Silent Hill: Homecoming – Recensione Silent Hill: Homecoming

Quella collina silenziosa

Si può dire che le grandi case videoludiche giapponesi abbiano tutte le loro saghe horror. La Capcom ha il suo bel Resident Evil, la Squaresoft (ora Square-Enix) Parasite Eve, e la Konami, beh, la Konami ha Silent Hill. La terrificante saga horror made in Konami ha da sempre spopolato tra gli appassionati di survival horror e di giochi dall’atmosfera lugubre e spaventosa, brillando più per il plot psicologico ed introspettivo, che per il terrore e l’azione di gioco. A dare maggior risalto a questa scelta stilistica, ecco che ci si metteva l’Other World, mondo parallelo esistente dentro la testa del protagonista, popolato di mostri e altre terribili entità. Così come ogni saga che si rispetti, anche Silent Hill approda su Nex Generation, e il capitolo creato dagli sviluppatori per questo salto generazionale è "Homecoming", sesto della saga partorita da Konami, sviluppato dagli americani della Double Helix.  Cosa dovremo attenderci da questo nuovo SH, paura, orrore, disperazione? Questo è sicuro, resta da capire se l’orrore sarà per la bellezza del gioco, o al contrario per la sua orrenda realizzazione.
Bando alle ciance, dunque, e analizziamo assieme questo Silent Hill: Homecoming.
 

Ma che bella boccuccia!

 

Il ritorno a casa…

Il protagonista di quest’oscura vicenda si chiama Alex Sheperd, non proprio un uomo come tanti, come la saga ci aveva abituati, bensì un veterano di guerra che, così come suggerisce il titolo (Homecoming, ritorno a casa appunto), torna nella sua città natale, Sheperd’s Glen, finalmente libero dai fardelli della guerra. In realtà, com’è presto intuibile, il nostro Alex non avrà tempo per un meritato riposo, perchè la ridente cittadina è diventata una landa desolata solcata da nebbia e assordante silenzio di tomba. I suoi cittadini, un tempo normali persone, ora sono caduti in un’anormale depressione, che li costringe a vivere in un mondo irreale, frutto della loro mente. Il nostro protagonista, da prima preoccupato, capitombolerà nel terrore più puro quando verrà a conoscenza della scomparsa del padre e del fratello, introvabili in quel mare di nebbia e orrore che, pian piano, sembra fuoriuscire sottoforma di presenze sinistre e terrificanti. E anche per Alex, quella che era la solida realtà, inizierà a sfumare nella nebbia, fondendosi con l’irreale e inquietante mondo degli incubi. 

Normale essere umano? Ma che dici?! Ho il petto bucato da spille!

Vi ricordate i precedenti Silent Hill? Vestivamo i panni di una persona comune, senza addestramento, in bilico tra terribili mostri e inquietanti presenze. In questo sesto episodio, invece, il nostro alter ego virtuale sarà niente di meno che un veterano di guerra, quindi avvezzo al combattimento e all’uso di armi da fuoco. Questo piccolo cambiamento nel plot della trama implica un grande stravolgimento nel gameplay. Il combattimento, in primis, non rivestirà più un ruolo marginale nella vicenda, ma sarà bensì pane quotidiano, trasformando il pathos e l’atmosfera sospesa tra orrore e terrore dei precedenti capitoli in qualcosa più simile all’azione dei vari Resident Evil, senza però condividerne la buona realizzazione. Saremo, in pratica, alla guida di un militare vero e proprio e potremo schivare facilmente i colpi, mirare senza molte possibilità di sbagliare e utilizzare un vasto quanto distruttivo arsenale. Anche quando verremo colpiti, comunque, la robusta costituzione del nostro Sheperd accuserà i colpi in maniera abbastanza sopportabile. Insomma, da questo punto di vista il gameplay sarà notevolmente rivoluzionato rispetto a quanto abituati dalla saga, e anche i vari enigmi e le varie zone che ci verranno precluse, saranno molte volte sbloccabili grazie ad una sana dose di carneficina. In generale, gli enigmi sapranno essere abbastanza convincenti riuscendo, grazie alla trama ben riuscita, a coinvolgere il giocatore. Ma tutto questo viene svilito da un sistema di gioco troppo semplicistico e completamente fuori luogo nello stile di gioco alla Silent Hill, che si rivelerà presto avvilente e scontato in molte sue parti. Il punto di forza della saga è sempre stato quello di trasportarci, come normali esseri umani, in luoghi spaventosi e inquietanti, con la paura che da un momento all’altro qualcosa sarebbe uscito da quel maledettissimo angolo, pronto a sbranarci. Ora, invece, siamo ai comandi di un terminator ed i mostri non ci fanno più paura, perchè basta una coltellata per gettarceli alle spalle. Da questo punto di vista, anche se qualche ora di divertimento è assicurata, serpeggia un po’ di delusione, soprattutto per i fan navigati della saga.

 

 
Vieni qua infermiera, ho proprio voglia di carne di mostro per colazione.

Scricchiolii, buio e oscurità. 

Abbiamo parlato del gameplay, ora soffermiamoci sul comparto tecnico ed artistico del titolo. Graficamente parlando ci troviamo di fronte a un lavoro di tutto rispetto, forte anche di un’ambientazione davvero riuscita ed oscura. Modelli poligonali, animazioni e texture sono gestiti in maniera decisamente realistica, risaltando in linea di massima davvero ben riusciti. Peccato per qualche problemino di framerate qua e là e, cosa ancor più grave, per la gestione della luce, che spesso pare irrealistica e, negli ambienti più bui, non ci permetterà di vedere bene nemmeno con la torcia in mano. Questa cecità ci porterà a soccombere più di una volta, gettandoci nello sconforto più che nel panico, fino a costringerci a sparare alla cieca pur di liberarci dei nemici. Per quanto riguarda le mostruose presenze che dovremo levarci dalle scatole, il lavoro dei grafici sembra dei più riusciti. I mostri, infatti, si riveleranno davvero terrificanti e ben congeniati. Parlando del sonoro invece, non resta che inchinarsi di fronte a cotanta maestria, perchè la colonna sonora scritta da Akira Yamaoka funge in maniera eccelsa alla sua missione che, grazie alle sue evoluzioni melodiche e sonore, spaventa e raggela il sangue di noi poveri videogiocatori. 
 

 


Le ambientazioni sono create egregiamente

In conclusione

Non proprio un lavoro indecente, questo Silent Hill: Homecoming si rivela però al di sotto delle aspetattive. Per chi si aspettava un Silent Hill in salsa Next Generation dovrà accontentarsi di un survival horror più votato all’azione che al pathos. Certo, la trama scivola via su ottimi binari, risollevando le sorti del titolo, coadiuvata anche da una realizzazione tenica nella norma e da una colonna sonora di tutto rispetto. Ma il succo, il gameplay, risulta davvero monotono e poco ispirato, che potrà piacere in base ai gusti personali, ma rivelandosi oggettivamente sotto tono. Consigliamo questo Homecoming solamente ai fan della saga o dei survival horror in generale.

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