Prince of Persia The Lost Crown RECENSIONE | Il ritorno in grande stile di un insolito Principe
Un circolo di sensazioni mi pervadevano all’annuncio di Prince of Persia The Lost Crown. Era il giugno dello scorso anno e in pochi scommettevano effettivamente sulla riuscita del titolo, vuoi perché Prince of Persia ci ha sedotti per lunghi anni, e poi abbandonati, vuoi per la peculiare formula scelta per l’ultimo prodotto.
Dopotutto, l’ultimo gioco degno di nota della serie fu quel discusso Prince of Persia pubblicato nel lontano 2008 e da allora abbiamo ricevuto più delusioni che certezze. La saga di Prince of Persia, lunga più di tre decadi, ha sempre però rappresentato per noi giocatori un’isola felice nella quale ritrovarsi serenamente, nonostante alcuni intoppi in cui è incappata.
Niente di grave; eppure il bisogno di un nuovo Prince of Persia si è fatto sempre più forte negli ultimi anni, in parte anche a causa dello sviluppo arrancato del già annunciato Remake di quella perla che fu Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo, pubblicato nel lontano 2003 e, con alta probabilità, il miglior titolo della serie.
Ora, però, Ubisoft ha deciso di voltare pagina con Prince of Persia The Lost Crown, la cui produzione è stata affidata a Ubisoft Montpellier (studio celebre per aver ideato e pubblicato Rayman), mettendo da parte alcune meccaniche tipiche della serie per abbracciare un metroidvania in 2.5D a scorrimento laterale. Lo so, state pensando anche voi proprio a Rayman.
Prince of Persia The Lost Crown RECENSIONE | Il ritorno in grande stile di un insolito Principe
Sargon, giovane combattente al servizio della Regina Thomyris di Persia, è ansioso di mostrare le proprie abilità nel combattimento, dopotutto da poco è entrato a far parte degli Immortali, un gruppo d’élite prestato alla salvaguardia della tranquillità della Regina e della Persia intera, composto da guerrieri dotati di abilità in battaglia uniche e capeggiato da Varham.
Lo sa bene il Generale Uvishka, valoroso cavaliere a capo dei Kushan, che viene sconfitto da Sargon nella prima battaglia che Prince of Persia: The Lost Crown impone di affrontare. Ma lo sa bene anche la Regina Thomyris stessa, la quale invia Sargon e compagni presso il Monte Qaf per risolvere un mistero che vede coinvolto il principe Ghassan.
Da questo momento in poi, in un’atmosfera da Mille e una Notte a fare da contorno, si sviluppa l’intera trama del gioco, che impone a Sargon di fare i conti con le proprie emozioni e che lo costringe a tirare fuori le lame anche dinanzi ad amici insoliti, in una serie di combattimenti memorabili e colpi di scena inattesi.
In una catena di sovrapposizioni temporali tali da generare una leggera confusione, che lentamente va scemando durante l’avanzamento, Prince of Persia The Lost Crown non pone limiti alla fantasia del giocatore: viene reinterpretato il concetto di tempo in modo che il passato, finendo per fondersi con il presente, vada a modificare il futuro.
La concatenazione degli eventi che il gioco propone riesce a mantenere alto il livello di attenzione del giocatore durante ogni fase dell’avventura, complici alcuni incontri che Sargon ha durante l’esplorazione del Monte Qaf (tra contrabbandieri e una ragazzina sempre pronta a venderci una mappa), nonché l’evoluzione del protagonista in termini di abilità acquisite e gestione dei propri poteri.
Come ti stravolgo una saga
Ubisoft ha costruito Prince of Persia: The Lost Crown su una impalcatura peculiare per le recenti pubblicazioni della serie, proponendo con successo un metroidvania, ispirato ai punti cardine della saga, platform action a scorrimento in 2.5 D, con grafiche e ambientazioni realizzate in 3D, all’interno del quale l’esplorazione non lineare della grande mappa di gioco, elemento tipico del genere, viene posta in rilievo.
The Lost Crown si sviluppa quindi tanto in orizzontale quanto in verticale, proponendo una quantità non indifferente di passaggi nascosti e aree non attraversabili, quantomeno fin tanto che non si è in possesso di determinate poteri (ne parleremo). Ciò si traduce in un continuo andirivieni, una volta acquisita l’abilità necessaria, tra luoghi diversi per oltrepassare un ostacolo prima insuperabile.
