Reus – Recensione
Il mercato console ha allargato le sue vedute verso i titoli indipendenti ormai da alcuni anni, decidendo di portare sulle diverse piattaforme sia i più promettenti indie in uscita, sia i successi del passato, come Slenderman, Goat Simulator e, prossimamente, i vari Amnesia. Per motivi diversi, si tratta comunque di gioco d’azzardo, con un pubblico tendenzialmente meno “di bocca buona” rispetto agli utenti PC – che con Steam Greenlight ne vedono di cotte e di crude ogni giorno – ma soprattutto non ancora abituato all’idea di trovare negli store digitali titoli “meno smaltati” del classico tripla A. Purtroppo o per fortuna, le cose stanno cambiando, e Reus non fa parte di nessuna delle due categorie.
Una settimana da Gaia
Giunto su Xbox One e PlayStation 4 dopo ben tre anni dal suo rilascio PC, il lavoro di Abbey Games è un god game, ovverosia un gestionale in cui si impersona un’entità demiurgica, il cui scopo è la creazione di un ecosistema da far espandere ed evolvere sempre di più. Nel caso di Reus, la forza creatrice è rappresentata dal pianeta stesso, che, con l’aiuto di quattro giganti con poteri e capacità uniche, plasmerà la propria superficie creando biomi e forme di vita in costante evoluzione.
La prima cosa che salta all’occhio è il poco spazio disponibile: in quanto gioco bidimensionale, i giganti potranno muoversi e agire solo lungo la circonferenza del pianeta e senza che su un singolo punto possano coesistere, ad esempio, animali e minerali. Si tratta quindi di una sorta di “scacchiera circolare”, che come tale andrà trattata: sinergie, ottimizzazione e tattica saranno alla base del successo.
Ma in cosa consiste la “vittoria”? In realtà quasi nessun gestionale prevede un “successo finale” da parte del giocatore. Reus offre diverse modalità, dai Tutorial al Gioco Libero, in cui possono sperimentare strategie senza limiti di tempo. Le partite classiche, invece, prevedono sessioni che variano dai 30 ai 120 minuti, al termine dei quali i giganti torneranno a riposare sotto la superficie del pianeta; durante tale intervallo di tempo, il giocatore dovrà cercare di rendere il proprio mondo il più possibile evoluto… e pacifico.
Attack on Giants
L’umanità in Reus, infatti, non è un semplice mucchio di pedine da muovere a piacimento: se è possibile creare minerali, piante e animali, lo stesso non avviene con gli esseri umani. I “nomadi” appaiono autonomamente sulla superficie, e sarà compito dei giganti garantir loro il massimo benessere possibile e la realizzazione di qualunque desiderio… o quasi.
Una crescita troppo rapida della prosperità di un insediamento, infatti, rende gli uomini avidi, inclini ad attaccare i villaggi limitrofi e persino i giganti. Il giocatore potrà prevenire tutto ciò rendendo l’ambiente circostante più pericoloso, intimorendo i popoli o, di fronte a una guerra già in atto, decidere di distruggere una delle due fazioni.
Per quanto le abilità a disposizione non siano tantissime, la profondità di Reus è fondata sulle sinergie tra di esse: il terraforming è solo l’inizio della trasformazione ambientale, visto che il vero potere dei giganti riguarda la trasfigurazione di piante, minerali e animali: trasformazioni superiori garantiranno risorse superiori e dunque possibilità di portare a compimento progetti via via più complessi.
Le partite più avanzate e/o di maggior durata faranno però sentire un doloroso bisogno di una superficie più estesa (attivabile tramite le opzioni, a patto di invalidare gli achievement) e di un maggiore “spazio di manovra”, visto che per quanto longevo possa rivelarsi Reus, la sua durata di basa sulla memorizzazione di complesse combo tra abilità e non a una reale libertà d’azione.
Sicuramente Reus riesce a far tanto con poco e potrebbe risultare un ottimo primo approccio al genere gestionale con la sua grafica semplice ma pulita, un comparto sonoro rilassante e una longevità potenzialmente infinita grazie alle imprevedibili microdifferenze tra una sessione e l’altra; su console viene penalizzato da comandi scomodi e poco intuitivi, una localizzazione italiana piena di refusi evitabilissimi e un costo di € 24,99, decisamente alto per un gioco indie di tre anni fa, per quanto gli appassionati di god game li giudicheranno senza dubbio soldi ben spesi.
Pro
- Graficamente molto piacevole
- Comprese le meccaniche diventa un gioco quasi eterno
- Giocare a fare Dio è sempre bello
- Tante modalità per apprendere e sperimentare
Contro
- Errori nella localizzazione italiana
- L'interfaccia console è poco intuitiva
- L'area a disposizione è ridotta
- Poca libertà di scelta davanti ai progetti