Steins;Gate Elite – Recensione
“Sono io. Sono stato incaricato di scrivere su Steins;Gate Elite. L’Organizzazione potrebbe cercarmi dopo questa presa di posizione, stanare il brillante scienziato che vuole portare il caos nel mondo, ma questa… questa è la volontà di Steins;Gate“.
Nel 2009 arrivò una visual novel intitolata Steins;Gate con il preciso obiettivo di rivoluzionare il genere. Era solo il secondo titolo della serie denominata Science Adventure, di quelli caratterizzati dal punto e virgola e sviluppati da 5PB, Nitroplus e Chiyomaru Studio, ma Steins;Gate era destinato ad avere più successo del precedente (Chaos;Head) e diventare il capostipite di un franchise così ramificato da arrivare fino ai giorni nostri, ben dieci anni dopo.
Steins;Gate Elite è infatti la versione definitiva di una visual novel nata, come vuole il genere, in Giappone, per poi arrivare sulle pagine in bianco e nero dei manga e ottenere una versione anime di 26 episodi andata in onda nel 2011 grazie a White Fox, considerata tra i migliori anime di questo secolo. Forma con cui – forse – Steins;Gate è più conosciuto e forma che è diventata la base per il nuovo progetto di Chiyomaru Shikura: la versione Elite di questa serie fantascientifica riprende, infatti, le animazioni del cartone giapponese abbandonando la visual novel classica e statica per centrare quello che era l’obiettivo del lontano 2009: rivoluzionare il genere della visual novel e quello che rappresenta.
Riproposto in tutto il mondo da Spike Chunsoft (Jump Force), Steins;Gate Elite racconta di Rintaro Okabe, che sotto l’aura sinistra e irriverente dello scienziato pazzo Kyoma Hooin – come preferisce essere chiamato – cela uno studente universitario squattrinato che nonostante tutto riesce ad affittare un piano dell’edificio del gagliardo Mister Braun, che ha un negozio di televisori a tubo catodico. Nel monolocale trasformato in un laboratorio, con tanto di camice ufficiale, Okabe ha in piano di portare il mondo nel caos con i suoi strampalati esperimenti. Ad aiutarlo ci sono i membri del laboratorio #002 e #003: la dolce e ingenua Mayuri Shiina, sua amica d’infanzia, e Itaru “Daru” Hashida, un pervertito con la preziose dote di essere un ‘super hacka’ che si rivela essere l’ideale braccio destro dello scienziato autodefinitosi pazzo.
Essendo il gioco una visual novel, la trama è più che di primaria importanza: è tutto. Per chi muovesse i primi passi nel genere, sappia che l’interazione è ai minimi storici. Il gameplay risulta ridotto all’osso da una trama cannibale che prevede che si segua la sua storia con poca interattività. È quindi fondamentale accennare alla piega (senza dubbio intrigante) che prende Steins;Gate Elite nel corso dei primi minuti di gioco.
Braccato (nella sua mente) da un’oscura Organizzazione, Okabe nutre un grande interesse per la teoria sui viaggi del tempo, arrivando presto a seguire la conferenza di un certo professor Nakabachi che finisce per chiamare frode: per Okabe, Nakabachi è reo di aver rubato la sua teoria a John Titor, presunto membro della Resistenza che compie un viaggio nel tempo per avvertire molti anni prima il mondo dalla minaccia del SERN (Società Europea per la Ricerca Nucleare), che è riuscita in segreto a costruire una macchina nel tempo e a instaurare una distopia globale nel 2036. In questa distopia non ci sono guerre, non c’è internet, il concetto di viaggiare è completamente eradicato, come anche le scelte individuali, avvizzite sotto l’illusione di una falsa pace.
Titor scriveva su @channel, una specie di Reddit nel mondo di Steins;Gate, fino a sparire in maniera misteriosa lasciando una ricca eredità ai cospirazionisti – tra cui, ovviamente, Rintaro Okabe figura in prima linea.
