Outward – Recensione
Deep Silver e NineDots portano "sulle nostre tavole" Outward, un interessante unione di elementi ruolistici e survival, con l'aggiunta del cooperativo!
Oltre che nel creare giochi di qualità notevole, FromSoftware ha l’indubbio merito d’aver riportato in auge quel che era una delle caratteristiche fondanti dei videoludi vecchia scuola: la difficoltà. Assieme a un mondo complicato e ostile, lo studio di sviluppo nipponico ha re-innestato nelle zucche dei moderni videogiocatori che i videogame sono, innanzitutto, un passatempo dal sapore di sfida. Outward, frutto della partnership fra Deep Silver e Nine Dots Studio, per certi versi ha imparato e fatto sua la lezione, proponendosi sul mercato con una sua personalissima offerta ludica che si poggia su di una combinazione di caratteristiche molto promettenti.
Sarà tutto oro quel che luccica?
Outward è un gioco di ruolo in terza persona, che racchiude al suo interno un vasto e colorato mondo aperto e meccaniche tipiche dei giochi di sopravvivenza. Dopo le primissime (e per taluni piuttosto ardue) ore di gioco, Outward calerà la maschera e mostrerà il suo vero volto, proveniente direttamente da quegli scaffali di qualche decennio fa ricolmi di giochi complicati e “brutali” nel modo di porsi e di accogliere gli utenti. Il titolo Nine Dots, infatti, si abbevera alla stessa sorgente dei “soulslike”, a loro volta legati a un retaggio ruolistico vecchia scuola, poggiando il proprio stile ludico su di un sistema di combattimento semplice concettualmente, ma difficile da controllare appieno e dal livello di difficoltà piuttosto alto, incorniciato da un mondo tanto libero quanto pericoloso e senza pietà. Ed è per questo che, sin dalle prime battute, il gioco qui recensito richiederà una pre-requisito fondamentale per poterlo apprezzare appieno: la pazienza.
Il titolo infatti non darà nulla per scontato, non ci aiuterà in alcun modo (o forse solo non lasciando che la morte del nostro alter ego sia “definitiva”) e ci “abbandonerà” a noi stessi in un mondo tanto ricco quanto pericoloso. Come anticipato, il gioco fonderà la sua struttura sui più classici crismi del genere ruolistico, concentrandosi sull’esplorazione, la raccolta di oggetti e materiali, unitamente alla crescita specifica delle abilità del proprio alter-ego, il quale partirà all’avventura al fine di ripagare un pesante debito. Il nostro eroe non sarà un prescelto, ne’ tanto meno sarà dotato di alcuna particolare abilità o strumentazione speciale: saremo noi, nel più classico dei meccanismi “trial and error”, a dover migliorare, pianificare e riflettere. Ad esempio, per migliorare le nostre abilità con la spada o con l’arco, dovremo trovare e cercare un NPC in grado di insegnarci nuove e potenti abilità.
Per esser pronti a qualsiasi evenienza, dovremo gestire un inventario limitato e al contempo fondamentale per poter effettivamente sopravvivere: meglio un trancio di carne in più o una pozione? Lo stesso inventario il cui peso influirà sostanzialmente in combattimento (e che per questo il gioco ci consentirà di “scaricare” temporaneamente in terra per affrontare la minaccia). Da questo piccolo esempio, Outward ci farà capire sin dalle primissime battute che nulla ci sarà dato e tutto sarà guadagnato con fatica, con la pianificazione e, ovviamente, la morte. Anzi, le morti, nel più classico dei modi. La difficoltà del gioco potrà esser compresa da alcuni, semplici dettagli: come detto, nel titolo dovremo effettivamente sopravvivere, procacciando quindi cibo, acqua e costruendo tende in cui poter riposare le nostre stanche membra. Ebbene, il cibo potrebbe avvelenarci. Potremmo esser aggrediti mentre dormiamo all’aperto. Potremmo ammalarci a causa dell’eccessivo freddo o morire disidratati a causa del caldo intenso. A quel punto, potremmo improvvisamente rinvenire in un punto casuale della mappa. Mappa che, al contempo, non ci indicherà con un comodo indicatore dove ci troviamo.
Outward offrirà un mondo di gioco piuttosto vasto, composto da quattro grandi regioni dai biomi differenti. Viaggiando per il mondo di gioco, incontreremo una serie di fazioni le quali daranno ognuna vita a una differente storia, tutte non particolarmente originali e tendenzialmente vittime dei classici cliché della narrativa fantasy, ma ben delineate e incastrate in un mondo sufficientemente profondo e credibile. In generale, una run sino alle fasi finali del gioco, con un buon numero di queste secondarie ed esplorazione, necessiterà di un lasso di tempo che si attesta intorno alle 35/40 ore. Ore di gioco che si moltiplicano enormemente considerando le varie storyline percorribili e le tantissime possibilità offerte dal sistema di crescita e personalizzazione del personaggio.
