Patapon – Recensione Patapon
La musica e il ritmo, sono nati con l’uomo: già i popoli primitivi si servivano di rudimentali strumenti per tenere il tempo durante le battute di caccia, nei riti propiziatori o per esorcizzare l’atavica paura dell’ignoto. Più il ritmo diventava ossessivo, più l’azione era concitata, infondendo energia ai prodi cacciatori o permettendo agli stregoni di comunicare direttamente con le divinità. Questa lezioncina di (pre)istoria in pillole è doverosa perchè l’ultima folle fatica dei ragazzi del team Pyramid, pubblicata dai Japan studios che già diedero i natali al coloratissimo e spassosissimo LocoRoco, parte esattamente dal concetto spiegato qualche riga più in su: si parla di Patapon, originale quanto particolarissimo rythm game approdato in Europa, per PlayStation Portable, il 22 febbraio scorso, e già entrato nei cuori di molti appassionati come fecero le variopinte palline canterine Di LocoRoco.
PATA PATA PATA…PON!
I Patapon sono un’antica tribù le cui tracce sembravano essere state cancellate dalla storia; ma con il ritrovamento di alcuni superstiti e soprattutto grazie all’intervento del giocatore, che impersonerà l’Onnipotente divinità degli "occhiettini con braccia e gambe" (essendo questo il reale aspetto degli omini in questione), la civiltà Patapon potrà tornare a rifiorire e, raggiungendo Fineterra, i mini-ciclopi potranno trovare appagamento e soddisfazione ottenendo quella "COSA". Risulta ben chiaro dalle primissime battute che il gioco è permeato da una irresistibile ironia e che la simpaticissima naÏveté dei Patapon non tarderà di farci prendere a cuore la loro causa. Accettato dunque di intraprendere l’avventura e di vestire i panni del "Kami " di turno, il nostro compito sarà quello di gestire la tribù dei primitivi monocoli.
Si otterranno così dei tamburi magici, che rappresentano il fulcro di questo gioco, associati ciascuno ad un tasto della PSP: difatti i Patapon non fanno nulla da soli, tocca all’Onnipotente decidere se farli avanzare, attaccare, difendere e così via, pigiando a ritmo i tasti/ tamburi in quattro battute: ad esempio per far muovere i nanerottoli occorrerà premere una certa sequenza di tasti, mentre per attaccare un’altra: sbagliare le tempistiche sarà deleterio perchè non solo il canto guerresco non sortirà alcun effetto sui nostri protetti, ma questi ultimi potrebbero diventare facile preda delle frecce Zigoton (la tribù nemica) o peggio, del boss di turno. All’inizio quindi prendere la mano e tenere il tempo richiederà una certa attenzione e potrebbe portare i meno pazienti all’immediata frustrazione; chi invece accetta il compromesso del ritmo trarrà grandi soddisfazioni quando il mini esercito otterrà le prime vittorie in battaglia o nelle frequenti battute di caccia.
Benvenuti a Patapolis
Il gioco si divide essenzialmente in due fasi: quella di "azione", della caccia e delle battaglie e un’altra che presenta una lieve infarinatura di elementi ruolistici; in effetti definire Patapon un rythm game tout court è quanto di più riduttivo se non praticamente errato che si possa dire. Il titolo infatti integra in maniera innovativa più generi, dal puzzle al rpg strategico, non sottovalutando di certo la sua matrice "musicale": Nella città di Patapolis, capitale del popolo Patapon, ci si occuperà della tribù e in particolare delle nostre truppe: all’inizio si avranno a disposizione poche unità di Yaripon, ovvero la fanteria armata di lancia, ma attraverso Mater, l’albero della vita, si potranno creare altre "specialità" di guerrieri, al fine di creare un esercito invincibile.Per dare vita agli altri soldati si dovranno perciò sacrificare a Mater degli oggetti, che siano minerali, carne o legnami più o meno pregiati e un certo quantitativo di Ka-ching, la valuta corrente a Patapolis. La caccia agli animali che popolano le zone circostanti sarà il metodo principale con il quale rifornire la propria scorta di questi materiali, nonchè fonte primaria di preziosi Ka-ching. A Patapolis inoltre, vero e proprio quartier generale dei monocoli soldatini, troveremo fabbri, musicisti, cuochi e contadini, protagonisti di spassosi minigiochi, anch’essi basati sul concetto del ritmo, utili per ottenere altri oggetti da sacrificare all’albero della vita. Tuttavia, per quanto simpatici e atti a spezzare la monotonia che è sempre dietro l’angolo, data la continua reiterazione di battute di caccia, assedi e battaglie campali, non sono sufficientemente coinvolgenti; anzi soffrono anche questi di una certa ripetitività (da notare poi che non si può skippare in alcun modo la presentazione del minigioco, con risultati spesso irritanti). Nella capitale infine si potrà accedere all’inventario, ed è qui che la sacerdotessa Meden, guida spirituale Patapon, indicherà il cammino da intraprendere per giungere alla tanto agognata "COSA".