Nello stesso edificio, Okabe farà la conoscenza di Kurisu Makise, ragazza genio sua coetanea con la quale si crea una strana complicità nonostante le divergenze di idee e di carattere. Dopo un fugace primo incontro, il secondo sarà molto più scioccante: lo scienziato pazzo vedrà Kurisu riversa nel suo stesso sangue, morta. Sconvolto, il suo primo pensiero dopo la fuga sarà mandare una e-mail, principale sistema di comunicazione, all’amico Daru e – inconsapevolmente – diventerà protagonista del primo di una lunga serie di viaggi nel tempo che caratterizza l’opera.
Okabe arriverà in una linea temporale in cui Kurisu non è mai morta, e che anzi finisce per diventare membro dello sgangherato laboratorio, sopportando gli appellativi più variegati scelti per lei da Okabe. Come “assistente”, Kurisu sarà fondamentale nello scoprire che una delle invenzioni del laboratorio, un microonde telefonico, cela più di quello che da a vedere. Legato a doppio filo con un cellulare, il microonde ha la funzione di mandare email (poi d-mail) nel passato con il potenziale di cambiare il futuro.
Grazie anche all’aiuto di John Titor, ritornato in questa linea d’universo, Okabe e gli altri riescono a hackerare il sito del SERN dopo aver cercato in maniera spasmodica l’IBN 5100. Attraverso questo computer con la capacità segreta di leggere i linguaggi proprietari del SERN (parodia del reale IBM 5100 Portable Computer), riescono a scoprire la terribile cospirazione che avrebbe portato tra vent’anni alla distopia profetizzata dal viaggiatore del tempo, attivandosi per soffiare al laboratorio di fisica delle particelle il primato sulla macchina del tempo per preventivare il futuro pseudo-utopico.
Questo, a grandi linee, è l’incipit di Steins;Gate. La versione Elite non apporta alcun cambiamento alla trama, ma sostituisce la grafica più classica della visual novel con le stesse animazioni dell’anime. Questa operazione costituisce il perno della discussione su Steins;Gate Elite: è un lavoro svogliato oppure ciò a cui tutte le visual novel dovrebbero aspirare? La risposta che ci sentiamo di dare è: metà e metà.
Se è vero che una qualità e una profondità di questo tipo sono aliene al genere, è anche vero che le fondamenta del titolo sono le animazioni che hanno reso Steins;Gate un prodotto di successo. Steins;Gate ha avuto il boom grazie alle potenzialità della materia di base (videogioco) ma soprattutto grazie alla versione anime, che l’ha reso un vero prodotto di massa e a cui la versione Elite è riconoscente al punto di dovergli quasi tutto, a partire dalle animazioni che sono prese in maniera totale dai ragazzi di White Fox. Chi ha visto l’anime, che di per sè è un prodotto più accessibile (è disponibile su Netflix) e arrivato in Italia con un ottimo doppiaggio, deve arrivare verso la fine di Steins;Gate Elite per vedere qualcosa di nuovo e inedito. La storia e la “grafica”, se vogliamo chiamarla così, è la stessa.
Ecco il problema di Steins;Gate Elite: esiste l’anime. Da questo punto di vista, riprendere le animazioni del 2011 e riproporle nel medium videoludico spacciandola per una versione definitiva – che è, per quanto concerne il videogioco – potrebbe apparire quindi come un’operazione di mercato per rivitalizzare lo studio di sviluppo e rimpinguare le casse.
C’è da dire che Steins;Gate Elite offre meno e più della sua controparte animata, come i finali multipli che non hanno trovato spazio nel cartone giapponese, e che per questo sono corollate da animazioni nuove di zecca commissionate alla stessa White Fox nel videogioco. I diversi finali sono presenti nella versione originale (2009), verso cui vogliamo spezzare una lancia per i colorati disegni in stile manga che gli conferivano un’identità e una caratteristica che è stata sacrificata giocoforza nella Elite.
I dettagli e gli approfondimenti presenti solo nell’edizione videoludica finiscono per essere un complemento gradito del bellissimo universo di Steins;Gate ma non tanto da giustificare il prezzo di vendita. Il prezzo consigliato della Elite è infatti 60 euro. Un investimento che lo accosta ai più blasonati tripla A ma con cui non può rivaleggiare per il fatto di essere arrivato con anni di ritardo. Per la quasi totalità della storia, ci siamo trovati a premere il tasto X per far avanzare i dialoghi. È un tacito patto con il genere delle visual novel quello di chiedere al giocatore quella passività innaturale nel videogioco e portarlo per mano pagina dopo pagina come se fosse un romanzo su schermo.
