Phoenix Wright: Ace Attorney – Recensione Phoenix Wright: Ace Attorney
Negli ultimi tempi, la console portatile dal doppio schermo di casa Nintendo sta offrendo ai suoi fortunati possessori piccole perle videoludiche, innovative sotto certi aspetti (grazie, in particolare, all’uso del pennino) e sicuramente inusuali, tra le quali figura, senza ombra di dubbio, Phoenix Wright: Ace Attorney.
Remake per DS di Gyakuten Saiban, titolo per Gameboy Advance uscito in Giappone nell’ormai lontano 2001, PW: Ace Attorney è una visual-novel (parlare di un’avventura grafica in realtà sarebbe riduttivo) che, rispetto al predecessore, punta ovviamente sull’utilizzo del touch screen e del microfono, oltre ad un capitolo aggiuntivo in cui si dovranno padroneggiare nuove tecniche investigative che sfruttano appieno le caratteristiche del nostro DS. Questo gioco ha già riscosso in patria un grande successo, testimoniato dal fatto che sono già usciti un secondo e un terzo capitolo (entrambi su Gameboy Advance), mentre il quarto, creato appositamente per Nintendo DS, sarà presto nelle mani dei fan nipponici della serie. Ma di cosa si tratta? Unico nel suo genere, Gyakuten Saiban è un “simulatore di avvocato”, con tanto di cause, giudici e testimoni da controinterrogare.
E’ il momento di fare silenzio in aula, comincia il processo all’imputato Phoenix Wright: Ace Attorney.
La trama e i personaggi
Sin dall’inizio della storia si vestiranno i panni di un giovane avvocato difensore, Phoenix Wright (Naruhoudo Ryuichi in patria), il quale, alle prese con il suo primo processo, farà la conoscenza di tanti altri indimenticabili personaggi che lo accompagneranno nei cinque episodi: la bella e sagace Mia Fey, mentore del protagonista, la sorella di Mia, Maya, giovanissima sensitiva, il leale detective Dick Gumshoe e l’eterno rivale di Phoenix, il procuratore Miles Edgeworth.
Fin dalle prime battute salta all’occhio la perfetta caratterizzazione dei personaggi, sia sul piano caratteriale che su quello grafico. Sembra di trovarsi di fronte ai protagonisti di un manga di qualità: le azioni e i gesti dei protagonisti sono naturali e umani, e riflettono in pieno i loro caratteri. Phoenix Wright, fresco di tirocinio presso lo studio legale “Fey and Co.”, al suo primo processo rischia, a causa della tensione e dell’emozione, di perdere. Non è un supereroe, ma un giovane uomo come tanti che può contare solo sulla sua parlantina e sulle deduzioni per difendere il suo assistito. Miles Edgeworth (in patria Reiji Mitsurugi) è la nemesi del protagonista: sicuro di sé, arrogante e, all’apparenza, persino spietato. Durante i processi mostra costantemente di sapere il fatto suo, ma anche la sua fredda sicurezza crollerà nel corso del gioco, rivelando un approfondimento psicologico invero ottimamente realizzato.
Con un cast di personaggi così, la storia non poteva che essere avvincente e con un plot poliziesco ben curato; inoltre, anche i dialoghi sono coerenti e, in alcuni passaggi, a dir poco geniali. Nei cinque episodi la trama procede in una sorta di crescendo rossiniano, e ci si dimentica quasi che si tratti solo di un gioco.
Non è indifferente, infatti, la crescita personale e professionale di Phoenix, da novellino a Principe del Foro (o quasi): attraverso l’esperienza dell’amicizia vera, del dolore, del tradimento, della vendetta, si assiste alla sua (seppur non completa) maturazione, esattamente come avviene con i personaggi letterari (da qui il termine visual novel). Tuttavia, la caratterizzazione in stile anime smorza i toni spesso drammatici (dopotutto, si parla di omicidi non risolti e di casi giudiziari), anzi, più volte si può assistere a scenette buffe infarcite della tipica comicità giapponese che conosciamo bene grazie ai manga e ai cartoni animati, ma tutto ciò non fa che rendere ancor più godibili le avventure dell’avvocato più pasticcione di sempre.
