Psycho-Pass: Mandatory Happiness – Recensione
Le realtà alternative immerse in un futuro distopico, deontologicamente ed emotivamente anomalo, sono il pane quotidiano di tutti gli autori visionari del sol levante e del resto del mondo. Per i creativi di ogni nazionalità infatti è all’ordine del giorno da decenni immaginare in che modo e con che conseguenze potrebbe evolversi il genere umano alla costante ricerca della perfezione. Il tutto naturalmente a discapito di un’umanità che vedrà passare in secondo piano tutto il lato emotivo dell’essere vivente, lato che allo stesso tempo ma con modi differenti è comunque materia di studio e sviluppo degli stessi creativi.
Facile immaginare innesti biomeccanici, (Deus Ex per citare un titolo), mostri e divinità che minacciano il genere umano, (God Eater per esempio), poteri sovrannaturali che ribaltano intere società (Akira ha fatto scuola in questo) o entità asettiche che regolano le nostre vite e decidono del nostro futuro come in Psycho-Pass: Mandatory Happiness sviluppato da 5PB e distribuito da NIS America.
Questa ispirata Visual Novel si collega all’anime da cui è stata tratta andando a incastrarsi in un punto non meglio precisato della prima stagione. Per dare un quadro generale del titolo e dell’anime da cui è stato tratto bisogna immaginare una futuristica Tokio del 2112 in cui regna per lo più la pace: questo grazie a un sistema di scansione della psiche dei cittadini che determina in modo inequivocabile la propensione di un dato individuo a compiere atti criminosi. Sibilla, questo è il nome del sistema, attribuisce a ogni cittadino uno Psycho Pass che determina un fattore numerico in grado di stabilire se la persona potrebbe compiere un crimine: fino a un valore compreso tra 100 e 200 il “criminale” viene perseguito a norma di legge mentre sopra il quoziente 200 c’è la cattura, la reclusione immediata e a volte direttamente la morte. Attenzione: non è necessario che il crimine venga commesso realmente, Sibilla giudica la propensione dell’individuo a compierlo.
A essere incaricati di portare a termine il giudizio di Sibilla troveremo gli Inspector e gli Enforcer del Dipartimento di Pubblica Sicurezza: i primi si occupano della parte tecnica e investigativa mentre i secondi sono criminali latenti, mai colpevoli di un crimine ma con un fattore che non scende mai sotto al 100, che verranno riabilitati attraverso il lavoro in polizia. In fondo da che mondo è mondo ci vuole un vero cattivo per prenderne un altro: in ogni caso a scanso di equivoci si viaggia sempre in coppia, un investigatore e un esecutore, in modo che il primo possa comunque tenere sotto controllo il secondo. Il sistema pone sicuramente un forte accento sul dubbio se un futuro del genere possa essere eticamente accettabile e fattibile ma a conferma della loro tesi gli sviluppatori mostrano chiaramente, nel manga e nel videogioco, l’efficienza di un prodotto perfetto che di fatto ha praticamente azzerato la criminalità. Ma come sempre non è tutto oro quel che luccica.
In Mandatory Happiness potremo decidere se impersonificare l’Ispettrice Nadeshiko Kugatachi, vittima di una forte amnesia procuratasi in fase di addestramento che la rende praticamente priva di emozioni, o l’Enforcer Takuma Tsurugi, scanzonato, irriverente e dallo sguardo decisamente poco rassicurante. Il nostro principale nemico sarà Alpha, un criminale con la capacità innata di poter modificare i suoi parametri per risultare sempre pulito all’analisi di Sibilla, e che proprio grazie a questa anomalia che lo contraddistingue e a una spiccata intelligenza mette in dubbio l’intera società. Va detto che Alpha chiaramente porta in sé il germe della follia dato che vuol dimostrare che la vera felicità si ottiene cedendo in modo totale ai propri istinti facendo semplicemente tutto ciò che si vuole. Cercherà quindi persone al limite della normalità e, manovrandole come burattini, le spingerà sull’orlo della disperazione fino a che essi non cederanno e si lasceranno andare al loro lato oscuro.
