Oninaki – Recensione
C’è vita dopo la morte? È una delle domande fondamentali che ancora oggi non hanno risposta. Sono domande universali perché abbracciano tutte le culture: nessuno ha la certezza incrollabile di cosa ci sia una volta che gli occhi si chiudono per sempre, e il regno fantastico creato da Tokyo RPG Factory per Oninaki, sebbene venga professato il contrario, non fa eccezione.
La casa di sviluppo, sotto l’ala protettiva di Square Enix e rincuorata dal successo di I Am Setsuna e Lost Sphear, firma il loro terzo JRPG in tempo per la fine dell’estate. Oninaki, questo il nome, prende le distanze dall’innevato I Am Setsuna e dal suo nostalgico sequel spirituale Lost Sphear, per proporre qualcosa di molto diverso. Permeato da quelli che sembrano petali di ciliegio Oninaki cerca infatti di toccare altre corde parlando di un tema di solito non affrontato in maniera così plateale: la morte.
Nel regno di Oninaki c’è un’unica convinzione: sì, la vita dopo la morte esiste, ed è altra vita. Per essere più precisi, tutto il popolo crede fermamente (perché corroborato dalla monarchia vigente) nella reincarnazione una volta defunti. Una tale certezza, ovviamente, cambia il modo di guardare negli occhi vuoti il cupo mietitore, ma soprattutto cambia anche il modo di esprimere il proprio dolore. Le cosiddette “leggi della reincarnazione” sono molto semplici e dominano la vita di tutti i giorni: una volta morti è possibile passare oltre e quindi reincarnarsi, oppure rimanere ancorato alla vita precedente a causa delle questioni in sospeso (diventare Lost).
È compito dei Watchers, un gruppo sotto il diretto comando del regno, assicurarsi che le persone compiano il viaggio nella sua completezza; se ciò non dovesse succedere i Lost diventerebbero Fallen, mostri aggressivi il cui solo istinto è attaccare. I Watchers hanno il dono di poter viaggiare tra il mondo dei vivi (the Living World) e l’aldilà, denominato Beyond the Veil. Kagachi, il protagonista, ha il dono di passare da una parte all’altra del velo con un semplice tocco del controller.
Albino e caratterizzato dall’eterocromia, Kagachi è solo un bambino quando facciamo la sua conoscenza. Gli sono appena morti i genitori quando incontra una coetanea che solo lui può vedere: il loro incontro ha durata breve, perché poi la ragazzina scompare. Anni dopo Kagachi è cresciuto, è stato scelto come Watcher e si è indurito nei confronti del mondo, non lasciando mai trasparire i suoi sentimenti: non ha potuto versare una lacrima per i suoi genitori ed essere triste della loro dipartita, perché le leggi della reincarnazione affermano che il dolore trattiene la persona amata nell’aldilà e non permette loro di reincarnarsi in un’altra persona. I Watcher hanno il privilegio di poter conversare con le anime trapassate e ascoltare la loro storia pur di farle andare oltre e, vista la difficoltà di affrontare la morte con un diverso sentimento che non sia il lutto, va da sé che il loro compito sia fondamentale per l’equilibrio del regno. Rincontriamo Kagachi adulto proprio durante una delle sue missioni, insieme alla sua amica d’infanzia Mayura, anch’ella Watcher (che è anche la figlia del capo dei Watchers, Kushi), tra le pianure che ci danno il loro benvenuto nell’ultima fatica di Tokyo RPG Factory e successivamente stringere un’amicizia con la stessa ragazzina misteriosa conosciuta anni addietro, Linne.
Che sia un gioco di ruolo di stampo nipponico è chiaro dai primi secondi di gioco, dai primi dialoghi in giapponese e soprattutto dalla particolare grafica utilizzata per rendere Oninaki affine a un’anime attraverso il cel shading. Nonostante i trionfi di questa tecnica, come la serie Borderlands o, per utilizzare un videogioco più vicino, The Legend Of Zelda: Breath Of The Wild (se non lo vogliamo scomodare va bene anche The Wind Waker), il mondo di gioco in cui siamo chiamati a muovere Kagachi è sterile, dominato da toni di marrone che si susseguono generando un regno che, a causa di poche pennellate, risulta poco dettagliato.
Non ci troviamo, insomma, davanti allo stato dell’arte di quest’apprezzata tecnica, ma di molti modelli ripetuti nella loro povertà e di aree piuttosto contenute (bellissime, invece, le concept art nel menù di gioco).