Ma non solo. Tra repentini salti sui muri e lanci verso il vuoto, in continuo movimento per evitare di farsi ferire dai frequenti spuntoni presenti nel mondo, Sargon, in parte all’inizio e in parte più avanti, è in grado di coprire ogni posizione presente nella mappa, dovendosi arrendere esclusivamente dinanzi ai riflessi scarsi di chi lo controlla.
Il titolo, per facilitare il backtracking, introduce i Frammenti di Memoria, che permettono di fissare sulla mappa, attraverso un particolare ping occhiuto, le posizioni dei luoghi nei quali sono presenti argini non superabili ovvero forzieri non raggiungibili e quanto altro. Tale meccanica, anche alla luce della grandezza della mappa di gioco, risulta spesso necessaria durante tutta l’avventura.
Ammetto di adorare questa funzionalità in quanto, alla stregua del prendere appunti sulla mappa, permette come detto di fissare un punto in cui ritornare successivamente. Se una sporgenza risultava troppo alta e quindi inaccessibile, scattavo una foto per segnarne la posizione, in attesa di acquisire il potere di effettuare un doppio salto; lo stesso ho fatto anche quando ho incontrato porte ovvero griglie insuperabili.
Inoltre, anticipando una feature di cui parlerò analizzando il combat system di Prince of Persia, fondamentale per l’esplorazione risulta essere l’arco, non immediatamente disponibile ma prontamente recuperabile da Sargon all’arrivo presso il Monte Qaf. L’arco infatti può essere utilizzato anche quale oggetto da lancio che, incastrato in determinati innesti, permette di oltrepassare alcuni varchi, inaccessibili altrimenti.
E come non porre l’attenzione sulla peculiare abilità di Sargon di creare una propria copia all’interno della mappa per poi teletrasportasi presso quest’ultima mediante la pressione di un tasto, meccanica che risulta semplice da maneggiare e che più di una volta mi ha permesso di superare alcuni intoppi altrimenti insormontabili.
Tale feature può essere utilizzabile anche attraverso il già citato arco: lanciando l’arma verso un determinato punto, è possibile teletrasportarsi, risultando ininfluente che tra Sargon e la propria copia vi sia un blocco. Tutto ciò rende l’esplorazione e la scoperta del mondo di gioco ancora più soddisfacente, ampliando l’albero delle opzioni da utilizzare per avanzare nella progressione.
Un duello continuo e una pausa rigenerante
Prince of Persia The Lost Crown punta ovviamente tanto per quanto riguarda il combat system. Sargon è capace di attaccare, anche grazie al continuo movimento laterale fatto di scivolate e salti, quasi come fosse un personaggio di un picchiaduro, a cui aggiunge una particolare abilità nella parata, caratteristica essenziale nei combattimenti più complicati.
Non vi sono combo da eseguire durante il combattimento: dite quindi addio alla necessità di memorizzare lunghe e faticose combinazioni di pulsanti. Sargon attacca con le proprie lame esclusivamente attraverso la pressione di un tasto (quadrato) ovvero con l’arco utilizzando il triangolo, che si tratti di sferrare un attacco in terra o in cielo.
Sia chiaro, quanto sopra non si traduce in uno spam continuo del medesimo pulsante poiché, in particolare negli scontri con i boss, è fondamentale studiare una strategia accurata che si basi sulla conoscenza, in primis, degli attacchi che il nemico è in grado di sferrare e poi delle abilità di cui è in possesso il nostro eroe.
Per il resto, occorre sottolineare che, oltre ai classici attacchi, i nemici possono sferrare due particolari offensive caratterizzate dal fatto che il volto si illumina di due colori, giallo e rosso. Qualora si è in grado di parare un colpo “giallo”, Sargon sferrerà una controffensiva letale. Ahimè, gli attacchi rossi non possono essere parati, pertanto siate pronti a schivarli.
I combattimenti contro i Boss principali possono essere inseriti nella categoria dei classici “trial-and-error“: occorre provare e riprovare sin tanto che non si apprendono gli attacchi nemici, in modo da studiare il pattern di mosse nemiche, in particolare più avanti nell’avventura quando la forza degli stessi metterà in seria difficoltà la capacità di Sargon.
Per aumentare la potenza degli attacchi di Sargon, la barra della salute ovvero il danno che una singola freccia può causare, e tanto altro ancora, il protagonista può indossare degli amuleti che, a seconda del grado, occuperanno uno, due o tre slot. Nella mia run sono riuscito a indossare dieci amuleti che mi hanno facilitato non poco i combattimenti.
