ReCore – Recensione
Nell’ambito del parco esclusive di Microsoft, ReCore è senza dubbio una mosca bianca: tra Forza, Gears of War nonché Quantum Break, (l’esclusiva Remedy della generazione), il colosso di Redmond ha voluto rinforzare la sua line-up con un gioco del tutto particolare e a modo suo ambizioso. Il titolo si propone di trasporre in tre dimensioni alcuni concept che hanno fatto la fortuna di classici bidimensionali come Mega Man e Metroid: purtroppo l’operazione è riuscita solo a metà.
“Benvenuti” a Far Eden
ReCore è frutto dello sforzo congiunto di due studi di sviluppo: Comcept e Armature Studio. Il primo ha fornito la “base philosophy” (per usare le parole del director, Pacini), il secondo l’ha realizzata: ma questa è solo una rozza schematizzazione del processo di sviluppo.
Il concept nasce da un’idea di Inafune. La nostra protagonista si sveglia dopo un lungo sonno criogenico su un pianeta totalmente desertico, denominato Far Eden, destinato a essere la seconda culla dell’umanità. Se le cose fossero andate secondo i piani, a un certo punto si sarebbe dovuto verificare un misterioso processo (chiamato “terraformazione” nella versione italiana) che avrebbe reso il pianeta vivibile per gli esseri umani ibernati che attendono nelle astronavi il loro risveglio.
Ovviamente qualcosa è andato storto quindi toccherà a noi individuare e risolvere il problema. Le premesse non sono originalissime, così come la tematica centrale – che poi è solo l’ultima propaggine del complesso rapporto fra umani e intelligenze artificiali ipotizzato da Asimov più di sessant’anni fa – ma per un videogioco che non fa della narrazione il suo focus va bene così. Di fatto si rivela molto più incisiva la direzione artistica, che ci regala un deserto affascinante (al netto dei problemi tecnici di cui parleremo), un buon character design e un ancor migliore mecha design.
Il concept si traduce sul piano ludico in un interessante Action Adventure 3D con forte enfasi sul platforming, il tutto calato in un open-world: in sostanza, ReCore avrebbe potuto essere il metroidvania in tre dimensioni definitivo; purtroppo non lo è. A ogni modo il gameplay risulta abbastanza variegato alternando sparatorie, salti, esplorazione e ricerca. Tutti questi elementi sono dotati di una patina moderna (ad esempio, esistono l’autohealing, l’autosave e le vite illimitate), ma affondano le loro radici nella vecchia scuola. Il deserto è disseminato di dungeon, alcuni dei quali opzionali, che devono essere sbloccati sia raggiungendo determinati requisiti sia trovando i bot che consentono l’apertura del portale.
Ma la sabbia non è un mero riempitivo fra un livello e l’altro visto che cela ostacoli naturali, nemici, tesori e nuclei prismatici, fonti di energia fondamentali per il prosieguo del gioco. Joule, la nostra protagonista, è affiancata da una squadra composta da due robot zoomorfi (ne partecipa all’azione solo uno alla volta), che forniscono assistenza in battaglia e abilità particolari che si rivelano indispensabili nell’esplorazione. Gli automi possono essere potenziati forgiando varie parti sulla base dei progetti rinvenuti: sostanzialmente, è come se venisse craftato l’equipaggiamento in un RPG.
Un bel gioco, fatto male
Purtroppo la qualità del gioco è compromessa da una serie di difetti che, considerati unitamente, non possono che far pensare a uno sviluppo affrettato e/o in assenza di risorse adeguate. Innanzitutto il comparto tecnico è un disastro: fra i principali problemi annoveriamo lunghi e frequenti tempi di caricamento che accompagnano ogni cambio area e ogni morte, (anche con il gioco installato nell’hard disk), frame rate instabile, compenetrazioni poligonali, un pizzico di pop-up riguardanti elementi minori come la vegetazione e occasionali bug.
In tutta onestà, ReCore pare più vicino alla precedente generazione di console che a quella corrente, anche se su PC è possibile migliorare un po’ la situazione (purtroppo la versione testata è unicamente quella per Xbox One, NdR). Un vero peccato dal momento che la direzione artistica, coniugata con una realizzazione tecnica all’altezza, avrebbe potuto rendere davvero affascinante ReCore. Viene da chiedersi a questo punto se fosse proprio necessaria la struttura open-world, constatato che non c’è un comparto grafico in grado di sorreggerla.
Ma le critiche a questa scelta non si fermano alla sola realizzazione tecnica visto che anche il gameplay non si rivela infine troppo riuscito: senza spoilerare nulla segnaliamo che, per portare a termine l’ultima missione della trama, bisogna accumulare un gran numero di nuclei prismatici (con tutta probabilità, più del doppio di quelli che avrete raccolto fino a quel momento): in questo modo il gioco si rivela immensamente dispersivo nelle fasi finali. La maggior parte dei titoli che adottano la formula metroidvania non ha bisogno di ricorrere a un simile espediente per mettere in mostra il suo mondo, molto spesso basta limitarsi giusto a un pizzico di backtracking.
Allo stesso modo il vero open-world non è quello che lascia grande libertà al giocatore all’inizio per poi costringerlo a completare un po’ tutto per vedere i titoli di coda. È bello che esistano contenuti opzionali, ma la loro fruizione dev’essere incentivata, magari con tesori e altri segreti, non imposta con requisiti esosi per accedere all’ultimo dungeon. Anche in questo frangente emerge quella che in buona fede vogliamo considerare una certa fretta nel “chiudere” il gioco che ne ha impedito un dipanarsi più armonioso. Più che un titolo open-world, ReCore sembra un action adventure lineare “intrappolato” in uno spazio aperto (che è persino paradossale se ci pensate), in cui per giunta l’esplorazione non è sempre agevole, a causa di una realizzazione non ottimale di mappe e indicatori.
Le numerose magagne e “ingenuità” nello sviluppo impediscono al pargolo di Comcept e Armature Studio di raggiungere l’Olimpo dei giochi di culto, e ciò non può che dispiacerci, visto che per alcuni aspetti ReCore è un’opera unica e decisamente ambiziosa. Ciò non toglie che si tratti comunque di un gioco divertente e dotato di un piacevole retrogusto old school. Per apprezzarlo pienamente però, è necessario entrare in sintonia con la sua filosofia. E non è così probabile che ciò avvenga.
Pro
- Direzione artistica piacevole
- Gameplay divertente nelle sue componenti principali
- Buon prezzo di lancio
Contro
- Numerosi, e talvolta gravi, problemi tecnici
- Mappe e indicatori migliorabili
- Dispersivo nel finale