RiMe – Recensione
L’abbiamo visto per la prima volta nella scuderia Sony alla Gamescom del 2013, e ci era piaciuto; dopodiché RiMe è pressoché sparito dalle luci della ribalta per riaffiorare solo l’anno scorso, quando gli sviluppatori hanno comunicato di aver riacquistato l’IP da Sony stessa e di puntare alla release nel 2017. Sono stati di parola: già all’inizio dell’anno non solo è stato fissato maggio (e poco dopo è arrivato pure il giorno) come mese di uscita – con tanto di edizione retail – su PlayStation 4 (versione testata), Xbox One e PC, ma è anche stata annunciata una versione per Nintendo Switch (che costerà come le altre), in arrivo nei prossimi mesi.
Ora che ci siamo rallegrati dell’uscita di RiMe, è il momento di capire se dietro a quanto di bello abbiamo visto e udito si celi anche un gameplay all’altezza, come ci eravamo già chiesti in sede di anteprima.
Da dove vieni? Dove sei diretto? Domande filosofiche…?
L’opera di Tequila Works inizia con un ragazzino che si sveglia su una spiaggia. Non sappiamo come si chiami, perché si trovi lì o dove sia diretto. Ovviamente l’isola non è popolata da esseri umani, anche se le imponenti e antichissime architetture potrebbero suggerire (potrebbero…, NdR) l’esistenza in passato di una dinastia ancestrale; inoltre, ogni tanto vedrete far capolino un altro misteriosissimo “viaggiatore” (il nostro riferimento a Journey è voluto)…
RiMe vuole raccontare una storia, ma vuole farlo in modo non convenzionale. Innanzitutto, senza le parole, siano esse scritte o pronunciate. Il nostro eroe non è muto, anzi, sa cantare melodiosamente, ma non ha nessuno con cui parlare, anche se instaurerà legami con altre creature. Tutte quelle informazioni che normalmente si traggono dalle parole non vengono veicolate da nessun altro mezzo: esse, semplicemente, non servono.
Il giocatore ignora l’identità del protagonista, dove si trovi e quale sia il suo obiettivo (o anche solo se abbia un obiettivo), ma ha davanti a sé una splendida e misteriosa isola, quindi non può esimersi dall’esplorarla. Solo dopo alcune ore riuscirà a carpire qualcosa tramite brevissime cutscene, ma comunque non avrà mai abbastanza elementi per saziarsi fino ai titoli di coda. Questa era l’intenzione degli sviluppatori, i quali si augurano (come abbiamo riportato nella nostra anteprima) che questa “epifania” conclusiva incoraggi ad affrontare una seconda partita, per il puro piacere di gustarsi i piccoli dettagli sapendo già come va a finire. Chi scrive non ha avvertito la necessità di un secondo playthrough, non per non averne gradito l’intreccio minimale, ma perché una soluzione come quella adottata da Tequila Works dispiega la sua intensità emotiva alla prima giocata.
A tu per tu con il gioco
Il gameplay è in qualche modo ancillare rispetto ad altre componenti, quali la grafica, la colonna sonora e l’idea (più che l’intreccio in sé e per sé), ma non tanto perché si giochi poco – di fatto si gioca sempre, considerata la quasi totale assenza di cutscene – quanto perché esso non deve rappresentare un elemento di “interferenza” fra l’opera e il suo fruitore. Lo dimostra l’apprezzata scelta di eliminare HUD e menu di qualunque tipo (riferendoci a quelli in-game, ovviamente); giusto ogni tanto fanno capolino il minuscolo indicatore dell’autosalvataggio e quello relativo al tasto da premere, ma nulla di più.
Come abbiamo già detto, il fanciullo al suo risveglio si trova in un’isola di cui non sa nulla, quindi le prime fasi sono dedicate precipuamente all’esplorazione, condita di elementi platform. Non tarderanno, tuttavia, a fare ingresso gli enigmi ambientali, che costituiscono la seconda componente principale della formula di Tequila Works, che non comprende invece combattimenti di alcun tipo.
La qualità delle singole componenti è altalenante. Le sezioni esplorative sono suggestive grazie alla grafica, anche se talvolta possono rivelarsi troppo lunghe, ma il loro principale problema sta nella concezione: come abbiamo già detto, RiMe non è di molte parole, quindi non dà suggerimenti al giocatore in merito alla direzione da prendere; per evitare di rendere il gioco troppo dispersivo e frustrante, gli sviluppatori hanno reso piuttosto ovvia la maggior parte delle soluzioni esplorative, e ancor più di quelle “acrobatiche” (ma siamo più dalle parti di Ico che del Principe di Persia). Questo non vuol dire che sia impossibile perdersi, ma che viene un po’ a mancare il piacere della scoperta. Certo, per chi vuole qualcosa di più esistono sempre i collezionabili, molti dei quali richiedono un’esplorazione sistematica delle aree. Proprio questi ultimi innalzano la longevità del gioco, che richiederà ai non-completisti fra le sei e le otto ore per raggiungere i titoli di coda.
I puzzle, quasi del tutto assenti all’inizio, si fanno via via più presenti fino a prevalere sull’esplorazione, ma non raggiungono mai una complessità elevata, risultando mediamente appaganti anche se non particolarmente originali. Spesso si basano sullo spostamento di blocchi o sull’utilizzo della voce di Enu (il giovane protagonista), in grado di attivare alcuni meccanismi, talvolta temporizzati.
L’isola che non c’è
Dulcis in fundo grafica e sonoro. In giochi come RiMe, l’atmosfera vale più della metà del biglietto, quindi è assolutamente necessario che suggestioni visive ed uditive formino un connubio indimenticabile. Fortunatamente, è questo il nostro caso: l’opera di Tequila Works può fregiarsi di una direzione artistica e di una colonna sonora superlative, che le conferiscono un’identità ben marcata. Certo, esistono chiaramente alcune muse ispiratrici – fra cui Journey, più di qualcosa di Team ICO e The Legend of Zelda: The Wind Waker – ma ciò non rende RiMe un mero epigono.
La bellezza della grafica cel-shaded sta tutta nelle scelte stilistiche e cromatiche, che potete ammirare negli screenshot che corredano questa recensione; essi, peraltro, raffigurano solo alcune delle oniriche ambientazioni, mostrandovi appena un assaggio della creatività profusa nel progetto. Già guardando un video di gameplay, però, le impressioni potrebbero peggiorare, a causa di un frame rate claudicante, persino e soprattutto su PC.
Nulla da dire, invece, sulla colonna sonora: è semplicemente strabiliante. Magia e mistero, delicatezza e tensione drammatica, speranza e mestizia. Non si può chiedere di meglio mentre si è intenti a rimirare la trasposizione videoludica (più “video” che “ludica”) del Sublime.
RiMe è nel complesso un’opera davvero intrigante, ma, come diversi “colleghi”, si rivela decisamente meno pregnante in termini più meramente ludici. Le ambientazioni sono oniriche e suggestive, la colonna sonora è delicata e struggente, la storia è minimale ma di forte impatto emotivo. Il gameplay non raggiunge vette così alte, rivelandosi “ordinario” nelle sue componenti, amalgamate in modo non sempre ottimale. Se ritenete di acquistare la versione PC, levate qualche punto dalla valutazione finale.
Pro
- Direzione artistica e colonna sonora favolose
- Nessun HUD, nessun suggerimento, nessun indicatore: solo voi e il gioco
Contro
- Vistosi problemi di frame rate (ancor maggiori su PC)
- Gameplay imperfetto
- Prezzo di lancio relativamente elevato