Redout – Recensione
L’Italia è famosa in tutto il mondo per vari motivi: storia, musica, cucina e tanto altro ancora. C’è però un settore in cui non è ancora degnamente riconosciuta, ed è proprio quello a noi più caro: lo sviluppo di videogames. Per fortuna le cose già da un po’ di tempo stanno cambiando, con realtà più o meno grandi che si affacciano a questo mercato e con prodotti apprezzati anche a livello internazionale, basti pensare a Milestone, o ai ragazzi di Kunos Simulazioni con il loro Assetto Corsa. In questo panorama però non dobbiamo dimenticare i sempre più numerosi studi indie che sorgono nel nostro paese, fra cui i 34BigThings che portano sul mercato il loro terzo gioco: Redout, un tributo agli arcade racing che hanno fatto storia come Wipeout e F-Zero, e che si fonda sull’estremo senso di velocità da cui deriva la grande abilità necessaria al pilota per controllare i mezzi in pista.
Mille modi per correre
Siamo quindi di fronte a un gioco di corse vecchia scuola, dove anziché con pneumatici fischianti sull’asfalto ci ritroveremo con navicelle a propulsione pronte a rompere qualsiasi limite di velocità.
Appena avviato il gioco è facile rendersi conto del setting ovviamente futuristico, grazie ai menù dall’interfaccia animata e molto curata e dalla voce stile GLaDOS che ci accompagnerà nelle prime fasi come tutorial vocale; per fortuna comunque tutti i menù sono molto facili e non hanno bisogno di spiegazioni accurate, perché i dialoghi (in inglese) non sono sottotitolati.
La prima cosa da fare sarà quindi scegliere la nostra nave da corsa fra le 6 disponibili inizialmente, con design che vanno dai più tradizionali ad alcuni davvero molto originali, e che possiamo personalizzare con la scelta dei colori che più ci piace. Ognuna e naturalmente dotata di punti di forza nelle classiche statistiche del genere: Velocità, Accelerazione, Stabilità e così via.
A questo punto ci sarà solo l’imbarazzo della scelta nel decidere come mettere alla prova la nostra nave: Redout ci offre infatti tantissime possibilità di gareggiare, che includono anche divertenti variazioni sulle modalità classiche. Partiamo così dalle semplici corse, passando per prove a tempo senza possibilità di respawn e continuando con una modalità sopravvivenza dove l’unico obiettivo è schivare gli ostacoli sul tracciato e arrivare il più lontano possibile, per arrivare alla modalità arcade per eccellenza, in cui non bisogna tagliare il traguardo in prima posizione per vincere, ma accumulare punti facendo azioni particolari. L’elenco si conclude in una lunga, ma divertente, modalità Boss, in cui si gira su 5 tracciati collegati fra loro da portali; il tutto per una decina di modalità differenti in cui poterci sbizzarrire.
È dura la vita dell’astronauta da corsa…
Sicuramente il modo più divertente per avanzare nel gioco è la Carriera, costituita da una serie di prove in successione, che non devono essere necessariamente completate in sequenza, e che ci porteranno ad affrontare via via i 20 tracciati disponibili ambientati in questa Terra in rovina.
Per aggiungere un minimo di profondità al tutto i ragazzi torinesi hanno aggiunto i cosiddetti “contratti”, in pratica obiettivi speciali assegnati ogni tot di gare e che, se completati con successo, daranno diritto a una ricompensa, mentre nel caso contrario avremo da scontare una qualche penalità.
E se tutta questa varietà di contenuti non vi è bastata state tranquilli perché non è finita, infatti dal livello cinque sbloccheremo la possibilità di assegnare due power-up (uno attivo e l’altro passivo) fra i 10 totali a disposizione che andranno a potenziare certe caratteristiche delle nostre navi, e ci forniranno piccole “armi” per ostacolare i nostri avversari.
