Rise of the Tomb Raider
Rompiamo subito gli indugi, giusto per levarvi qualche sassolino dalla scarpa: Rise of the Tomb Raider è un titolo davvero maestoso nel vero senso della definizione, probabilmente il miglior prodotto su cui investire i vostri soldi (insieme ad Halo 5: Guardians) riguardo questo inizio di novembre 2015. È un gioco migliorato in ogni suo aspetto, sostanzioso, e soprattutto in grado di sapervi tenere incollato al vostro schermo per tutte le quindici-venti ore dedicate alla campagna singleplayer, ricordando che in questo sequel il multiplayer non è stato implementato.
Rise of the Tomb Raider è uno spettacolare gioco d’avventura e d’azione, che al tempo stesso sà far provare grandi emozioni seguendo le vicende dell’archeologa Lara Croft; una ragazza cresciuta rispetto al precedente capitolo, e che ora sullo schermo di Rise of the Tomb Raider ha assunto un atteggiamento totalmente diverso, lasciandosi alle spalle i traumi del naufragio sulla prima isola con in testa di raggiungere i suoi obbiettivi a qualsiasi costo.
La storia, che risale esattamente al tredicesimo secolo, parla di un luogo ricco di meraviglie architettoniche e avanzate conoscenze scientifiche e culturali che sorgeva sulle sponde del lago Svetloyar, cioè l’attuale Russia. Quando Greorgy II di Russia si trovò a dover fronteggiare le truppe dell’invasore mongolo Batu Khan rifugiandosi a Kitezh, con l’intento di difendere la città e i tesori che custodiva. Il suo intento fallì miseramente e di conseguenza Kitezh fu travolta dalle acque del vicino lago, nascondendo per sempre i propri misteri e tesori più preziosi. La leggenda narra che soltanto un’anima pura può raggiungere il luogo e beneficiare di questi tesori, cosa che ovviamente rappresenta una nuova e interessante sfida per Miss Croft.
Grazie a un flashback, vengono mostrate più informazioni sul motivo del perché Lara sia spinta dalla voglia di iniziare questa ricerca. La motivazione è semplice; Mr Croft (padre di Lara) era alla ricerca di una cosiddetta “Tomba del Profeta”, ma per colpa di ricerche inconcludenti egli fu screditato dai colleghi e condotto al tracollo psicologico, incontrando una fine tragica e dolorosa. Decide così di partire per riscattare l’onore familiare col suo fedele amico Jonas, ma durante l’esplorazione nella terra innevata della Siberia, i due si dividono per colpa di una parete ghiacciata che condurrà la nostra tombarola esattamente dove non avrebbe voluto.
Le premesse di un inizio mozzafiato ci sono, prendiamo per la prima volta le redini del gioco con una Lara tutta infreddolita in compagnia dei suoi fedeli compagni d’azione: Il virtuoso arco dotato di frecce e due piccozze per permettere di scalare determinate pareti dell’ambiente circostante. Quando l’ambiente di gioco si mostra a noi in tutta la sua magnificenza ne veniamo stupiti. Benvenuti in Rise of the Tomb Raider.
Sono cambiate davvero tante cose dal gioco uscito due anni fa. Se nel precedente capitolo la dose survival era meno accennata, potete star pur certi che qui se ne sentirà maggiormente. Ritornano le fasi shooter, anche se pensiamo sia ancora il punto dolente della produzione, e fasi stealth.
Nel gioco, nonostante Lara sia maturata parecchio, ci sarà comunque una sua crescita di conoscenza. Un plauso che ci sentiamo di fare ai ragazzi di Crystal Dynamics riguardo alla maturazione di un prodotto non semplice, sopratutto quando porti sulle spalle un brand intitolato Tomb Raider, andandolo a migliorare e a non snaturarlo, come spesso accade nei reboot.
Nelle prime fasi, Lara, tolto l’arco e le due piccozze accennate in precedenza, non avrà altro. Per curarsi le ferite dovrà craftarsi bendaggi curativi; dovrà procacciarsi del cibo uccidendo alcune prede presenti nei boschi (e non solo) e trovare riparo quando verrà scoperta dai suoi nemici e infine non possono mancare alcune, ce ne sono molte meno, sequenze scriptate gestite da quick time event.