A me gli occhi!
Alle primissime battute di gioco si avranno a disposizione due tamburi (PATA il cerchio e PON la croce), una manciata di canzoni guerresche (per avanzare -PATA PATA PATA PON– e attaccare -PON PON PATA PON -) e tre tipologie di soldato: i summenzionati Yaripon, ovvero i lanceri, e i Tatepon e Yumipon, rispettivamente i guerrieri adatti alla mischia e gli arcieri. Le cose più avanti si complicheranno e si faranno più varie ed interessanti: più tamburi, nuove canzoni (la difesa, la ritirata e così via) e ulteriori elementi da mandare in battaglia: la guerra, anche tra primitivi occhiettini, viene vinta dai valorosi ma soprattutto dagli abili strateghi, quindi pianificare bene quali unità disporre sul campo di battaglia sarà di vitale importanza per sopraffare il nemico ed evitare che la scritta MISSION FAILED faccia capolino sui nostri schermi, cosa che scatterà quando tutti i Patapon saranno morti stecchiti oppure in caso di dipartita di Hariton, l’inerme portabandiera e motivatore del gruppo.
Fever!
Mantenere il ritmo nei livelli risulterà fortemente necessario in determinati frangenti, poichè inanellare una serie di battute giuste porterà una serie di benefici: I Patapon infatti entreranno in modalità "FEVER", durante la quale il ritmo si farà più forsennato e i belligeranti monocoli miglioreranno le loro prestazioni: maggior difesa, attacchi più frequenti e così via. Ed è solo in questo febbrile stato di trance che si possono performare i "miracoli", sorta di danze propiziatorie che influenzeranno gli elementi della natura allo scopo di sfruttarli a proprio favore: se una folata di vento può indirizzare le frecce Patapon verso gli avversari, un’improvvisa pioggia può placare l’arsura nel deserto o ancora meglio coprire gli odori durante la caccia. Dov’è l’inghippo? Mantenere lo stato di FEVER, dato che il canto dei Patapon risulterà accelerato e frenetico, risulterà decisamente più complicato mentre i miracoli, man mano che si progredisce nel gioco, richiederanno combo letali, nonchè una notevole prontezza di riflessi per essere attivati.
Comparto tecnico
I Japan Studios aveva ben abituato i giocatori di LocoRoco, con una grafica semplice ma coloratissima e una colonna sonora di tutto rispetto, con brani ed effetti tanto pazzi quanto indimenticabili. Il discorso si ripete con Patapon: il gioco si svolge sul piano delle due dimensioni e non sfrutta neppure lontanamente le potenzialità grafiche a cui ci ha abituato sinora PSP, tuttavia sia la palette cromatica degli sfondi, il loro stile naif, per non parlare del character design ideato dal francese Rolito, sono deliziosi e quantomai azzeccati. La semplicità è solo apparente; nonostante i personaggi non siano che delle silhouette in bianco e nero, sono dotati di una impressionante espressività e spessore; il merito va anche all’ottima fluidità delle animazioni: è un piacere vedere i piccoli Patapon saltare, arrabbiarsi, gioire e persino prendere fuoco e correre come dei forsennati per spegnere le fiamme… a patto che non ci si distragga dal tenere il tempo.
L’accompagnamento sonoro è gradevole e piuttosto vario, appropriato e scandisce bene le fasi di gioco: ma i veri protagonisti sono sempre loro, i Patapon e le loro vocine, i quali risponderanno a ritmo alle battute in quattro quarti, dando il loro meglio in piena FEVER. Certo non si arriva alla delirante simpatia delle canzoncine dei LocoRoco, ma i ritmi tribali del software del Pyramid team non tarderanno a diventare un facile tormentone presso i videogiocatori di tutte le età.
Battaglia vinta a suon di tamburi, quella di Patapon? Si e no. In realtà, data una certa difficoltà e a causa delle dinamiche di gioco alla lunga frustranti e ripetitive, il titolo rischia di distogliere facilmente l’attenzione da sè specie da parte dei casual gamer. Tuttavia Patapon, dietro all’apparenza di gioco semplice, resta comunque un titolo di spessore nell’ormai "affollata" soft-teca di PSP, assolutamente da avere in collezione se si è accaniti sostenitori del genere, comunque da provare per tutti gli altri.