Inoltre, dopo pochissime gare vi renderete conto che il vostro mezzo non può competere in alcun modo con gli avversari, ma non gettate via la tastiera o il joypad in preda alla rabbia, è vero che la carriera in pratica non ha una curva di apprendimento e vi getta subito in pasto ai leoni; per fortuna però potrete potenziare il vostro mezzo… quando trovate la schermata giusta, fra tutte infatti è quella più nascosta e difficile da trovare nei menù. Quando avrete corso a sufficienza sbloccherete la classe successiva, con navi più grandi e più potenti, per un totale di quattro classi differenti per ogni categoria; e quando arriverete a questa scelta dovrete pensarci bene, soprattutto nelle prime fasi in cui non si ha una grande disponibilità di denaro, perché anche al di fuori della carriera sarà possibile utilizzare solo i mezzi già sbloccati.
… soprattutto quando bisogna essere esperti di fisica.
Dopo aver finito di comprare, potenziare e personalizzare il vostro mezzo, arriva il momento di salire a bordo pronti a schizzare da 0 a 400 km/h in meno di qualche decimo di secondo. Il numerino che vedrete in basso a indicare la vostra velocità sarà solo un orpello perché materialmente non avrete il tempo di guardarlo, ma soprattutto perché tutto in Redout è pensato in funzione del senso di velocità: i suoni, gli scontri contro le pareti, i fondali, le vibrazioni sul pad (che consiglio già solo per questo, nonostante i controlli sulla tastiera siano molto ben implementati).
Questa frenesia si riflette su più livelli di gameplay, innanzitutto sui controlli: non ci basterà infatti accelerare, frenare e svoltare nelle curve; a ciò dovremo aggiungere l’inclinazione non solo in curva, ma anche nei rettilinei, inclinandoci in avanti avremo infatti un boost notevole di velocità, a discapito della trazione in curva, nei tratti in salita però il nostro muso toccherà terra, facendoci perdere inesorabilmente velocità e vita; l’unico modo per superare queste fasi sarò ovviamente inclinarci all’indietro. Dover considerare anche questi dettagli innalza di molto il già alto tasso di difficoltà, tutti i tracciati infatti sono molto tecnici e necessitano di molti giri per essere padroneggiati, ma per ottenere i risultati migliori sarà assolutamente necessario imparare a memoria ogni singolo punto di corda per cercare di non togliere mai il “dito” dall’acceleratore.
Il dover conoscere a menadito ogni singolo circuito non è necessario solo per i patiti dei tempi sul giro, ma servirà anche per ottenere le vittorie in carriera: non bastano gli occhi, andare veloce è qualcosa di istintivo, è difficile infatti distinguere perfettamente il tracciato, complice la grafica di gioco, soprattutto per quanto riguarda lo shader utilizzato. Per quanto riguarda effetti particellari e illuminazione siamo su altissimi livelli, merito ovviamente della scelta dell’Unreal Engine 4, purtroppo però sono proprio i colori, in special modo in certi circuiti, che creano molta confusione.
Quando vi sentirete pronti e avrete macinato un bel po’ di chilometri in carriera sarete pronti a tuffarvi nella modalità online a 12 giocatori, basato sulle classiche lobby dove è l’host a decidere modalità e tracciato, che stupisce per la solidità del netcode: anche con connessioni non performanti il gioco fila liscio senza lag, rendendo il divertimento assicurato contro avversari da tutto il mondo.
Redout è un’opera dedicata ai puristi del genere, quelli che cercano le sfide vere, che si esaltano dopo un giro perfetto frutto di pratica e istinto. Dietro una patina da arcade si nasconde un gioco molto tecnico e difficile da padroneggiare che rende un ottimo omaggio ai suoi illustri predecessori. I ragazzi torinesi di 34BigThings hanno creato una nuova perla da aggiungere al panorama dei videogame italiani apprezzati in tutto il mondo.
Pro
- Grande varietà dei contenuti
- Tutto è studiato per sentire la velocità
- Estremamente tecnico
Contro
- Difficile distinguere il tracciato
- Nessuna curva di difficoltà nella carriera
- Estremamente tecnico