Le uniche fasi con un po’ di pepe sono costituite dal cosiddetto “phone trigger”, un sistema che permette (a volte) di far rispondere Okabe alle e-mail ricevute a particolari frasi sottolineate in blu nel messaggio come se fossero collegamenti ipertestuali. Le diverse risposte alterano con il tempo il corso della storia fino ai possibili finali alternativi sopra citati. Il fatto è che la funzione “phone trigger” è scriptata, vale a dire che salta fuori quando è il gioco a deciderlo. Serve solo un tasto per giocare a Steins;Gate Elite e nemmeno quello, data l’esistenza del tasto a schermo “auto” che rende i dialoghi automatici. Basta posare il controller e godersi lo spettacolo, ma a questo punto è preferibile guardare la versione anime, che costa un sesto in meno al videogioco con un abbonamento Netflix.
Il gioco permette di salvare in qualunque momento, centellinando e personalizzando la propria esperienza con gli impegni della vita quotidiana. Quello che poteva essere portato su questa versione Elite era un doppiaggio alternativo a quello giapponese, unico presente nel titolo. Siamo consapevoli che chiedere il doppiaggio italiano (ripetiamo, ottimo e caratterizzante) sarebbe come chiedere la luna, ma ci saremmo aspettati almeno quello inglese, lingua limitata ai soli sottotitoli. Chi non mastica né il giapponese né l’inglese, potrebbe non godersi la storia di Steins;Gate come merita.
Steins;Gate Elite infatti regala bei momenti e intense riflessioni, da quelle più classiche sui viaggi nel tempo – supportate da spiegazioni scientifiche – a colpi di scena e personaggi che rimangono nel cuore grazie alla loro caratterizzazione. Per non dimenticare il carisma invidiabile di Rintaro Okabe, il vero rubacuori del titolo, protagonista di due delle dieci short stories che compongono un contenuto “esclusivo” per la PlayStation 4, versione da noi recensita, il Linear Bounded Phenogram, (uscito originariamente nel 2013 per PlayStation 3, Xbox 360 e PlayStation Vita), che permette di affezionarsi ai personaggi e approfondire le loro storie.
Vi abbiamo svelato solo una manciata dei personaggi presenti nel titolo, infatti, ma siamo sicuri che non vi dimenticherete di nessuno quando la parola fine – qualunque essa sia – andrà a oscurare lo schermo come l’ultima pagina di un romanzo.
Se non altro, anche grazie al dizionario dei termini scientifici utilizzati in Steins;Gate Elite che formano un compendio interessante sul mondo costruito da 5PB per comprendere vocaboli informatici, scientifici e culturali (come gli onorifici giapponesi, il SERN e tutte le invenzioni del Future Gadget Laboratory) Steins;Gate viene tratteggiato, dopo un viaggio lungo dieci anni, in maniera sì completa, ma forse meno curata di quanto poteva essere.
Steins;Gate Elite è un gioco che può dividere la platea videoludica: da una parte abbiamo una storia fantascientifica tra le più belle degli ultimi anni, dall’altra un parziale copia e incolla della sua versione anime precedente. Steins;Gate è stato riproposto in varie salse, questa volta in una versione designata come risolutiva dalla mamma che lo ha generato, sicuramente a un prezzo più alto del dovuto. Un’anime in cui siamo noi a dettare i ritmi, per la sua natura di visual novel presenta un’inerzia non adatta a tutti i palati. Vergini dall’esperienza animata la versione Elite si incastona nel genere come la sua gemma più preziosa, forse, ma al corrente di essa… Rintaro Okabe potrà anche intraprendere diverse strade al crocevia delle linee temporali, ma l’ombra della versione anime si staglia in maniera quasi imperante su di lui e il titolo che rappresenta. E non ci sono divergenze che tengano. Questa è la scelta di Steins;Gate.
Pro
- Deve piacere il genere
- Grafica uguale all'anime
- Storia coinvolgente
- Personaggi indimenticabili
- Finali multipli
Contro
- Passivo
- Appunto, grafica uguale all'anime
- Solo doppiaggio giapponese
- Sovrapprezzato