Moss e Moss: Book II – Recensione
Per alcune/i di noi potranno essere ricordi più vicini, per altre/i è un po’ più difficile arrivare con la memoria a quei momenti: le storie e in particolare le fiabe fanno parte di noi sin dall’alba dei tempi, e se inizialmente servivano a raccontare di sopravvivenza e lezioni pratiche su come… beh, arrivare letteralmente a fine giornata, con il tempo tutto si è spostato su un piano più emotivo. Le storie ora ci raccontano di noi, sì, ma attraverso le emozioni che sono implicite nell’essere umano e, magari, le migliori ci insegnano ad affrontare quelle più negative, innegabili ostacoli della quotidianità di tutte/i noi.
Moss e Moss: Book II sono fiabe, prima ancora che giochi: dai suoi protagonisti, alle vicende che scorrono davanti ai tuoi occhi, al senso di meraviglia che ogni pixel e nota traspongono. È con l’ottica di una giocatrice o di un giocatore che ti potrai avvicinare ai due titoli di Polyarc, ora entrambi revisionati per PlayStation VR2, ma è da “piccolo te” che uscirai, con il cuore scaldato dalle ore passate dentro il mondo straordinariamente ordinario di Moss e Moss: Book II.
Partiamo dai punti in comune di questi due titoli, che ho deciso di recensire insieme proprio perché, anche nella nomea stessa dei due, c’è il desiderio di offrire un’esperienza il più possibile uniforme, meccanicamente e narrativamente. A livello quindi di “verbi di gioco” Moss e Moss: Book II hanno una base solidissima: gli analogici e i tasti dei Dualsense VR ci permettono infatti di muovere Quill, la topolina protagonista, con i trigger e il movimento della nostra testa interagiremo ed esploreremo le schermate che costituiscono le varie tranche di gioco.
Il gioco è infatti strutturato a schermate che assumono, in coerenza con il contesto narrativo che ci vede Lettori/Lettrici delle vicende all’interno di un libro, la funzione di pagine: ogni ingresso e uscita dalla schermata è infatti accompagnato dal suono di una pagina girata, elemento apparentemente banale ma che tiene chi gioca ben immerso nel contesto game. Nel game design è infatti la coerenza fra tutti gli elementi di gioco che premia, e Moss e Moss: Book II ne sono consci al 100%, tanto da dimostrarlo anche in queste “piccole” cose.
Narrativamente non posso gridare al miracolo, ma è importante valutare che Moss e Moss: Book II non pongono la narrazione al centro dell’esperienza che vogliono offrire, quanto, appunto, la sensazione di essere dentro ad una fiaba: insomma, le fiabe che ci raccontavano quando eravamo più piccole/i sicuramente ci piacevano, ma non mentiamoci pensando che offrano chissà quale canovaccio intrigante e innovativo. Polyarc prende dei topos (fa un po’ ridere, considerando che la protagonista è una topolina) visti e rivisti, canonici elementi della chiamata all’eroe, e li rilegge in chiave ludica, ponendo noi Lettori/Lettrici come sorta di elemento di congiunzione fra deus ex machina (in fondo PS VR2, cos’è?) e mentore. Non siamo quindi solo testimoni di ciò che accade, ma ne diventiamo meccanismi.
La scelta di voler raccontare una storia così semplice e, appunto, fiabesca, è da lodare, ed eleva Moss e Moss: Book II a titoli ottimi come prime esperienze VR per chi solo ora e con PlayStation VR2 si avvicina al mondo della realtà virtuale.
Un difetto che è possibile trovare, e che ritroveremo anche nella mia seguente analisi delle meccaniche, è narrativamente proprio nella struttura a due “libri”: i due Moss sono infatti ancora venduti anche separatamente, e sono poche/i quelle/i che si avvicinerebbero ad un sequel senza aver giocato il titolo precedente, ma è un’eventualità da considerare, e in questo caso Moss: Book II soffre un po’ se non supportato dalla rampa di lancio offerta dal primo “libro”. Io ho personalmente apprezzato l’assenza di un recap del mondo di gioco e delle vicende del primo, ma Moss: Book II, un po’ come il The Walking Dead: Saints and Sinners Retribution recensito da Federico, cede il passo ad una eccessivamente fiduciosa conoscenza di quanto mostrato e successo in Moss: Book I. Non un vero difetto, sia chiaro, ma ti voglio solo avvisare che se ti stai avvicinando a Moss: Book II ad anni da quando hai giocato il primo Moss, una rinfrescata potrebbe non guastare.
A livello di meccaniche non posso che riproporre quanto ho già raccontato con la recensione di Zombieland VR: Headshot Fever Reloaded: PlayStation VR2 può prendere meccaniche semplici e già viste, e dare loro un nuovo aspetto ed una nuova profondità, esclusivamente grazie al contesto VR. Muovere un personaggio in un ambiente 3D, farlo saltare, farlo combattere o tirare leve non è nulla di nuovo, ma la prospettiva unica che il VR offre mostra anche in Moss e Moss: Book II come sia sbagliato seppellire del tutto meccaniche del passato, alla costante ricerca della “next big thing”.
