Ryse: Son of Rome – Recensione PC
Sette anni fa, quando ancora del Xbox One non si sapeva nulla, Ryse veniva sviluppato per essere completamente compatibile con il supporto Kinect, in modo da mostrarne le piene potenzialità. Ma Crytek nel corso degli anni decise di rivoluzionare il progetto, che divenne così qualche anno più tardi un’esclusiva dell’ultima console Microsoft. Chi ha avuto il piacere di giocare un qualsiasi titolo sviluppato sul CryEngine (motore proprietario di Crytek, ndr) saprà che il colpo d’occhio è minuziosamente diretto, poiché parliamo di veri e propri mangia-risorse gestiti con una grafica da paura. Eppure ormai lo sappiamo tutti che la grafica non è tutto e Ryse: Son of Rome ci tiene a ricordarlo. Ancora una volta.
A quasi un anno dall’uscita su Xbox One, infatti, Crytek decide di completare i lavori di porting rendendo disponibile Ryse su PC, cercando un futuro più aureo di quello raggiunto in precedenza. Non era di certo segreto il loro malcontento riguardo alle vendite, che erano ben lontane dalle loro aspettative. Così, prima di impegnarsi completamente nello sviluppo di un tanto vociferato seguito, bisognerà concludere questo incompleto capitolo che ha aperto le danze alla nuova generazione di Microsoft. Questa nuova versione PC, di cui vi avevamo parlato nella nostra anteprima, non porta alcuna novità dal punto di vista del gameplay. D’altro canto sotto l’aspetto estetico i risultati si notano, e come.
Chi non conosce il blockbuster di Ryse: Son of Rome non avrà di certo difficoltà ad anticipare la maggior parte degli eventi, perché ci troviamo di fronte a una pellicola nettamente piena di cliché che punta troppo sull’esuberanza scenografica delle situazioni.
Il protagonista è il centurione Marius Titus, che dopo aver subito il massacro di tutta la sua famiglia si spinge con la sua legione verso la Britannia, in cerca di sangue. Eppure quella che sembrava essere una guerra giusta lo porterà a identificare le vesti del suo vero nemico: l’alta nobiltà romana, che da tempo logora la sua tanto amata città di Roma. Così, abbracciando le eroiche gesta del potente Damocle, inizia il suo percorso alla ricerca di giustizia, ma, soprattutto, di vendetta.
La sceneggiatura di Ryse ci mostra una civiltà romana molto abbozzata, tralasciando gli intrecci mitologici e storiografici che possono essere più o meno corretti. Come opera fantastica però dobbiamo ammettere che è riuscita a creare un’atmosfera del tutto appropriata, anche se ricorda particolarmente quella di un famoso cult cinematografico (Il Gladiatore, ndr) e a volte si rischia davvero il plagio. Un vero peccato, specie perché l’iconica potenza scenografica permetteva l’utilizzo di qualsiasi spunto narrativo, di sicuro molto più originale, ed è ancor più triste doversi rendere conto che un team di sviluppo come quello di Crytek non si sia reso conto di questa mancanza, e non abbia in qualche modo cercato di porvi rimedio.
Le critiche più forti si spingono al lato gameplay, poiché quello inscatolato da Ryse: Son of Rome è uno dei più ripetitivi della storia videoludica. Fin dai primi momenti di gioco, dopo il breve tutorial, ci ritroveremo a seguire alla lettera le solite azioni fino alla fine. Per quanto il motion capture sia eccellente, e la dinamica visiva sia totalmente da apprezzare, alla lunga il doversi confrontare con le medesime scene porta un po’ quel retrogusto di noia in bocca, che difficilmente riusciremo a togliere. Essendo questo un porting, inoltre, nessuna delle meccaniche di gameplay è stata migliorata, e a parte l’aggiunta sporadica di alcuni DLC la solfa rimane immutata: Marius, il suo sempiterno equipaggiamento, e le ondate di nemici.
Armati di gladio e di scudo, dovremo sconfiggere un numero sempre maggiore di soldati, presi da un ventaglio di possibilità davvero limitato. Difatti i tipi di nemici possono essere enunciati utilizzando le dita di una mano, e non si spingono oltre il quinto tipo. Dopo aver assestato un po’ di colpi al nostro nemico, sulla sua testa comparirà un teschio (rosso o bianco) che ci permetterà di infliggergli un colpo di grazia. Con la pressione del relativo tasto inizierà un QTE (Quick Time Event) attraverso il quale potremo uccidere il nostro avversario. Il nemico si colorerà di blu quando dovremo colpirlo con la spada, e di giallo quando invece dovremo utilizzare lo scudo. E sarà così, fino all’ottavo capitolo. Per quanto sia possibile uccidere i nemici anche solo continuandoli a menare con le armi, i punti accumulati dalle uccisioni non sarebbero mai all’altezza di quelli guadagnati dalle fatality di Crytek.
