SCHiM RECENSIONE | Un platform originale e delizioso

SCHiM

Dopo più di 60 anni di evoluzione del medium, siamo ormai abituati a giocare regolarmente a giochi dalla struttura complessa, eppure mai come ora è diffusa la voglia di idee semplici ma fresche, capaci di coinvolgerci senza seppellirci sotto innumerevoli strati di struttura, ed è proprio a questo appetito che puntano gli indie come SCHiM.

Il titolo è nato come un progetto del giovane sviluppatore olandese Ewoud Van der Werf, che ha raccontato di averlo realizzato come compito personale nell’ambito di uno stage nello studio di Extra Nice. Il progetto ha presto catturato l’attenzione di potenziali publisher e ciò ha incoraggiato Van der Werf a continuarne lo sviluppo, coadiuvato da Nils Slijkerman. 

Siamo dunque di fronte a un piccolo progetto ma dalla grande ispirazione, che gioca con luci e ombre per regalare un’esperienza fatta di piccole storie e uno stile artistico unico.

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SCHiM on the road

Avete presente quei giochi che ci si inventa da bambini, come camminare solo su certe mattonelle, o saltare tra i vari rialzi senza toccare mai il pavimento? Ecco, l’idea alla base di SCHiM è grosso modo quella, e lo dichiara simpaticamente proprio all’inizio del gioco, mostrando un bambino che gioca in strada saltando da un’ombra all’altra.

Ma il protagonista non è quel bambino, bensì un spiritello che gli sta sempre vicino e che dà il nome al titolo. Uno “schim” (tradotto dall’olandese: ombra o fantasma) è lo spirito di un oggetto o essere vivente. Un concetto che sembra derivare direttamente dagli “tsukumogami” (letteralmente: kami degli strumenti), ovvero quei kami che, secondo il folclore giapponese, vivono all’interno di oggetti particolarmente longevi. Tuttavia quello del titolo non è che un innocuo e adorabile spiritello nero che si muove in modo vagamente simile a una rana.

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Praticamente ogni cosa del mondo ha un personale schim che vive nella sua ombra senza essere visto, ed è molto importante che non se ne separi mai. Purtroppo è esattamente quello che succede nei primi minuti di gioco, dopo averci mostrato come il bambino sopracitato cresce fino a diventare un giovane uomo che, in una giornata particolarmente sventurata, finisce inconsapevolmente per separarsi dal suo schim.

Lo scopo del fosco esserino sarà dunque quello di ritrovare e ricongiungersi al suo padrone che, totalmente ignaro della separazione, continua a vagare seguendo i vari impegni della vita di tutti i giorni. Un’avventura dalla narrazione diegetica, che ci porterà ad attraversare diverse ambientazioni ispirate a una città olandese e con suoi abitanti.

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È bene precisare che il titolo non intende mettere in scena un apparato introspettivo o simbolico particolarmente complesso, ma rimanere sempre sul leggero. Solo verso metà del gioco ci sarà una breve parentesi che ci mostrerà la psiche del giovane uomo; purtroppo però sarà un’occasione particolare e unica.

Davvero un peccato, perché sarebbe stato interessante vedere una maggiore attenzione dedicata ai problemi del giovane e il suo rapporto identitario con lo schim.

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I colori della città

Una delle prime cose che mi hanno colpito di SCHiM è il suo particolarissimo stile grafico. Creato in Unity e utilizzando Blender per la modellazione, il gioco ritrae degli ambienti in quadricromia (scelta dettata anche dal daltonismo di Ewoud Van der Werf).

Ogni livello è immerso in un colore diverso che suggerisce un momento della giornata: dal verde chiaro per una mattinata al parco, all’arancione che suggerisce una città tinteggiata dal tramonto, al blu delle strade di notte.

La grafica è estremamente nitida, pulita, piacevolmente minimale. Nell’osservare la città e i suoi abitanti in movimento sembra di guardare un fumetto in movimento, ma in realtà si tratta di ambientazioni tridimensionali di cui possiamo ruotare la visuale.

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Lo stile visivo di SCHiM dimostra quanto possano essere espressive le ombre, che cessano di essere meri orpelli passivi e diventano elementi partecipi alla vita della città.

Il tutto viene legato insieme dal delizioso accompagnamento sonoro, semplice ma estremamente orecchiabile, che a braccetto con lo stile grafico e allo charme del piccolo protagonista non potrà fare altro che infondervi buonumore.

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Gioco di ombre

Il concept di game design alla base di SCHiM è quello già accennato all’inizio di questa recensione: nei panni dello spiritello nero dovremo attraversare varie zone della città saltando di ombra in ombra, che sia di oggetti, animali o altre persone. 

Lo schim non può rimanere a lungo alla luce, quindi se fallisce un salto sarà del tutto simile a un pesce fuor d’acqua e potrà al massimo fare un altro piccolo salto per rifugiarsi rapidamente nell’ombra più vicina. In caso contrario non incorreremo in Game Over, ma saremo riportati automaticamente all’ultimo check-point.

Sarà quindi fondamentale imparare a calibrare i salti, dosando adeguatamente la pressione sul relativo tasto.

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È anche possibile interagire con alcuni elementi mobili per modificare la loro ombra o sfruttare le loro caratteristiche fisiche. Per esempio potremo alzare o abbassare le barriere dei passaggi al livello, far scattare i semafori, usare l’ombra di cavi tesi come trampolini ecc.

Non siamo di fronte a un titolo particolarmente ostico o impegnativo, ma a un platform rilassante che giusto ogni tanto ci darà qualche grattacapo per capire come proseguire sfruttando l’ambiente e il giusto tempismo.

Anche considerando la sua natura “rilassata”, ho trovato che soprattutto l’interazione con gli elementi non sia stata sfruttata al meglio per valorizzare il level design e creare una curva di difficoltà appena più ottimale. A volte ho avuto l’impressione che la difficoltà dell’avanzamento derivasse più dalle inquadrature coperte che altro.

Apprezzabile l’inclusione di qualche collezionabile lungo i livelli per stimolare l’esplorazione dei livelli al di fuori del “percorso ideale” per superarli.

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In SCHiM convivono armoniosamente un concept semplice ma unico ed efficace, e uno stile artistico delizioso. È un gioco perfetto per passare anche pochi minuti di gioco (e infatti l’esperienza su Switch è perfetta) in totale relax, lasciandosi trasportare dal leggero ritmo dei salti e dallo stile visivo minimale. È comunque un titolo che tradisce un po’ il fatto di essere nato senza un’ambizione profonda alle spalle, lasciando un po’ a desiderare in quanto a potenzialità ludiche e spessore narrativo. Tuttavia ho molto apprezzato la sua creatività, quindi vi consiglio di dargli una chance se siete in vena di qualcosa di diverso dal solito e che sappia “accarezzarvi” visivamente.

7.1
Una deliziosa perla di originalità e stile

Pro

  • Concept originale e creativo
  • Stile artistico incantevole

Contro

  • Level design sotto-sfruttato
  • Narrazione introspettiva mancata
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