Parasite Eve – Recensione Parasite Eve
The cinematic RPG
Non c’è che dire, la Squaresoft ai tempi della PSX sfornava davvero dei grandi giochi. Sebbene fosse famosa per la saga di Final Fantasy, la Squaresoft creò anche altri giochi di grandissimo spessore. Parasite Eve è appunto uno di questi.
Prendendo spunto dall’omonimo romanzo giapponese di Hideaki Sena (tra l’altro proposto come film nel 1997), nel 1998 la Squaresoft diede luce a tale gioco, ma solo per il mercato americano e giapponese; infatti in non è mai stato importato in Europa.
Sostanzialmente è un misto tra un gioco di azione/avventura alla Resident Evil (visto che la protagonista, Aya Brea, sarà controllata in terza persona, sia durante le fasi di esplorazioni che di battaglia) ed un gdr (ci sono infatti punti esperienza, livelli, magie e parametri). Il gioco ebbe un ottimo successo, d’altronde la trama era degna di un film hollywodiano e al tempo stesso longevo e coinvolgente come gioco, oltre ad una realizzazione tecnica quasi impeccabile. Ma analizziamo più specificatamente l’intero gioco.
Uno spettacolo per gli occhi
Graficamente il gioco è stupendo. Come da consuetudine Squaresoft, il gioco parte subito con una spettacolare introduzione in FMV che subito coinvolge lo spettatore. Ovviamente se il gioco è stato definito come "The Cinematic GDR" un motivo ci sarà.
Infatti, oltre ai tanti filmati in computer grafica molto belli e realistici all’epoca in cui furono programmati, l’intero gioco è realizzato con un grafica in 2D prerenderizzato che davvero lascia a bocca aperta. Ogni sfondo è molto ricco di dettagli, e non passa schermata in cui non sembra di essere davvero nelle locazioni del momento, sentendo al medesimo tempo la stessa atmosfera che si sentirebbe in quei posti.
Mentre gli sfondi sono costruiti in 2D renderizzato, tutto il resto, ossia personaggi, oggetti mobili e mostri, sono costruiti interamente in 3D, come nei primi Resident Evil, tanto per rendere bene l’idea. Beh, almeno in questo, la Squaresoft ha peccato un pò. Aya ad esempio sembra troppo stilizzata, oppure ci sono personaggi come Daniel che risultano troppo "abbuffati". Ma in generale è una cosa che si avverte solo nelle prime ore di gioco, infatti ci si dimentica presto di queste piccolezze grafiche. Invece tutto il resto, ossia oggetti e mostri, sono ben disegnati e costruiti in termini di dimensioni, anche se a causa delle varie inquadrature da lontano o dall’alto, non risultano troppo definiti o dettagliati (a parte la vostra nemesi principale, che sarà uno spettacolo per gli occhi).
In definitiva, Parasite Eve gode di una grafica eccezionale, davvero sembra di assistere ad un film (complice la trama "cinematografica") piuttosto che giocare ad un semplice videogame.
Una buona prestazione di Yoko Shimura
Anche nel reparto sonoro le cose vanno molto bene. Il gioco infatti ha una bella colonna sonora composta da Yoko Shimura e musiche come "Wait for something awakens", "Se il mio amore sta vicino", "Memories of Aya and Eve" e "A piece of remaine", difficilmente passano inosservati o, per meglio dire, inascoltati. Ogni musica è collegata perfettamente al luogo e alla situazione del momento, sebbene molto spesso si finisce col riascoltare le stesse musiche rimixate in modo diverso.
Gli effetti sonori invece sono nella norma, sebbene spesso sembrino anonimi.
Purtroppo al gioco manca la ciliegina sulla torta, ossia un degno doppiaggio. A parte il quarto d’ora di gloria di Melissa all’inizio, in cui si esibisce in uno splendido pezzo da solista, nel gioco i personaggi restano tutti muti. Ciò non dovrebbe sorprendere visto che all’epoca nessun gdr aveva i personaggi doppiati, ma solo dialoghi a schermo; però per questo tipo di gioco sarebbe stata una scelta molto azzeccata inserire dei dialoghi parlati. In generale, un buon comparto sonoro, incompleto, ma quello che c’è è degno di nota.
Ma è un film o cosa?
La trama, come detto all’inizio, prende spunto dall’omonimo romanzo giapponese, c’è da dire, però, che non la riprende fedelamente ma ne conserva solo gli argomenti principali (in particolar modo il tema dell’evoluzione e dei mitocondri).
Nel gioco assisterete quindi alle vicende di Aya Brea, durante l’arco di una settimana che va dal 24 al 30 dicembre del 1997.
Aya è una recluta della polizia di NYPD; la sera di Natale va all’opera al Carnegie Hall di New York City e durante lo spettacolo, improvvisamente quasi tutte le persone prendono fuoco e vengono bruciate vive. Solo in tre sono rimasti illesi: Aya, l’uomo che ha dato appuntamento ad Aya e l’attrice sul palcoscenico. Aya sale su di quest’ultimo per confrontarsi con l’attrice, ossia Mellissa Pearce. Dopo un combattimento fuori dall’ordinario ed un dialogo tra le due donne molto enigmatico riguardante i mitocondri delle cellule di Aya, Melissa scompare nel backstage. Inseguendola dietro le quinte e arrivando ai camerini, Aya trova il diario di Melissa, nel quale scopre che l’attrice faceva uso di strani farmaci. Infine Aya reincontra Melissa, questa volta non più in veste umana, ma nella forma di una mostruosità volante. Ella allora dichiara di non essere più Melissa Pearce ma Eve, un essere con lo scopo di liberare i mitocondri di tutto il mondo. Dopo un altro combattimento, Eve fugge nelle fogne, ma Aya riesce a raggiungerla, soltanto per poi vederla di nuovo scomparire.
Questo è l’inizio di Parasite Eve. Spettacolare è un aggettivo che non basta per questo inizio di gioco. Da subito spunteranno tanti misteri e domande, a cui potrete rispondere solo andando avanti nel game. La trama, sebbene breve in sè, riesce a tenere sulle spine fino alla fine e, complici le locazioni del gioco, sembra davvero un film hollywodiano in tutti i sensi, anzi forse meglio. Da notare che dovrete finire il gioco al 100% se vorrete vedere il vero finale del gioco, anche se quello normale chiude la storia in modo quasi completo.