Phoenix Wright: Ace Attorney Justice for All – Recensione Phoenix Wright: Ace Attorney Justice for All
Dopo il successo del primo episodio, Phoenix Wright: Ace attorney, tornano sul doppio schermo della console portatile Nintendo le avventure dell’avvocato difensore Phoenix Wright con il secondo capitolo della serie: Phoenix Wright Justice for all. Come il suo predecessore è stato il remake di Gyakuten Saiban, Yomigaeru Gyakuten, questo nuovo lavoro è la fedele trasposizione per ds di Gyakuten Saiban 2, gioco uscito per GBA esclusivamente sul suolo nipponico. A differenza del primo PW, che presentava un caso (per la precisione l’ultimo dei cinque in cui è suddiviso il gioco) creato appositamente per ds con nuove tecniche investigative, sfruttando le caratteristiche del touch screen e del microfono, PW:Justice for all è composto da soli quattro capitoli. Questo ritorno nelle aule dei tribunali si rivelerà sicuramente una sfida divertente ed esaltante per i giocatori che decideranno di indossare nuovamente i panni dell’avvocato dai capelli a punta. Scopriamo il perché.
Vita da avvocato, parte seconda
La nostra storia si svolge un anno dopo gli eventi narrati nel primo episodio della serie. Il protagonista è sempre il venticinquenne avvocato difensore Ryuichi Naruhodo, conosciuto meglio in occidente come Phoenix Wright. Chi ha già potuto gustare PW: ace attorney, qui ritrova alcune vecchie conoscenze (come la sensitiva Maya Fey, o il detective bonaccione Dick Gumshoe) ma anche nuovi personaggi, come la piccola Pearl Fey e la temibile Franziska Von karma. Diverse citazioni e riferimenti al precedente capitolo saranno presenti, ma la storia potrà essere apprezzata anche da chi si accosta a questa serie di graphic-novel per la prima volta. Le trame poliziesche dei quattro episodi di PW: justice for all, infatti, sono sempre di ottima fattura e ben curate nei dettagli. Momenti di pura spensieratezza si alterneranno a passi più drammatici: mentre la tensione, sempre in crescendo nelle fasi processuali grazie a mai scontati colpi di scena, verrà talvolta allentata da siparietti comici sempre azzeccati che strapperanno più di un sorriso. I personaggi sono ottimamente caratterizzati e ben approfonditi, e questo discorso non vale solo per i protagonisti, ma anche per i comprimari. I gesti sono coerenti al loro carattere, e anche se spesso basati su stereotipi, risultano credibili e umani.
Lucchetti psichici
Per chi non avesse giocato il precedente episodio, il sistema di gioco era semplice e intuitivo e si divideva in due parti: una dedicata al ritrovamento di più prove possibili ai fini della risoluzione del caso, e il processo stesso, nel corso del quale , attraverso il contro interrogatorio dei testimoni e un sapiente utilizzo delle stesse prove avrebbe dovuto portare alla vittoria e al verdetto di non colpevolezza del nostro cliente.
Il gameplay è rimasto sostanzialmente molto simile a quello del predecessore, con piccole ma rilevanti novità. La possibilità di presentare come prova, sia durante il processo che nelle fasi di investigazione, i profili dei personaggi, aumenta la difficoltà nella sfida. L’altra novità riguarda i Lucchetti psichici, ovvero la possibilità di poter vedere quando i personaggi che incontriamo stanno mentendo o stanno nascondendo qualcosa che ci potrà ritornare utile in futuro. Lo strumento è il Magatama, un antico artefatto pieno di forza spirituale donatoci da Maya, che ci permette di interrogare i testimoni durante i nostri dialoghi, esattamente come durante i processi. Ma proprio come succede nei contro interrogatori, i nostri errori o una insufficienza di prove verrà pagata a caro prezzo. La barra verde che indica i tentativi a nostra disposizione si svuota in caso le nostre intuizioni risultino sbagliate e si riempie una volta che si è riusciti a spezzare tutti i lucchetti psichici. Al processo si utilizza questa stessa barra, perciò potremmo partire in svantaggio o con tutte le possibilità da sfruttare per risolvere il caso a nostro favore. Il saper giocare bene le proprie carte, il ragionamento e la memoria sono gli elementi necessari, per la risoluzione del caso. Quando tutti i pezzi si incastrano alla perfezione, come in un intricato puzzle, porta non poche soddisfazioni al giocatore.
Grafica e sonoro
La grafica del gioco in stile anime è ineccepibile come sempre. Sebbene si tratti di storie poliziesche i colori vividi e il character design non stonano affatto, anzi sono uno dei tratti distintivi della serie, nonché uno dei punti a favore. Anche il comparto audio è a più che buoni livelli: gli effetti sonori sono ben ricreati ed è sempre una cosa divertente sentire le voci degli avvocati gridare “Ecco!” o l’ormai celebre “Obiezione!”. I brani sono gradevoli e quasi mai monotoni, anche se alcuni sembrano essere ricalcati su quelli del primo episodio di PW. C’è da dire che comunque non sono mai fuori luogo, anzi sono un ottimo sottofondo per aumentare la tensione o per smorzarla, a seconda dei casi.
Tirando le somme abbiamo un nuovo esaltante capitolo che non può mancare nella collezione dei fan della serie o degli appassionati delle avventure grafiche in generale. Non aggiungendo quasi nulla di nuovo, PW: justice for all risulta essere in fondo solo un’appendice del primo insuperato capitolo. Un episodio che serve solo a colmare l’astinenza dalle avventure dell’avvocato pasticcione, e nulla di più. Inutile dire però che questo suo compito lo svolge nel migliore dei modi.