Ci saremmo aspettati forse un contributo maggiore da parte di Square Enix verso una produzione voluta con così tanta fiducia come Oninaki (si tratta del terzo gioco in cinque anni), perché la sensazione a volte è quella di trovarsi di fronte più a un budget game che a una produzione di medio-alto livello. È anche vero però che come l’abito non fa il monaco, la grafica non fa il videogioco. Ci sono fior di titoli che sono passati alla storia per le altre componenti che formano il medium che tanto amiamo, nello specifico gameplay, musica e trama.
Affrontiamo prima il gameplay, che è (forse?) il punto di forza di Oninaki. Al combattimento a turni di I Am Setsuna e Lost Sphear, lo studio giapponese ha preferito cambiare le carte in tavola, proponendo un combattimento in tempo reale e donando così al titolo una componente Action. Kagachi combatte al fianco di Daemons, delle entità che non sono riuscite a reincarnarsi ma dalla forte volontà, che donano al protagonista le loro armi e le loro abilità. Da questo punto di vista, Kagachi non ha nessuna abilità peculiare se non una naturale inclinazione alla lotta: i veri protagonisti sono i Daemons, come Aisha, una veloce spadaccina e Daemon principale di Kagachi e tutti gli altri suoi simili che il giovane Watcher incontrerà nel suo percorso.
La parola chiave del gameplay di Oninaki è varietà: usando i primi Daemon incontrati come esempio, Aisha dà a Kagachi la possibilità di utilizzare una katana e di schivare, Zaav di brandire una lancia e saltare, Wil di parare grazie a una possente ascia e Dia di permettere attacchi a distanza grazie alla combo balestra-fucile. Bisognerà quindi cambiare stile di combattimento (e Daemon) on the fly con una pressione del tasto analogico arrivando a costruire un party di quattro Daemon da cambiare a proprio piacimento, a seconda delle loro abilità e dei nemici trovati di fronte.
Ogni Daemon ha le sue caratteristiche peculiari: vere e proprie diramazioni attraverso cui sbloccare nuovi attacchi, abilità passive, che di solito aumentano le statistiche come attacco o colpo critico, storia personale e anche due meccaniche esclusive di Oninaki: affinità e manifestazione. L’affinità è il grado di collegamento tra Kagachi e il suo Daemon: più tempo passa, più attacchi compiono insieme, più l’affinità aumenta, aumentando di riflesso i danni del proprio compagno. Un Daemon è capace di “manifestarsi” invece, quando raggiunge il 100% di affinità o oltre: si tratta di una modalità che vede il Daemon diventare rosso e aumentare attacco e colpo critico per danni letali. Una volta che tornerà alla normalità, bisognerà ricominciare a lavorare sulla propria affinità per tornare a essere più efficaci.
I nemici che ci ritroveremo ad affrontare – una quindicina riproposti in varie colorazioni con un moveset molto scarno, a dire la verità – possono (devono) essere approcciati in maniera diversa a seconda della situazione. A seconda del più puro RNG e una buona dose di button mashing, una volta sconfitti i mostri essi rilasceranno pietre con cui sbloccare le abilità e, più in generale, potenziare i nostri compagni d’arme. Ogni Daemon ha la sua pietra peculiare (per Aisha è la Sword Stone, per Zaav la Spear Stone, ecc.) ed è quindi necessario utilizzare uno specifico Daemon per ottenere la specifica pietra, faticando non poco con i Daemon appena reclamati e che sono, per logica, più deboli.
Alla loro morte (definitiva) i nemici dropperanno anche altri tipi di pietre – le soul stones – che potranno essere incasellate alle armi dei Daemon grazie all’alchimista presente in città. L’alchimista è il sistema di miglioramento incarnato del titolo: non essendoci una moneta di gioco, per potenziare le armi bisognerà sacrificarne altre superflue e utilizzare le soul stones raggranellate per aggiungere (gratis) effetti alle sopra citate. Grezzo, ma efficace.
Con l’arma più affilata sarà più semplice affrontare la difficoltà (regolabile) e il numero sempre crescente di nemici che Tokyo RPG Factory ha in serbo per noi in entrambi i mondi: Kagachi, infatti, è speciale e come detto può passare all’altro mondo quando lo si desidera: esso si presenta in “negativo”, con forti colori scuri, ma esattamente come quello appena lasciato. Ogni luogo visibile e percorribile di Oninaki ha la sua controparte e, di conseguenza, ogni area ha il doppio delle minacce. Non sempre esse saranno da subito disponibili: se Kagachi proverà ad andare nell’aldilà senza prima aver sconfitto il Soul Stealer dell’area (un nemico comune ma più grosso e più cattivo) egli non potrà attaccare. Uccidere il mini boss equivale a sollevare la cecità (Veil Blindness) che prima ne impediva i movimenti. I motivi per recarsi di tanto in tanto Beyond the Veil sono per lo più ripetitivi, tra portali che permettono di avanzare in aree che nel Living World sono impercorribili e scrigni che contengono tesori poco interessanti (purtroppo non riguardano le pietre dei Daemon – quelle andranno farmate insieme agli incensi, le cure in Oninaki).