Un po’ come i migliori romanzi, rivisitare vecchi verbi di gioco nel contesto del VR è un esperimento che va fatto e che, come giocatore e game designer, non posso che approvare a cuore e mente aperti. Polyarc poi sfrutta anche furbamente il contrasto fra la mobilità che chi gioca rappresenta e la staticità della pagina/schermata di gioco: spesso infatti ti troverai a chinarti o guardare lateralmente ad un corridoio per scoprire cosa nasconde, magari incuriosita/o o vittima del senso di ragno che ti rende sicura/o che lì dietro ci sia il collezionabile che ti manca.
Meccanicamente Moss e Moss: Book II sono solidi, ma, come ti raccontavo prima, se analizzati nell’insieme è ovvio che Moss cada un attimo indietro: data anche la lunghezza più contenuta, è difficile non riconoscere nel primo capitolo una certa semplicità delle meccaniche e una mancanza di approfondimento di esse; in pieno contrasto con questo, Moss: Book II non solo introduce nuove armi e poteri, ma anche un secondo personaggio giocabile, ma non ti racconto altro per non spoilerarti. Diciamo che se il primo Moss ha stabilito una base solida seppur non troppo variopinta, il secondo capitolo è un’ottima iterazione concentrica che prende e migliora praticamente ogni aspetto del precedente: gli ambienti sono di più, più ampi e più dettagliati; le meccaniche di combattimento sono di più e più approfondite; i collezionabili meglio disposti e meno ostili da trovare; gli elementi metroidvania leggermente più marcati e meglio pensati.
Artisticamente non si può che fare una standing ovation per quanto il team di Polyarc è riuscito ad ottenere: gli ambienti di entrambi i Moss sono ispirati e fiabeschi, pur nel contesto (narrativamente mai spiegato) di un mondo che forse è il nostro ma, nuovamente, senza di noi. Il “magical realism” è in ogni scena e pagina, e i personaggi che popolano la storia sono altrettanto memorabili e magici, anche e soprattutto nelle loro caratteristiche più antropomorfe. Posso giurare che sono stati molti i momenti nei quali mi sono rifiutato di andare avanti con la storia per fermarmi a guardare da vicino Quill, quell’oggetto di scena o quel nemico: c’è tanta cura, anche e soprattutto nelle “piccole cose”. Sì, ormai l’antifona dovresti averla capita.
Un aspetto che ho particolarmente apprezzato di Moss: Book II è anche il posizionamento di qualche boss battle in più, cosa che nel primo praticamente non esisteva: il modo in cui il team di sviluppo struttura questi momenti più epici ti consente di sfruttare un abilità appena imparata in un contesto diverso, qualcosa che si vede spessissimo nel level design di Nintendo e che fa della coppia di titoli di Polyarc il prodotto più Nintendo che io abbia mai giocato NON su una console Nintendo.
Mi spiace relegare sempre i commenti su Sound Design e Soundtrack alla fine, ma mi è davvero difficile, nel contesto moderno, trovare qualcosa che sia memorabile, soprattutto da quando abbiamo abbandonato anche a livello cinematografico l’utilizzo delle melodie (John Williams, Harry Gregson-Williams, Ludvig Forssell). Non fraintendermi, la colonna sonora di Moss e Moss: Book II è molto piacevole, ma più di contestualizzare le vicende e fornire un fiabesco sottofondo al tutto… non fa.
Moss e Moss: Book II sono fiabe in VR, con il giusto grado di giocosità e un senso di immersione non solo immediato, ma duraturo. Giocati insieme forniscono un’esperienza completa e con una buona progressione, sia narrativa che meccanica, ma questo significa che, se presi separatamente, il primo titolo ci perde su molti livelli. L’aggiunta, nel secondo capitolo, di nuove meccaniche, boss battle e personaggi è una splendida rivisitazione di quanto stabilito nel primo libro, e spiace che, almeno così sembra, Moss: Book II sia effettivamente l’ultima iterazione di Quill e compagni. Se così fosse, però, sono sicuro che il pacchetto offerto da Polyarc sia non solo un’ottima introduzione al mondo del gioco VR per chi ancora non l’ha provato, ma anche un’esperienza memorabile, nella cura posta in ogni aspetto, per chi come me gioca invece da un po’. Insomma, Moss e Moss: Book II sono nuova dimostrazione di quanto le “vecchie” meccaniche di gioco abbiano modo di rinascere sotto nuova luce, grazie a PlayStation VR2 e, in generale, il supporto del VR. Spero nuovamente siano solo l’avanguardia di un nuovo esercito di titoli in grado di competere con i giochi console e PC non VR, e non piccole eccezioni.
Una splendida fiaba giocosa in VR
Pro
- Il primo e il secondo capitolo mostrano una palese evoluzione d´intenti
- Quill, pur nel contesto reiterato del viaggio dell´eroe, é un personaggio pieno e che quasi esce dallo schermo
- Il mondo di gioco é innaffiato di magico realismo
- La maturitá della narrazione lascia ipoteticamente aperta una porta per un volume 3...
Contro
- ...ma il finale in sé sembra negare questo probabile sviluppo futuro.