Difficile parlare di un sistema di gameplay in una Visual Novel perché in realtà esso è totalmente assente. Tolta la possibilità di accedere a un breve inventario che contiene il database di quanto successo fino a ora e poche altre opzioni tra cui il salvataggio, non si può fare niente altro se non non leggere i dialoghi cullati dall’ottimo comparto audio e immergersi nella storia, vero fulcro e punto focale di Psycho-Pass: Mandatory Happiness. Il giocatore ha come unico dovere quello di compiere delle scelte tra le opzioni che gli verranno proposte durante lo svolgimento del caso in questione.
Potremo scegliere per esempio quale piano di un palazzo visitare per primo, oppure il tipo di approccio da dare a un indagine o a un interrogatorio, piuttosto che su quale sospetto concentrarci ma alla fine si tratta sempre di decidere un’opzione tra un ventaglio di cinque o sei disponibili. Anche se a onor del vero ogni decisione porta a una conseguenza diversa e a un diverso svolgimento della storia, questo può deludere chi non si è mai approcciato al genere. Non è nemmeno presente, né necessario chissà quale escamotage grafico. Gli artwork dei personaggi ben caratterizzati e i pochi video correlati da una colonna sonora adatta al contesto sono più che sufficienti per trasportare il giocatore (o il lettore), all’interno di una fiaba nera dalle tinte angosciose e cariche d’ansia.
Già perché la storia di Mandatory Happiness è tutt’altro che una storia felice. Senza voler dire troppo per non spoilerare l’unico divertimento di chi si approccerà al gioco possiamo dire che già dalle prime battute gli argomenti trattati, le implicazioni emotive e morali e le nostre scelte ci porteranno a rammaricarci e in alcuni casi anche ad angosciarci. Giudicheremo persone senza conoscere il background che le ha portate all’esasperazione e al conseguente superamento della soglia di tolleranza di Sibilla. Potremo persino porre prematuramente fine alle loro vite se non sapremo essere giudici consapevoli degli altri, di noi stessi e dell’animo umano. Mettereste fine alla vita di una fanciulla solo perché dopo essere stata vittima di abusi e vessazioni e aver visto il suo uomo trucidato davanti ai propri occhi viene giudicata colpevole da un sistema senz’anima dato il suo elevato Psycho Pass?
E questa è solo una delle scelte morali che trattano temi scottanti come l’infedeltà, la depressione, l’essere genitori e molto altro ancora. In più di un’occasione il giocatore si ritrova a chiedersi se la scelta che ha compiuto è quella giusta, se poteva fare di meglio dopo aver esaminato con più cura tutte le opzioni a disposizione e sopratutto se un sistema come questo sia valido e giusto. La storia di Mandatory Happiness non potrà lasciarvi indifferenti ma a malincuore bisogna ammettere che non basta a fare di questo titolo un prodotto destinato a tutti i videogiocatori. La scarsa interazione presente nelle Visual Novel ne fa un prodotto di nicchia destinato purtroppo solo agli amanti del genere, e la traduzione nella sola lingua inglese con un vocabolario ricercato e non sempre preciso inoltre, ne mina la fruibilità al grande pubblico.
Psycho-Pass: Mandatory Happiness è un titolo controverso che porta in sé da un lato una trama ricca, matura, appassionante e pregna di colpi di scena e dall’altro un gameplay che più si avvicina alla visione di un buon anime o ancora meglio per i nostalgici la lettura di un Libro-Game. Non bastano i vari finali disponibili, (alcuni anche aperti), o trovate brillanti come l’arma che da sola, in base al valore dello Psycho Pass che si trova di fronte decide se infliggere un colpo letale o meno, a riqualificare un titolo che ha purtroppo come unico target gli appassionati del genere o dell’anime.
Pro
- Trama matura e complessa
- Intrigante e nuovo per il mercato occidentale
Contro
- Rigiocabilità praticamente nulla
- Non tradotto in italiano
- Destinato ad un pubblico di nicchia