Fondamentale, inoltre, in Prince of Persia risulta il Chakra, elemento che si ricarica a ogni colpo sferrato o parato da Sargon. Lo stesso, infatti, può essere accumulato per utilizzare delle abilità, che verranno assorbite dal giocatore in determinate circostanze durante l’avventura, attraverso una combinazione di tasti semplice da utilizzare durante i combattimenti.
Sia gli amuleti che le abilità da Chakra devono, però, essere selezionate e attivate in determinati punti della mappa: gli alberi Wak-Wak. Richiamando quasi i Luoghi di Grazia di Elden Ring, Prince of Persia introduce la possibilità di ripristinare la propria barra della salute attraverso la sosta presso un albero Wak-Wak.
Ve ne sono molti sparsi per tutta la mappa di gioco, nei pressi dei quali potete trovare anche punti per lo spostamento rapido, ma il più importante, e certamente più frequentato, è l’albero presente presso il Rifugio, una sorta di Hub nel quale è possibile interloquire con alcuni personaggi per acquistare potenziamenti per le armi, amuleti e tanto altro, spendendo i cristalli, la moneta che il gioco introduce.
Ogni sezione sembra un dipinto interattivo
Anche l’occhio vuole la sua parte, in particolare per un metroidvania nel quale il giocatore si muove con alle spalle uno sfondo fisso, quasi a immortalare ogni scena all’interno di una cornice sino a renderla unica. E ciò vale anche, ovviamente, per Prince of Persia The Lost Crown, nel quale ogni ambientazione risulta perfettamente coerente con lo scenario.
I vari “biomi” in cui è divisa la mappa risultano perfettamente distinti gli uni dagli altri e ciò, oltre a influire sulla caratterizzazione dei nemici, assicura un impatto grafico di tutto rispetto. Dopo qualche ora di gioco, proprio per la perizia con cui il team di sviluppo ha disegnato le aree, non avrete più bisogno di aprire la mappa per conoscere il luogo in cui vi trovate.
Restando in tema, ho apprezzato particolarmente la varietà stilistica con cui sono stati caratterizzati i vari personaggi. Che si tratti di NPC, di nemici casuali ovvero di Boss, lo studio di sviluppo ha avuto la premura di ben disegnare gli stessi, in modo da renderli particolarmente accattivanti dal punto di vista stilistico oltre che ben riconoscibili.
Il risultato è un mondo di gioco incredibilmente realizzato artigianalmente dalle sapienti mani di Ubisoft Montpellier, che non ha lasciato nulla al caso, dal vestiario di Sargon sino allo stile degli oggetti principali o secondari che il nostro protagonista può raccogliere durante l’avventura passando per i coloratissimi dialoghi realizzati in cel shading.
E cosa sarebbe un dipinto interattivo senza un comparto audio di tutto rispetto? La colonna sonora che accompagna il giocatore per l’intera avventura, sebbene non spicchi per originalità, richiamando fondamentalmente i temi de i Mille e una Notte, è sempre piacevole, mai invasiva, quasi a volerci cullare mentre brutalmente ci liberiamo dei nemici sulla nostra strada.
Ci si muove, quindi, all’interno di un mondo nel quale, grazie alla sua bellezza, spesso si è assaliti dal desiderio di oltrepassare, e quindi rompere, il muro delle due dimensioni, di frantumare quelle porte o quei blocchi che separano Sargon dallo sfondo che lo accompagna, e immergersi in un universo tridimensionale e aperto. Ma tant’è.
Postilla finale di merito per una particolare zona della mappa di gioco: la Fossa delle Sabbie Eterne. Questa zona rappresenta il più nostalgico degli omaggi a Prince of Persia Le Sabbie del Tempo, con le sue distese continue di sabbia in cui il tempo scorre al contrario. Sargon può cavalcare infatti lunghe cascate di sabbia, salendo verso l’alto, alterando la normalità.
A portata di tutti
Prince of Persia The Lost Crown introduce un livello di personalizzazione dei parametri di accessibilità sensazionale. All’inizio e nel corso dell’avventura, è possibile scegliere, in primis, il livello di difficoltà: il gioco ne propone tre di base, a seconda dei danni inflitti, dei danni ricevuti e altro ancora, più un quarto completamente personalizzabile dal giocatore.