Man mano che progrediamo nella campagna, Lara inizierà ad avere un arsenale di tutto rispetto composto da armi da fuoco (sbloccabili anche in determinate casse sparse per la mappa), prendendo così la classica deriva da TPS. L’approccio con cui si vuole tenere uno scontro è totalmente decisa dal giocatore: ci siamo divertiti molto a fare uccisioni ragionate in modalità stealth utilizzando l’arco. Bisogna anche citare il fatto che in Rise of the Tomb Raider, come nel prequel, vi sono elementi RPG, con una buona personalizzazione delle armi, attivabili solo grazie ai punti esperienza o ai materiali che troviamo in giro.
Ovviamente non ci saranno solo fasi “spara spara“, ma anche puzzle enigmistici e scalate avventurose. Rise of the Tomb Raider riesce nel suo intento di avere una sua personalità ed essere dunque del tutto originale rispetto alla concorrenza (*coffcoff* Nathan Drake *coffcoff*).
La modalità single player è quello che rende questo titolo unico e speciale, grazie anche alle miriadi di enigmi ambientali che hanno preso molto più spazio nel’economia di gioco, rispetto al precedente capitolo. Le conoscenze di Miss Croft vanno inoltre ad ampliarsi: ad esempio, nei due territori principali in cui si svolgerà la campagna (Siria e Siberia) si troveranno dei manufatti scritti in lingua russa, greca o mongola e potranno essere decifrati solo se si ha una certa conoscenza della lingua.
L’esplorazione delle tombe, per quanto si tratti di un’attività sostanzialmente facoltativa, vuole racchiudere la sintesi del meglio che il gameplay di Tomb Raider può offrire, e si rivela una delle caratteristiche migliori di questo sequel. Se ne potranno esplorare molte e, man mano che si prosegue, diventeranno sempre più profonde e complesse, mettendoci davanti a una delle features di più grande valore di questo titolo. Oltre alla Tomba del Profeta nascosta tra i monti siriani, ci si potrà addentrare in un’immensa nave vichinga intrappolata nei ghiacciai della Siberia, con la prua spaccata e pendente, affacciata su un dirupo. Questi sono ovviamente due semplici esempi che vi abbiamo voluto presentare.
Una delle cose che può vantare Rise of the Tomb Raider rispetto a tante altre produzioni del genere sono sicuramente le location; tutte le ambientazioni sono pronte a regalarci visioni evocative mai viste grazie anche a un nuovo motore grafico di gioco. Se già nella versione remastered per Xbox One e PlayStation 4 le notevoli migliorie apportate davano già i propri frutti, qui potrete star pur certi che il tasto “Cattura immagine” sarà il vostro inseparabile amico. Viene così dato un’approccio differente all’esplorazione: visitando tutte le varie zone, il giocatore può a piacimento osservare i dettagli e le grandezze di aree maggiori; l’utente ha così la sensazione di osservare un mondo vivissimo.
Rise of the Tomb Raider riesce anche a intrattenere l’utente grazie ai ricchi collectible e a qualche side-quest data da alcuni NPC che troveremo durante il nostro viaggio, e non pensate che queste siano messe tanto per fare, anzi, sono un ottimo compromesso per spronare il giocatore nella sua avventura.
Da aggiungere anche l’ottimo modello d’animazione della Croft, e a fare da cornice al tutto, Rise of the Tomb Raider vanta una ottima soundtrack e degli effetti (sia di luce che di suono) davvero decisi ed evocativi, senza contare l’ottimo doppiaggio in italiano della doppiatrice ufficiale di Lara Croft, Barbara Ponticelli. È bello sapere che Crystal Dynamics ha pensato di includere missioni secondarie ed extra per aumentare la longevità di gioco, data la mancanza del multiplayer, perché queste svolgono davvero un compito importante in tutta la produzione.
[signoff predefined=”Signoff 1″ icon=”quote-circled”]Rise of the Tomb Raider è chiaramente la versione potenziata del suo predecessore. Le meccaniche di gioco sono esattamente le stesse, divise equamente fra spettacolari scalate dinamiche, sezioni aperte dove far valere l’istinto di sopravvivenza, sparatorie intense e tesissime fasi stealth. Il lavoro sul level design è quello che sorregge tutto il sequel: gli enigmi appaiono più complessi e meglio strutturati, e le aree open-world sono finalmente vaste, ricche, straripanti di sub quest e piacevoli da esplorare liberamente. Su tutto, c’è un racconto che riesce a immergere il giocatore, grazie a cutscene ben dirette, un paio di colpi di scena, ed una ritrovata attenzione per la storia personale della tombarola. La cosa importante, avvicinandosi a Rise of the Tomb Raider, è quella di non aspettarsi una rivoluzione: piuttosto, un deciso miglioramento dell’offerta, già più che solida, di due anni fa.[/signoff]