Robinson: The Journey – Recensione
Affrontare i primi minuti di Robinson: The Journey è roba per cuori forti. Coccolati da una straniante sensazione di essere davvero in una dimensione altra rispetto alla nostra, il macromondo che fa da sfondo all’intera opera videoludica profuma aspramente di selvaggio e d’incontaminato.
Entrare in contatto con Laika, il fedele cucciolo di dinosauro che accompagnerà l’homo ludens per l’intera durata della peregrinazione in questa natura quasi intonsa, sarà un tutt’uno con la voglia di grattugiare le vostre retine contro le sue scaglie, tanto sembrerà essere reale l’incontro. Una meraviglia in potenza, distrutta in un nanosecondo da controlli a dir poco sovrastrutturati e da un ritmo che definire soporifero è un complimento.
Robinson: The Journey può essere descritto, sostanzialmente, come un puzzle game a due anime. La prima, quella audiovisiva, decisamente spettacolosa e attraente, controbilanciata da un gameplay dannatamente annacquato e poco elaborato, capace di fornire non più di cinque ore di gameplay. Sebbene non manchino spunti di possibile ludogodimento, l’intera creazione Crytek assume i connotati di un’opera che, pur curata, manca delle necessarie finezze giocose che la possano ergere a paradigma del genere.
Da qualsiasi punto di vista lo si voglia inquadrare, Robinson: The Journey non riesce a convincere appieno. Se l’intento della casa di Crysis era quello di fornire all’utente un gioco semplice da controllare, ma al tempo stesso profondo e mentalmente stuzzicante, risulta innegabile constatare come purtroppo, l’obiettivo non sia stato centrato appieno.
Che si tratti di salire i pioli di una scala piuttosto che purpuree strutture rocciose, istruire Laika sul da farsi, deambulare liberamente da una sezione all’altra della mappa, tutto sembra realizzato senza tenere ben presenti quegli ideali di immediatezza e praticità cui la produzione dovrebbe aderire.
Ciò che può essere fatto in pochi secondi viene infatti ostacolato da una gestione dei comandi davvero poco intuitiva, nonché da tempi di risposta del proprio alter ego decisamente pachidermici.
Parallelamente i puzzle proposti si confermano abbastanza basici e poco interessanti. A volte è l’intera situazione a risultare poco intelligibile, con il rischio di perdere innumerevole tempo nella sola attesa di capire cosa dover fare per poter procedere nell’avventura.
Davvero una disdetta, in quanto l’interazione con l’ambiente e la fauna locale è ben implementata: risulta possibile spostare gran parte degli oggetti di piccola e media taglia mediante la pressione di un solo pulsante. Peccato però che tale possibilità non venga sfruttata sino in fondo per dar vita a momenti giocosi memorabili. Tolta la novità della realtà virtuale, infatti, quasi ogni situazione saprà di già visto.
L’eventualità di attivare la funzione scanner per poter scandagliare in lungo e in largo flora e fauna di questo maestoso mondo permette inoltre al videogiocatore di attingere ulteriori informazioni riguardanti ciò che lo circonda.
Cosa resta, alla fine della fiera? Un’avventura completabile nell’arco di cinque ore e poco più. L’unica nota davvero positiva della produzione Crytek va rintracciata nell’impianto tecnico il quale, anche se non raggiunge livelli di dettaglio inenarrabili, risulta essere comunque meritevole di plauso. Tutto il resto, invece, si mantiene su una striminzita sufficienza, durata complessiva compresa. Considerando come Robinson: The Journey sia un titolo venduto a prezzo certamente più elevato della media delle altre produzioni destinate a PlayStation VR, pensateci più di una volta, tutto sommato, prima di farlo vostro.
Pro
- Graficamente molto buono
- Atmosfera convincente
Contro
- Enigmi poco stimolanti
- Controlli non propriamente immediati
- Poco longevo