Seguendo infatti alla perfezione questi continui QTE riusciremo a guadagnare determinati benefici, e più ci avviciniamo alla combo di grado leggendario più il nostro bottino sarà alto. Potremo scegliere di ricavare dalle esecuzioni salute, più punti esperienza, o maggiori punti furia. Inoltre dallo stesso menù di selezione potremo scegliere se non evidenziare nessuno di questi benefici, e dare maggiore potenza d’attacco ai nostri fendenti. Stranamente una volta iniziato il quick time event Marius lo porterà a buon fine anche senza premere alcun tasto: pena della mancata pressione un bottino inferiore in termini di punti bonus. Questa particolare scelta ammorbidisce troppo la difficoltà generale del titolo, poiché anche al livello più elevato (Leggendario) sarà sempre possibile scamparla senza l’utilizzo di celerità alcuna.
Questa pigra meccanica non permette, in generale, a tutto il resto di essere preso sul serio. Per esempio il nostro Marius può essere potenziato per ottenere più salute o più punti furia o maggiore esperienza, ma l’effettiva difficoltà del titolo è così drasticamente semplice che, a parte per una remunerazione personale, si potrebbe evitare di ottimizzare il nostro eroe dal punto di vista delle statistiche. Almeno il gioco potrebbe diventare un po’ più complicato.
Neanche quando saremo in grado di guidare le testuggini o di sparare raffiche incendiare dagli scorpioni ci sentiremo completamente appagati. Una legnosità che va a discapito della volontà del giocatore di potersi muovere liberamente. Volontà che diventa materialmente inesistente.
Il nostro Marius potrà inoltre utilizzare i pilum, o giavellotti, per contrastare i nemici dalla lunga distanza, ma anche durante gli scontri ravvicinati. Inoltre potrà entrare in una specie di rage mode, la Furia, che gli permetterà di sferrare potenti e veloci fendenti contro un paio di nemici, portandoli facilmente al suolo. Così come il centurione Titus potrà caricare gli attacchi, anche alcuni nemici, soprattutto i boss, potranno lanciarsi in crudeli stangate, che coloreranno il nemico di rosso. Questi attacchi potranno essere schivati oppure dovranno essere bloccati con un perfetto tempismo: così facendo la guardia del nemico verrà spezzata e sarà possibile attaccarlo senza alcuna difficoltà.
Come già annunciato, l’unico motivo per cui questo porting di Ryse: Son of Rome potrebbe avere senso di esistere è il lato grafico che solo i più fortunati potranno apprezzare in piena regola. Mentre su Xbox One la risoluzione era bloccata a 900p insieme ai frame che non potevano superare i 30 al secondo, sulle configurazioni PC potremmo configurare una serie di effetti particolari che permettono di godere di una vera e propria perfezione artistica da nuova generazione (forse anche l’unica, ndr). A parte il normale setting di impostazioni grafiche, potremo scegliere di aumentare il supersampling, andando quasi a dimezzare le intere performance del sistema. Di certo il gameplay non sarà molto fluido, e permetterà di viaggiare sui 25/30 fps con configurazioni medio-alte. Il vero problema nasce quando si modifica la risoluzione fino a farle toccare i 4K, che di sicuro potrà essere gestita solo da chi utilizza una configurazione multi gpu.
Così come avviene su Xbox One sarà comunque possibile scalare la risoluzione decidendo il numero di pixel da mandare a schermo. In questo modo saremo in grado di mantenere comunque una risoluzione a 1080p, andando però a guadagnare un considerevole numero di fps, che non guastano mai. Il gioco nella sua variante PC è molto più brillante e definito: l’illuminazione segue perfettamente gli innumerevoli fasci di luce, e i riflessi sono gestiti in maniera così credibile da risultare quasi reali. I ritratti dei personaggi sono ben caratterizzati, anche se quelli femminili risultano ancora un po’ troppo spogli: pensiamo al viso di Budicca, che se osservato attentamente mostra quasi i i poligoni su cui è stato creato. Ed è un peccato data l’importanza del personaggio in questione.
[signoff icon=”quote-circled”]Vulpem pilum mutare, non mores.
Ryse: Son of Rome è di sicuro il più bel gioco finora creato dal punto di vista grafico, e la sua perfezione estetica lo dimostra. Il CryEngine ha raggiunto con la sua realizzazione un notevole traguardo, che certamente interesserà tantissimi altri sviluppatori. Ma a parte la facciata, il suo cuore narrativo e il suo modo di approcciarsi all’action non riescono a intrattenere adeguatamente il giocatore, che dopo aver concluso la campagna e raccolto i collezionabili in una decina di ore si sentirà ben lontano dal riprendere in mano il joystick… a meno che non voglia testare la sua nuova configurazione hardware. [/signoff]