Statik – Recensione
Se è vero che Resident Evil 7 ha saputo guadagnarsi lo status di primo gioco di peso destinato (anche) a PlayStation VR, allora risulta incontrovertibile non constatare come Statik sia, de facto, l’escape room definitiva dedicata al visore Sony.
Sebbene non possa essere definita esperienza propriamente durevole, considerando come l’intera offerta giocosa possa essere archiviata in una manciata di ore senza fornire alcun briciolo di rigiocabilità, Statik si erge infatti nell’ambito del panorama di titoli destinati alla realtà virtuale per il suo approccio unico, decisamente votato al puzzle più estremo.
L’homo ludens viene gettato, senza remore alcuna, nel cuore di una stanza asettica, con pochissime spiegazioni e le proprie mani rinchiuse all’interno di una sorta di magic box di metallo, vero e proprio cuore pulsante delle sfide proposte.
In ciascuno dei nove livelli sciorinati da Statik, la conformazione di questa particolare scatola viene astutamente modificata, accogliendo elementi e funzionalità assolutamente necessarie per la corretta risoluzione degli enigmi. Il giocatore viene pertanto lasciato alla mercé di sé stesso, esattamente come sarebbe accaduto in un Saw qualsiasi.
Il gusto per la scoperta viene alimentato dal fatto che, a ogni stage, la configurazione di questa scatola venga modificata in toto, spalancando le porte di un gameplay incentrato, almeno inizialmente, sulla comprensione di ciò che sia veramente possibile fare.
Da notare come la pressione di ciascun tasto offerto da Dual Shock 4 sia diretta complice nello sfruttamento di una specifica parte di questo peculiare involucro meccanico, per cui comprendere in quale maniera ogni centimetro quadrato del pad di PlayStation 4 venga correlato al box diviene pratica fondamentale, in fase di briefing.
Si analizza l’ambiente circostante alla ricerca di indizi, si studiano i controlli e, successivamente, si prova a risolvere l’indovinello proposto. Un trial and error sempre piacevole e mai frustrante, considerando la bontà delle sfide incluse in Statik, perfettamente traghettato nelle retine del videogiocatore, gradevole pure dal punto di vista visivo.
Seppur non impressionando, esteticamente la produzione targata Tarsier Studios palesa una certa attenzione per il dettaglio nonché una notevole ricercatezza estetica che, per molti versi, rimanda a Portal.
Stanze dominate da tonalità biancastre, slavate, che fanno spesso risaltare tutti quei piccoli hint necessari al completo addomesticamento dei puzzle di cui è composto il gioco.
In chiusura di review, da evidenziare come, dopo aver terminato Statik, sia possibile prender parte a una serie di riddle contraddistinti dalla necessità di cooperare con un altro giocatore, collegato via PlayStation App in secondary screen.
Statik è una vera e propria sorpresa, un fulmine a ciel sereno e solida dimostrazione di quanto un progetto nato e cresciuto con la VR in mente possa davvero rappresentare qualcosa di fresco e gradevole, anche nell’ambito di generi già consolidati. Statik è puzzle game che, sebbene non contraddistinto da una longevità complessivamente esagerata, merita di essere giocato.
Pro
- Puzzle interessanti
- Originale e divertente
- Ottimo livello di sfida
Contro
- Un po' corto