Al centro del gioco, com’è lecito attendersi, vi è un sistema di combattimento volutamente ostico da padroneggiare ed estremamente punitivo nei confronti del giocatore. Anche il più “semplice” dei nemici, potrebbe infliggere una ferita potenzialmente fatale, a causa di una leggerezza o di un errore più puramente meccanico. Come detto, il potenziamento del nostro protagonista non sarà direttamente correlato a un classico sistema di raccolta punti esperienza, ma avverrà attraverso l’acquisto di abilità e skill da determinati addestratori, sparsi nel mondo di gioco. E’ bene sottolineare che in Outward non ci sarà data la possibilità di apprendere proprio tutte le abilità, poichè per le più importanti, le quali ci faranno accedere ai rami più avanzati del percorso prescelto, sarà necessario spendere dei punti particolari che saranno in numero molto limitato. Ovviamente, avremo facoltà di imparare anche abilità di carattere magico, le quali saranno gestite da un meccanismo piuttosto profondo e articolato: in sostanza, la maggior parte delle abilità magiche richiederà prima l’evocazione di una sorta di “campo elementale”, attraverso l’utilizzo di alcuni oggetti trasportabili nel nostro inventario. In aggiunta, in una particolare meccanica condivisa anche con le armi in mischia e quelle da distanza, alcune abilità potrebbero necessitare di un’altra abilità o addirittura da una combinazione di abilità da evocare prima di poterla utilizzare.
Outward, fin dai primi nemici iniziali, ci fa ben intendere che avvicinarsi a uno scontro in modo casuale, che in un titolo moderno standard è quasi un dogma imprescindibile, significa piuttosto spesso soccombere. Ecco che, come in pochissimi giochi, sarà importante studiare un minimo l’avversario che abbiamo innanzi, magari piazzando trappole ad hoc o utilizzando pozioni in grado di aiutarci in combattimento. Anche perché il gioco non avrà una funzione di salvataggio e caricamento ordinaria, ma salverà automaticamente i nostri progressi in background, rendendo di fatto ogni azione, evento o decisione del giocatore finale e irreversibile. Morire significherà perdere tutto e reiniziare potenzialmente in un punto casuale della mappa o addirittura in una condizione totalmente casuale: potremmo risvegliarci ad esempio in una prigione e dover capire come poter sfuggire ai nostri carcerieri. Oppure, insperatamente, un misterioso vagabondo potrà venire in nostro soccorso e salvarci all’ultimo. In ogni caso, la gestione della morte in Outward, che è più simile a una perdita di sensi, sarà piuttosto originale e affrontata ottimamente in un’ottica ruolistica.
Se concettualmente il gioco si pone in modo non assolutamente originale ma sicuramente personale, offrendo contenuti a iosa e un mondo vasto e ben realizzato che sarà possibile esplorare addirittura in cooperativo online o tramite split-screen locale, il vero neo dell’intera produzione è sicuramente il comparto tecnico, flagellato da una resa visual che sembra provenire dagli stessi vecchi scaffali di cui sopra. La generale qualità del titolo, nonostante un livello di pulizia tutto sommato buono e un frame rate abbastanza solido, sarà inficiata quindi da texture di modelli e ambienti spesso davvero sottotono e che ricordano come detto produzioni di parecchio tempo fa, nonostante l’utilizzo dell’engine grafico Unity.
Una menzione non particolarmente positiva va fatta anche alle animazioni, molto buone quelle dei movimenti classici, al contrario delle movenze in combattimento che risulteranno essere davvero legnose e irreali. Un altro cruccio importante a livello tecnico sarà l’hitbox, non perfettamente tarata sia in attacco che in difesa. Sebbene il gioco supporti il 4K dinamico delle console premium, nemmeno la potenza superiore di PlayStation 4 Pro riuscirà a salvare un’estetica che, purtroppo, avrà un peso decisivo sull’effettiva fruibilità del titolo. Comunque sia, esteticamente il lavoro svolto non sarà completamente negativo e potrà contare tuttavia su di un generale design del mondo di gioco, del paesaggio e delle cittadine più che sufficiente e degno d’esser “vissuto”.
Outward è un ruolistico di pregio e sicuramente interessante, il quale metterà sul piatto una interessante mistura di feature e caratteristiche specifiche. Peccato che il tutto sia condito da un apparato tecnico vetusto e non particolarmente performante, specialmente da un punto di vista estetico.
Pro
- Gioco di ruolo con elementi survival
- Longevo anche grazie alla modalità cooperativa
- Sistema di combattimento elaborato
Contro
- Visivamente antiquato
- Animazioni a volte legnose
- Qualche indecisione tecnica