Root Letter – Recensione
La visual novel è una tipologia di gioco nuova in occidente, dal momento che raramente se ne sono viste prima degli ultimi anni nonostante il genere sia in gran voga in Giappone, con illustri game designer che si sono cimentati nella realizzazione di prodotti di questo tipo come Kojima con il suo Snatcher. Si tratta fondamentalmente di romanzi più o meno interattivi, in cui il ruolo del giocatore è quello di prendere decisioni, quando ne ha potere, così da influenzare la storia e possibilmente raggiungere il finale migliore.
L’interazione è comunque ridotta all’osso e spesso si tratta davvero solamente di leggere testi su testi alle spalle dei quali appaiono immagini prevalentemente statiche. In questo solco si inserisce Root Letter, primo gioco della serie Kadokawa Game Mistery. Perché Kadokawa Games è una casa editrice, pubblica riviste, manga e videogiochi che si leggono e tutto questo non fa quindi una piega.
Il protagonista di Root Letter, Takayuki, si ritrova all’inizio del gioco a frugare tra le sue vecchie cose. Ritrova così le lettere di una sua vecchia amica di penna, Aya, con la quale intratteneva una corrispondenza improvvisamente interrotta ben quindici anni prima. Tra le lettere ne trova una che non aveva mai aperto, priva di francobollo, nella quale Aya dice di aver ucciso qualcuno e di dover fare ammenda dei suoi peccati. Takayuki non capisce, ma il suo rapporto con Aya è stato importantissimo in un momento difficile della sua vita, quindi decide di andare a cercarla per capire cosa sia successo.
Il gioco si sposta quindi da Tokio a Matsue dove tutta la vicenda avrà luogo, rappresentando sempre luoghi reali di questa cittadina nella prefettura di Shimane. Appena arrivato Takayuki fa la cosa più ovvia, va all’indirizzo da cui erano state inviate le lettere solo per scoprire che il posto è vuoto e che la casa della famiglia di Aya è bruciata anni addietro e che solo il padre è sopravvissuto all’incendio. Si scopre inoltre che la ragazza è morta… dieci anni prima dell’incendio.
Ovviamente c’è qualcosa che non va, e così inizia un’avventura che ci porterà a visitare diversi luoghi all’interno e intorno a Matsue, e a conoscere diversi personaggi vicini ad Aya. Ogni capitolo si aprirà con la lettura di una delle lettere che la ragazza ha inviato a Takayuki, e da queste ci muoveremo a interrogare di volta in volta un compagno di classe della ragazza. Il gioco prende velocemente pieghe inaspettate, ed è facilissimo ritrovarsi velocemente invorticati nella storia raccontata da Root Letter, che non disdegna a tratti di farci immaginare di avere a che fare con una situazione paranormale, confondendo il giocatore che non riesce a capire su che piano si sta muovendo la storia.
Il gameplay di Root Letter non è niente di eccessivamente complesso. Si parla tanto, si esplorano i fondali statici muovendoci sopra una lente di ingrandimento e ci si sposta tra le locations tramite un menù. La parte più interattiva è sicuramente quella degli interrogatori, in cui dobbiamo convincere i compagni di classe di Aya a dirci di più su di lei. In questo caso sarà necessario fare le giuste scelte di dialogo e mostrargli gli oggetti corretti per contraddirli e metterli all’angolo, così da farli cedere. Nulla di tutto ciò è complesso, ammesso che capiate l’inglese, anche e soprattutto perché con il comando “Think” il gioco ci suggerisce cosa fare, e questo comando può essere usato quante volte si vuole senza nessuna penalità.
La progressione è quindi piuttosto semplice e lineare, ed è praticamente impossibile rimanere bloccati senza sapere cosa sia necessario fare. Se questo può risultare un difetto in qualsiasi gioco votato all’azione, qui ci troviamo di fronte a un romanzo interattivo con qualche venatura investigativa, non a un’avventura grafica, nonostante secondo la nomenclatura giapponese Root Letter sia un adventure game.
Visivamente il gioco si presenta in modo piuttosto semplice: fondali statici sui quali spiccano personaggi a loro volta fondamentalmente statici, date le poche animazioni a loro disposizione. Nonostante questa immobilità generale, tipica del genere, il tutto risulta piacevolissimo da vedere grazie a un design generale veramente ispirato, con personaggi non troppo finti appoggiati su fondali molto realistici, per quanto ovviamente disegnati (probabilmente sopra a foto reali data la mole di dettagli). Il mood del gioco, nonostante la gravità della vicenda, è molto stemperato dal sole che bacia le varie zone della città.
Root Letter è un’ottima visual novel, non ci sono dubbi. È ben realizzata sotto il profilo della narrazione, elemento cardine, così come funziona bene sotto il punto di vista artistico, dal momento che di “tecnica” non si può parlare. La storia è intrigante e riesce a far continuare il giocatore a leggere per ore e ore, come un buon romanzo. Il problema principale che dovreste se volete procedere all’acquisto è soltanto quello della tipologia di gioco, decisamente particolare e alla quale non siamo abituati qui in occidente. Se siete incuriositi da Root Letter però, il nostro consiglio è quello di prenderlo, perché può rivelarsi, grazie alle tematiche non sopra le righe e grazie a un mood generale stimolante anche per i gusti occidentali, un buon punto di partenza per iniziare a esplorare le visual novel.
Pro
- Ottima narrazione
- Bellissimo design dei personaggi e degli ambienti
Contro
- Nulla da segnalare