Unravel – Recensione
L’immagine del filo rosso è fortemente romantica e ricca di significato. È nota la leggenda di origine cinese secondo la quale ognuno di noi nasce con un filo rosso stretto al mignolo che lo lega alla propria anima gemella. In Unravel il filo rappresenta una diversa forma dei sentimenti, ma è chiaro che il colore rosso che caratterizza il piccolo Yarni serve a conferire al titolo, realizzato dal team svedese Coldwood Interactive e distribuito da Electronic Arts, quel tocco fiabesco già evidente alla presentazione durante l’E3 del 2015.
Fotografie sbiadite
L’intro breve del gioco, ci porta all’interno di una casa. Entriamo come osservatori silenziosi e invisibili, e veniamo subito pervasi dal calore della dimora, grazie ai colori, agli spazi e agli oggetti che ci rimandano immediatamente alla penisola scandinava. Un’anziana signora con lo scialle sulle spalle, è seduta e osserva una fotografia. Sorride, ma repentinamente le linee del viso diventano cupe. La signora allora si alza, e sbadatamente fa scivolare sul pavimento di legno un gomitolo di lana rosso. Da lì appare Yarni, il protagonista della nostra avventura.
Davanti a noi c’è un album di fotografie, ma se lo apriamo non riusciamo a leggere le didascalie, né a vedere chiaramente le immagini, le quali sono logorate e sbiadite. Le fotografie svolgono il ruolo di oggetto mediatore su cui si basa Unravel: basta selezionare una delle cornici sparse per la casa per essere catapultati nei livelli che lo compongono. Una volta conclusi, le fotografie dell’album acquisiranno colore, permettendoci di entrare nei ricordi dell’anziana signora e della sua famiglia, e comprendere meglio la loro storia.
Sin dal tutorial Unravel mostra le meccaniche che caratterizzano il gameplay. Yarni non ha alcun super potere, né armi o gadget: Yarni stesso è lo strumento che ci permette di proseguire. L’estremità del filo rosso che pende dalla sua mano può essere utilizzata in modi differenti per poter interagire con l’ambiente circostante, rallentando molto il ritmo di gioco rispetto a un classico platform. Al di là di saltare da una piattaforma a un’altra, di aggrapparci attraverso il lancio del filo, e di dondolarci per raggiungere un’estremità lontana, ogni elemento dell’ambiente può, anzi deve essere utilizzato per poter continuare. Il nostro intuito è costantemente chiamato in causa, per capire come dobbiamo legare il filo per riuscire a raggiungere un ramo di un albero, ad esempio annodando il laccio in due estremità per renderlo un trampolino elastico e saltare più in alto, o ancora capire con quale ordine tirare una leva – chiaramente sempre attraverso il filo – e spingere un pezzetto di legno all’interno di una fossa, per far sì che questa si riempi d’acqua, consentendoci così il passaggio verso l’altra sponda, grazie all’ausilio del legnetto lanciato prima, dato che l’acqua è uno dei nostri principali nemici.
Da qui si evince che la componente puzzle è molto forte, anche perché qualsiasi nostra mossa può influenzare la nostra partita. Il tessuto rosso di cui è composto Yarni non è infinito, per cui saremo costretti a raggiungere grovigli di tessuto siti in determinati posti per poter riprendere consistenza e libertà di movimento, altrimenti rischieremo di rendere il nostro protagonista un’esile figura, incapace di fare qualsiasi azione.
Ad aumentare la sfida, vi sono cinque segreti nascosti sparsi in ogni livello, il che aumenta l’esplorazione e allo stesso tempo il rischio di sconfitta, causata principalmente dalla mancanza di materiale.
La perdita di tessuto non è il solo pericolo su cui dovremmo porre attenzione, ma vi sono diverse insidie. Abbiamo già citato l’acqua, capace di farci annegare, ma, a seconda dell’ambientazione, la fauna rappresenta un nemico temibile. Granchi, roditori, zanzare: agli occhi del piccolo Yarni questi appaiono come mostri che non esiteranno un attimo a farlo a pezzi. Spetta a noi capire come evitare il contatto, sempre attraverso il nostro intuito e a un uso sapiente del filo.
Apparentemente il gameplay risulta essere interessante e originale, e caratterizzato da una buona dose di sfida. In realtà Unravel rischia di essere frustrante e tedioso poco dopo. Innanzitutto i livelli sono abbastanza lunghi – si parla in media di 20/25 minuti ciascuno su una decina totali – e già impegnativi sin dalle prime sequenze. Non sarà raro trovarsi fermi davanti a una situazione caotica, tra fili rossi ingarbugliati a caso nel tentativo di comprendere come raggiungere un determinato punto.
Ciò risulta un po’ un paradosso e per diversi motivi. I comandi sono immediati, e le regole della fisica vengono attuate perfettamente a seconda di ogni nostra azione, inoltre i checkpoint sono numerosi, e i livelli abbastanza lineari, grazie all’andamento a scorrimento. Tuttavia la fluidità viene bruscamente interrotta in diverse sezioni perché non è chiaro come avanzare, portandoci a sbuffare più volte, soprattutto dopo avere tentato vari approcci nella stessa sequenza e rimanere comunque bloccati.
Natura benigna, natura matrigna
Per godere della magia di Unravel, bisogna soffermarsi sul lato artistico, su cui Coldwood Intercative ha svolto un lavoro sublime. Il suo titolo è una rappresentazione della natura fiabesca ma allo stesso tempo realistica. Si rimane affascinati davanti ai fiori che ondeggiano al vento, alle onde del mare, alle farfalle che volano sopra la nostra testa. Qualsiasi elemento rispecchia fedelmente l’ambiente naturale, che sia mare, montagna, o palude. Gli occhi di Yarni diventano i nostri, e tutto sembra gigantesco, dandoci quel piacere della sorpresa e dello stupore come se fossimo tornati bambini. Anche la paura del piccolo eroe diventa nostra: figure come i già citati roditori o granchi, che per noi umani sono adorabili, per Yarni sono mostri, capaci di disintegrarci con i loro denti o le loro chele. Questa rappresentazione dualistica della natura, senz’altro realistica, ci permette di apprezzare ogni piccolo dettaglio, il quale permette un’immedesimazione coinvolgente.
Anche il comparto sonoro è degno di nota. Le musiche di ogni livello rimandano alle terre del Nord. Spesso sono malinconiche, ma sono piacevoli e aiutano nell’identificazione in Yarni. Anche egli è originale e coinvolgente: nel suo viso vediamo solo due grandi occhi bianchi, ma sono capaci di farci capire le sensazioni da lui provate.
Questa cura non ci stupisce, soprattutto dopo aver letto il messaggio rilasciato dal team di sviluppo appena avviato il gioco, in cui leggiamo l’impegno e l’amore messo dai ragazzi di Coldwood Interactive per il loro progetto, dimostrando che quando c’è passione i risultati si vedono.
Unravel è un gioiellino che avrebbe potuto splendere di più. Colpisce per la sua atmosfera e per il suo stile che catapultano il giocatore in un contesto meraviglioso e naturale. I comandi di gioco sono fluidi e le meccaniche interessanti, ma da questo punto di vista può apparire tedioso, in quanto è possibile ritrovarsi in situazioni di stallo, che smorzano il gusto della sfida. Sicuramente è un titolo da giocare, ma rimane un po’ di rammarico perché avrebbe potuto regalare un’esperienza davvero indimenticabile, e invece non ci riesce pienamente.