Spelunky 2 – Recensione
Spelunky è uno dei primi giochi indie veramente famosi. Giunto sul finire del 2008 su PC come freeware, il gioco di Derek Yu ha riscosso un successo tale da convincere Microsoft a pubblicare nel 2012 un remake per Xbox 360 fra i suoi Xbox Live Arcade, rifacimento che poi è giunto anche sulle macchine di Sony (PlayStation 3, PlayStation Vita e PlayStation 4) nel 2013 e l’anno successivo.
Spelunky 2, uscito un paio di settimane fa su PlayStation 4 e in arrivo su PC fra un paio di giorni, chiaramente è il sequel di quel remake.
Spelunky è un platform bidimensionale a scorrimento (per lo più) orizzontale generato proceduralmente, sicché ogni partita risulta unica, anche se esistono comunque quattro mondi di riferimento, caratterizzati da setting e altre caratteristiche peculiari. L’obiettivo è presto detto: partendo da un punto A, bisogna raggiungere un punto B (l’uscita del livello), solitamente posto più in basso. Per farsi strada, il giocatore ha a disposizione un corredo standard, composto da una frusta e da alcune bombe e corde, ma può reperire altri oggetti utili in giro per gli schemi.
Fra le sue fonti di ispirazione, possiamo citare non solo l’immortale Super Mario, ma anche il vecchio Rick Dangerous e il finto vecchio La-Mulana, uscito nel 2005, ma apertamente ispirato all’epoca di MSX. La generazione randomica dei livelli lo avvicina allo scorbutico genere dei roguelike, con cui condivide anche l’assenza di checkpoint, con la conseguenza che ogni morte porta a ricominciare il gioco daccapo. Inesorabilmente. E morirete centinaia di volte…
Proprio la difficoltà costituisce una delle caratteristiche più evidenti – e per taluni scoraggianti – del gioco, che adotta il vecchissimo modus operandi denominato trial and error, tanto caro al gaming antico. Le prime decine di run (della durata di qualche manciata di secondi o tuttalpiù di qualche minuto) servono per cominciare a conoscere nemici, trappole, power up… insomma, tutto ciò che vada oltre ai comandi del tutorial. Un approccio hardcore che ha premiato l’opera di Derek Yu.
Spelunky 2, sviluppato da Mossmouth (one-man studio del già citato Derek Yu) e programmato da BlitWorks (che si era occupata dei port per le console Sony), non si prefigge in alcun modo di rivoluzionare la formula che ha decretato il successo del suo predecessore; d’altro canto, il suo autore ha dichiarato di intendere i sequel come “estensioni dei giochi precedenti”, quindi non c’è di che stupirsi.
La prima aggiunta è la trama: ci troviamo sulla Luna (che pensavo fosse molto diversa, N.d.R.) alla ricerca non soltanto di tesori, ma anche e soprattutto della nostra famiglia: Anna, infatti, è figlia del protagonista del primo gioco. Al di là di queste facezie, che non impattano sul gioco, Spelunky 2 presenta tutta una serie di aggiunte e di modifiche molto più pregnanti. Forse la principale è data dall’introduzione delle cavalcature, disponibili peraltro anche per i nemici: saltando su un animale (un tenero cagnolino, o un tacchino, o molto altro ancora), è possibile addomesticarlo e poi cavalcarlo, ottenendo un importante incremento della propria mobilità; certo, ci sono delle limitazioni (non si può arrampicare, ad esempio), ma è anche possibile conservare l’animale da un livello all’altro.
A proposito di livelli: in Spelunky 2 sono di più, e sono aumentati anche i biomi, anche se le variazioni su tema sono sempre quelle, più o meno: c’è il mondo vulcanico, c’è la giungla e così via. Tuttavia, la presenza di bivi (il primo porta proprio ai succitati mondi) stempera la linearità e prevedibilità degli ambienti. Poi, ovviamente, esistono ancora le scorciatoie e livelli segreti post-game difficilissimi da raggiungere e superare, ma vi servirà una guida per arrivarci. Oppure decine di ore di esperimenti. Oppure abilità sovrumane.
È abbastanza per promuovere Spelunky 2 a pieni voti? Secondo noi sì. Il gioco assomiglia senz’altro al suo predecessore, e questo non è un male visto che è stato uno dei migliori indie della scorsa decade. Tutto quello che funzionava in Spelunky è stato portato nel sequel, senza sbavature, a partire dal sistema di controllo. Alcune cose sono state pure perfezionate – un esempio: nella modalità multiplayer online i giocatori non sono più limitati nei movimenti dalla necessità di restare nella porzione di schermo occupata dal player one.
Tuttavia, manca irrimediabilmente di quell’effetto novità che contribuì al successo di Spelunky, che faceva parte di una wave, per così dire, di titoli indipendenti duri e puri, come Braid e, soprattutto, Super Meat Boy. Anche Spelunky 2 rientra nel novero, però ormai non sorprende.
Spelunky 2 è senz’altro un ottimo sequel, che non inventa (né reinventa niente), limitandosi a espandere la formula originale con piccoli aggiustamenti e novità più o meno impattanti sul gameplay. Ancora una volta dovrete armarvi di molta pazienza e addentrarvi nelle caverne, ma l’esperienza si rivelerà appagante.
Pro
- Funziona ancora a meraviglia
- Un buon numero di piccole novità
- Più vasto di Spelunky...
Contro
- ... ma non necessariamente migliore
- Può risultare frustrante