Successivamente, è possibile scegliere tra due modalità di navigazione all’interno della mappa e del mondo di gioco. Troviamo la modalità guidata che permette al giocatore di visualizzare nella mappa i punti chiave (tra cui l’obiettivo principale). Nella modalità libera, al contrario, tutto è nelle mani (e soprattutto nella mente) del giocatore.
Ma non solo. Prince of Persia introduce opzioni di personalizzazioni del contrasto, in cui i giocatori possono selezionare una preimpostazione di colori ad alto contrasto, ma anche desaturare lo sfondo ed evidenziare gli oggetti con un colore. È inoltre possibile ingrandire la scala dell’HUD (Heads Up Display) e disattivare le vibrazioni dello schermo.
Prince of Persia The Lost Crown contiene anche funzionalità per aiutare i giocatori a imparare e progredire nella piattaforma del gioco. I giocatori possono abilitare l’evidenziazione degli elementi interattivi e l’assistenza nel superamento di alcune sezioni di gioco che possono rivelarsi particolarmente impegnativi attraverso la creazione di un portale nel quale accedere.
Un bastone e tante carote
I precedenti titoli della saga di Prince of Persia hanno contribuito a far nascere in me determinate aspettative, anche solo riferibili al solo genere del prossimo titolo della serie. Mi sarei immaginato, quindi, una possibile avventura punta e clicca che coinvolgesse direttamente il principe ovvero che venisse seguito il filone arido degli open world.
Al contrario, quando è stato annunciato The Lost Crown, la mia mente ha faticato inizialmente a mettere a fuoco quale sarebbe potuto essere il risultato finale di una Persia racchiusa in un metroidvania. Ritenevo, un po’ inconsciamente, che Prince of Persia nulla potesse centrare con titoli del calibro di Hollow Night o Metroid.
Eppure le scommesse non sono mai state il mio forte. Ubisoft Montpellier ha realizzato e messo a disposizione del pubblico finalmente una piccola (grande) gemma, in particolare grazie all‘esperienza di alcuni dei migliori designer di piattaforme del settore. Va precisato che parte del team di questo Prince of Persia ha lavorato su Rayman e ciò si riflette in positivo nella costruzione del mondo.
La musicalità nel movimento, un’onda suadente che accompagna Sargon per tutta l’avventura, rappresenta la capitalizzazione di un lavoro del team quasi perfetto. È chiaro che nulla è stato lasciato al caso e che Prince of Persia sia in grado di settare uno standard, se pur non raggiunga, per i motivi cheb immediatamente vi spiegherò, per qualità alcuni metroidvania che hanno reso celebre la categoria.
Ciò che mi ha leggermente deluso, ma sia chiaro che non intacca minimamente l’esperienza di gioco (semplicemente sono leggermente puntiglioso), riguarda l’interazione con il mondo di gioco e la leggera ripetitività in alcuni tratti, in parte causata anche dalla longevità del titolo (ho completato la quest principale in circa 17/18 ore).
Probabilmente il mio livello di aspettativa superava ogni concreta possibilità ludica, eppure se è vero che in Prince of Persia ci muoviamo in un bellissimo e colorato quadro, è altrettanto vero che l’interazione con il mondo di gioco è limitata. Sargon può si scalare ogni parete e traliccio per raggiungere le sommità, ma, per il resto, interagire con gli elementi presenti risulta poco soddisfacente.
La situazione migliora leggermente quando il protagonista apprende una particolare abilità che gli consente di intrappolare determinati oggetti e nemici in un universo alternativo, per poi ributtarli all’interno del mondo di gioco a piacimento. Questa meccanica risulta fondamentale in determinate circostanze nelle quali, ad esempio, occorre frantumare un muro di pietra.
Per il resto, Prince of Persia The Lost Crown rappresenta l’archetipo del platforming, un titolo in grado di mettere a repentaglio anche le menti più argute per il livello di difficoltà che il mondo di gioco presenta. Le insidie sono dietro l’angolo, in ogni momento. Armatevi di impegno e pazienza e godetevi una delle migliori avventure che renderanno questo 2024 un pizzico più speciale.
Un'avventura epica, un action ricco di qualità e un platform unico nel genere.
Pro
- Livello di difficoltà accattivante
- Platforming ben curato
- Rappresentazione grafica sensazionale
Contro
- Poca interazione con il mondo circostante
- Durata complessiva leggermente troppo alta