Obiezione!!!!
Ad una trama perfetta e ad un ottimo cast di personaggi si accompagna una giocabilità semplice ma appassionante, basata grandemente sul ragionamento e sulle nostre deduzioni.
Le fasi di gioco si dividono essenzialmente in due parti: l’investigazione e il processo.
Nella prima parte, infatti, sarà nostro dovere raccogliere tutti gli indizi utili per venire a capo della situazione che si presenta all’inizio di ogni episodio; forse il ritrovamento di queste prove non sarà la parte più interessante, in quanto costringerà ad analizzare (e qui il touch screen entra in gioco) attentamente ogni singolo oggetto o, spesso e volentieri, di tornare più volte sulla scena del crimine ma, quando si sarà in grado di ricostruire gli eventi e risolvere il caso, la soddisfazione non tarderà ad arrivare.
I processi, invece, sono la fase più concitata e appagante del gioco: il nostro compito è interrogare i testimoni e scovare le contraddizioni nelle loro deposizioni, oltre che dimostrare, attraverso le prove, la non colpevolezza dei nostri assistiti. Qualora avessimo l’intuizione che il testimone non stia dicendo la verità Phoenix Wright, attraverso la pressione dell’icona appropriata sullo schermo, si metterà ad urlare “Obiezione!”, frase che ormai è diventata un tormentone per i fan, e si avrà la possibilità di mostrare la prova decisiva che cambierà le sorti del processo. Un particolare discretamente divertente è l’uso del microfono, attraverso la pressione del tasto (Y), per pronunciare “Obiezione!”: sicuramente un modo simpatico per calarsi nei panni del protagonista, ma anche una soluzione da evitare in luoghi pubblici!
L’utilizzo del touch screen e delle potenzialità del DS è più evidente in modo particolare nel quinto e ultimo episodio, attraverso nuove “tecniche investigative” che aggiungeranno più interesse ad una già più che buona giocabilità.
Colonna sonora e curiosità varie
Analizzando il sonoro si può affermare che, seppur priva di brani di un certo spessore, la colonna sonora di PW è gradevole e orecchiabile, nonostante una certa ripetitività. Si tratta pur sempre di un accompagnamento azzeccato nei vari momenti del gioco: ad esempio, il ritmo sarà più concitato nelle fasi processuali, dove la tensione è al massimo, mentre nei momenti più rilassanti i brani saranno più allegri.
Per concludere l’analisi del gioco un appunto va fatto per l’adattamento italiano, basato su quello americano. Sebbene la traduzione del gioco sia ineccepibile, sono più che evidenti delle forzature; è palese che lo scenario dell’azione dell’intero gioco sia il Giappone, così come giapponesi siano i personaggi nella versione originale. Pur tuttavia, la scelta di nomi anglosassoni non sembra molto azzeccata da parte dei localizzatori americani, considerato il contesto, ma oramai il nome Phoenix Wright (tra l’altro il cognome si legge “rait”, come la parola “right”, “giusto”) è entrato nel cuore di tutti gli appassionati della saga e difficilmente ne uscirà.
Tirando le somme, gli unici due difetti che si possono riscontrare nel gioco sono una longevità non proprio eccelsa e una rigiocabilità pari a zero, ma questo fattore è una costante per un titolo di questo genere e, in ogni caso, non mina l’ottima qualità del prodotto marchiato CAPCOM.
Inutile dire che Phoenix Wright sia largamente consigliato agli appassionati del genere e, perché no, anche a tutti i possessori del Nintendo DS; anzi, non è un’esagerazione includerlo tra i giochi da avere assolutamente nella nostra collezione videoludica.
E con questo è tutto.
L’udienza è tolta!