmente quella che più avvicina il titolo a una vera e propria forma d’arte. La grafica fa uso di personaggi e sfondi realizzati in pixel grezzi che, anche se in alta definizione, richiamano molto le tecniche grafiche utilizzate nei titoli videoludici degli anni ’80, elevandole a virtuosismi che raramente si riscontrano in questo genere di prodotto. Ogni elemento dei personaggi, e soprattutto dello scenario, trasmette una sensazione costante di meraviglia, l’impressione di trovarsi immersi in un sogno, in una dimensione alternativa. Raramente un prodotto videoludico è riuscito a replicare così bene una sensazione di onirica evasione. Alberi, montagne, case, rocce, piante, laghi, effetti di luce e ombra, tutto è sapientemente disegnato e gestito per trasmettere una immersione totale in un mondo di fantasia, amplificata anche dall’ottimo comparto sonoro. Gli effetti audio del titolo sono di una pulizia e di un realismo eccellenti, e lo stesso vale per la colonna sonora, composta da un Jim Guthrie qui in stato di grazia e che ricorda molto il Jean Michel-Jarre degli anni migliori, dal titolo The ballad of the space babies e talmente evocativa da essere stata pubblicata a parte su iTunes Store e persino in una rara versione in disco vinile (sì, proprio quegli LP che ultimamente sembrano vivere una seconda giovinezza).
Un viaggio inaspettato
Difficile limitare Sword e Sworcery a un genere ben definito, dal momento che il titolo supera i canoni del prodotto videoludico classico e diventa un’esperienza unica che potrebbe scoraggiare gli utenti poco abituati a tematiche così sperimentali. La valutazione finale intende soprattutto premiare l’originalità e il coraggio degli sviluppatori. Elementi quali la possibilità di condividere le esperienze tramite Twitter, gli enigmi collegati alle reali fasi lunari, l’immersione permessa dall’eccellente comparto tecnico rendono molto sottile il confine tra esperienza videoludica e vita reale. Il titolo Capybara deve essere vissuto, più che giocato. La protagonista stessa ammette di essere guidata dalle mani di una divinità che risulta essere il giocatore stesso. Indubbiamente non è un titolo adatto a tutti, complice anche alcuni enigmi non proprio intuitivi, ma chi si lascerà prendere dalla sua originalità, dalla poesia, dall’eccellente realizzazione tecnica e dalle numerose invenzioni stilistiche e di gameplay, troverà in Sword e Sworcery uno dei migliori e più maturi prodotti dello scenario videoludico.