Al gameplay, che di suo non è fulmineo, si aggiunge una lacuna molto grave. È pensiero di molti, infatti, che i grandi RPG del passato poggino su due pilastri: musiche e trame indimenticabili. Purtroppo, per uno studio di sviluppo che dello sguardo al passato verso i grandi RPG fa la sua bandiera, Oninaki delude cocentemente. La colonna sonora è la grande assente, presente col contagocce e solo nei momenti che Tokyo RPG Factory ha ritenuto topici e degni abbastanza di avere un accompagnamento musicale. C’è un silenzio tombale in Oninaki: le aree di gioco e il 90% dei combattimenti, strano ma vero, sono privi di musica. “minimalista” o “ambientale” sono aggettivi eufemistici per dire che sono presenti solo gli effetti sonori degli attacchi e che la musica si fa viva (quasi) solo durante lo scontro con i boss. Una scelta inspiegabile, che ci ha portato a fare diversi test per assicurarci che non fosse un bug, ma che si è rivelata ben presto fondata.
L’assenza di musica, ovviamente, finisce per ricadere sull’intera esperienza di gioco e in maniera importante durante i (tanti) combattimenti, che rivelano una monotonia di fondo che si sarebbe potuta smorzare attraverso un “illusione” musicale – e che, ancora una volta, ci saremmo aspettati da un simil tripla A col supporto di un gigante come Square Enix. I pochi pezzi sopravvissuti alla mattanza ricordano qualcosa di già sentito e sicuramente non memorabile come si confà a questo genere, che ha visto alcuni tra i nomi più illustri dell’industria passare sotto la loro egida e farne la storia, come il maestro Nobuo Uematsu (Final Fantasy) o Yoko Shimomura (Kingdom Hearts).
L’ultimo punto dolente è la trama. Il team di sviluppo ha fatto di tutto pur di creare una storia commovente e più oscura dei precedenti titoli per smuovere il giocatore ma – senza mezzi termini – ha finito per fare harakiri, fallendo miseramente. Ci sono parecchi momenti e colpi di scena che dovrebbero far piangere come una fontana, ma il problema di fondo è questo: il gioco non riesce a essere viscerale e i “colpi di scena” menzionati risultano totalmente indifferenti. Causa un problema nella caratterizzazione dei personaggi, dimenticabili e presenti per poco tempo su schermo e dei dialoghi solo occasionalmente doppiati (la maggior parte delle frasi su schermo sono contestualizzate con un solo suono giapponese) Oninaki finisce per risultare poco interessante da seguire, passivo e poco emotivo.
La scrittura è il più grande punto interrogativo dell’intera struttura, portando il gioco a svolgersi senza una vera e propria costruzione o pathos, attraverso Kagachi che, in qualità di Watcher, è chiamato a risolvere missioni che si incastrano a malapena nella (lenta) trama, che inizia a dipanarsi nella sua poca chiarezza troppo tardi, quando gran parte dei danni sono già stati fatti.
Mai come in questo caso prima di procedere a un eventuale acquisto vi consigliamo di provare la demo di Oninaki, disponibile su PlayStation 4, Nintendo Switch o PC a seconda della vostra piattaforma prediletta. Un paio d’ore dovrebbero essere più che necessarie per evidenziare quelli che sono i pregi e i difetti dell’opera. Tirare le proprie conclusioni è importante, ma una volta che la prova sarà finita crediamo che vi schiererete con noi nel considerare Oninaki con una parola, questa: inanimato.
Oninaki aveva un tema importante da trattare, quello della morte, ma i limiti quasi autoimposti da Tokyo RPG Factory l’hanno reso un gioco difficile da digerire senza remore. Bisogna chiudere un occhio per considerare Oninaki alla stregua dei JRPG del passato, complice in primis un level design piuttosto scialbo e un gameplay sì arricchito dai Daemon e dagli stili di combattimento che essi offrono, ma che si rivela col tempo monotono, di certo non assistito dalla musica a singhiozzi e da una storia senza vita. Era lecito aspettarsi di più per una produzione di questo calibro: per i curiosi il consiglio è approcciare Oninaki con i piedi di piombo, mentre allo stesso team quello di richiamare alla mente la loro missione (creare giochi di ruolo come una volta) e sviluppare con una dedizione maggiore, lasciando la superficialità ad altri generi.
Pro
- Tanti stili di combattimento con i Daemon
Contro
- Scrittura imbarazzante
- Mondo di gioco e level design povero
- Colonna sonora non pervenuta
- Il gameplay può risultare monotono