Sable – Recensione
Deponete le armi e rinfoderate le spade, poiché Sable vi richiederà ben altro tipo di strumenti. L’opera prima di Shedworks nasce infatti per premiare e fare della curiosità oltre che dell’esplorazione i punti fermi del game design. In collaborazione con Raw Fury, il gioco disponibile per PC tramite Steam – la versione da noi testata – oltre che per Xbox One, Xbox Series S e Xbox Series X non scende a compromessi, liquidando ogni parvenza di combattimento per votare anima e corpo al libero viaggio della protagonista. Una ricetta a suo modo peculiare che, servendosi con risultati più o meno altalenanti di vari ingredienti, propone una pietanza soddisfacente, seppure sporcata da un retrogusto amaro.
Il viaggio prima della meta
Il mondo di Sable – questo il nome del gioco e dell’avventuriera – è vasto a perdita d’occhio, sabbioso e parzialmente desolato. Solo alcuni rari gruppi di nomadi provano a domare le sue dune arenose, spingendosi a costruire dei piccoli villaggi dove sostare prima di riprendere il cammino. Lungi dall’essere una gioviale scampagnata, questo pare essere la filosofia di vita di tutti gli abitanti. Ne è conscio l’alter ego del giocatore, che deve affrontare i preparativi per un importante rito di passaggio, la Planata.
Uscendo da un luogo sacro che le forze della natura sembrano reclamare a sé, Sable prende via via coscienza di ciò che l’aspetta. Ormai ha raggiunto l’età per costruirsi una hoverbike personale, completare il cerimoniale e lasciarsi infine tutti alle spalle per andare verso l’infinito e oltre. Se sulle prime lo spaesamento dell’Io reale non coincide con il pensiero di quello virtuale, nel momento di scoprire l’ignoto i due s’incontrano, creando immedesimazione. La trama volutamente accennata ed eterea genera a nostro parere un vantaggio e insieme una piccola mancanza. Da un lato si disinnesca la discordanza tra storia primaria e indagine libertaria spesso sottesa ai sistemi Open World, dall’altro però la brama di scoperta rischia di non venire mai appagata appieno, limitandosi a essere un insieme di frammenti sparsi con poco collante.
Abbracciare il vuoto
Sable è un’avventura in terza persona tutta incentrata sulla libera curiosità del viaggiatore giocatore. Il modus operandi usato per tratteggiare le ampie distese vuote ricorda il design sottrattivo di Shadow of the Colossus. L’HUD e l’interfaccia in generale sono pressoché inesistenti, sgomberando così la schermata da qualsivoglia orpello, per una visione completa sullo scenario. Non che manchi un buon equipaggiamento: basterà sostare al villaggio per ricevere una bussola, attivabile anche mentre cammineremo con la pressione continua di un tasto.
Insomma, mentre il titolo sperimenta la poetica vacuità di una certa linea artistica, al contempo deve adattarsi alle logiche del videogioco in senso stretto, introducendo una mappa visibile – seppure soltanto dal menù – con degli indicatori da apporvi, come anche una serie di dettagli ambientali, piccoli aiuti dallo sviluppatore al consumatore. Parliamo per esempio di elementi posti come suggerimento sulla strada da seguire, o ancora di forzieri seminascosti contenenti delle monete. A proposito di percorsi, alcuni dei personaggi secondari saranno pronti a chiederci di completare delle missioni anche di primaria importanza, andando a strappare in parte l’afflato di libertà per raddrizzarla verso un binario più lineare.
Le lunghe traversate possono essere compiute con la già menzionata moto fluttuante o semplicemente a piedi. In questo caso è utile sfruttare lo scatto, soggetto a una barra della resistenza da cui dipendono pure le arrampicate. Un po’ come in The Legend Of Zelda: Breath Of The Wild, Sable è capace di salire su qualsiasi altezza semplicemente avvicinandosi a essa. La scalata libera modifica la percezione del level design, dovendo puntare anche sulla verticalità. Sembra però che il team inglese si sia concentrato maggiormente sull’orizzonte, optando per sporadiche strutture naturali o artificiali spesso difficoltose.
Non solo la stamina rappresenta a volte un ostacolo, ma le animazioni legnose e non calibrate al meglio si rivelano quasi un limite in determinate situazioni. Nemmeno l’hoverbike viene in aiuto: la moto che dona l’indipendenza alla protagonista è poco manovrabile e soffre di una certa rigidità. Quantomeno non esistono danni da caduta e in certi casi si può ricorrere a una sfera che, avvolgendola, le permette di planare dolcemente fino a terra. Il tutto con una telecamera gestita non in modo ottimale, creando spesso delle difficoltà nel suo controllo.
Un fumetto in movimento
Ciò che rapisce inizialmente il giocatore di Sable è il suo stile artistico. In esso confluiscono i lavori del fumettista francese Jean Giraud, alias Moebius, oltre ai film d’animazione dello Studio Ghibli. Un matrimonio creativo che sfocia in un fiume di colori evocativo e a tratti ipnotico. Particolare per esempio è la scelta di tratteggiare le dune alla maniera di un disegno scolastico, con delle linee di demarcazione evidenti tra le varie sfumature di beige e marrone. Proprio come un fumetto in movimento, le animazioni non sono rapide e fulminee, anche se tale scelta a volte non riesce a coniugarsi con gli obiettivi di un videogioco, per quanto scevro da scontri e votato all’esplorazione.
Parlando di mera tecnica, questa direzione non pesa troppo in termini computazionali e ha permesso agli sviluppatori di dilatare il field of view a grandi distanze. Scorgere i ruderi di una barca o di una capsula futuristica in lontananza, o vedere un ricciolo di fumo sollevarsi da terra mentre si è da tutt’altra parte amplifica la voglia di scoprire ogni dettaglio dell’ermetico mondo di Sable. Nota dolente per un comparto tecnico piuttosto altalenante, con diversi cali di frame rate riscontrati. Buona la colonna sonora del musicista in arte Japanese Breakfast, mentre segnaliamo l’esclusiva presenza di testi in lingua inglese.
Sable è un gioco particolare che cerca di uscire dai binari convenzionali dei titoli ad alta dose di adrenalina o molto guidati, per poi rientrarvi parzialmente. La libertà di esplorazione e la curiosità del giocatore assurgono al ruolo di perno del game design ed egli viene stimolato da un passato nascosto che pare venire a galla, come da un field of view appagante. Le sporadiche attestazioni di un mondo ora sopito da strati di sabbia però, non ricompensano totalmente l’utente affamato di conoscenza, mentre in parte viene instradato da altri vagabondi sulla direzione da prendere. A completare il quadro è una direzione artistica evocativa e quasi ipnotica, degna commistione di creativi operanti in altri medium. Chi anela un angolo di taciturni silenzi e di spazi aperti da osservare, sarà lieto di vestire la maschera di Sable.
Pro
- Direzione artistica evocativa
- Assenza di HUD e altri elementi giocano a favore dell'immedesimazione
- Centralità di idee come libertà e curiosità...
Contro
- ... Sporcate in parte dalle esigenze di un prodotto videoludico in senso stretto
- Animazioni rigide e poca manovrabilità dell'hoverbike