Mortal Shell – Recensione
Al suo annuncio Mortal Shell è parso fin da subito qualcosa di più del classico titolo indie prodotto da un giovane studio, sconosciuto fino ad allora. A conferma di ciò, Cold Symmetry ha calato quasi subito un tris d’assi importante grazie alla forte community che si è ben presto creata attorno a Mortal Shell, all’accordo commerciale per l’esclusiva temporanea in ambito PC su Epic Games Store e per la disponibilità del titolo in tempi brevissimi rispetto al suo annuncio ufficiale.
Nonostante ciò, ad attirare maggiormente l’attenzione su Mortal Shell è stato quel paragone quasi naturale con le creature FromSoftware nate dalla geniale mente di Hidetaka Miyazaki.
Nessuna sorpresa dunque, Mortal Shell è assolutamente un soulslike e sembra che Cold Symmetry non abbia voluto nascondere questa “anima oscura” che permea attorno al suo primo lavoro, edito da Playstack. Così già dai menù iniziali e dall’interfaccia di gioco si respira un forte senso di déjà vu che, fortunatamente, viene placato da alcune scelte stilistiche e di gameplay che puntano a distanziare Mortal Shell da un avo così importante, per dirigerlo verso una sua identità distinta e riconoscibile. È tuttavia bene premettere che questo compito non risulta assolto in maniera completa e lo si evince in primis constatando un tentativo di puntare su una lore nebulosa, intricata e misteriosa ma non in grado di creare un mondo vivido, affascinante e profondo e in ciò non aiuta la mancanza di quegli NPC carismatici che hanno caratterizzato i Souls e che, grazie alle varie sotto trame, sono stati in grado di fare da collante e rendere giustizia a una narrazione complessa ma appagante.
In secondo luogo l’esplorazione e la scoperta delle poche location di gioco non riesce a suscitare quell’effetto stupefacente di scoperta caratteristico dei Souls e che in più occasioni ha fatto perdonare qualsiasi agguato o nemico fortissimo pensato da chi ha voluto rendere le cose difficili per i giocatori.
A dispetto di questi elementi comuni, Mortal Shell mette in chiaro subito il volersi distaccare dai Souls non lasciando libertà al giocatore di personalizzare il proprio alter ego e introducendo, invece, le diverse facce che lo stesso protagonista, Foundling, andrà a “indossare” durante il suo cammino per salvare un mondo in frantumi.
Dimenticate le classi, la suddivisione in statistiche tipica dei giochi di ruolo e la personalizzazione fisica del nostro personaggio, il protagonista di Mortal Shell è un immortale fatto però di carne debole, nuda e cruda, in grado però di divenire imperforabile, pietrificando il proprio corpo, e mutevole, grazie alla possibilità di occupare gli Involucri, spoglie ormai vuote e appartenenti ad anime mortali cadute in battaglia.
Ecco la prima caratteristica peculiare di Mortal Shell: permettere al giocatore di passare tra i quattro Involucri disponibili, modificando stile di combattimento e caratteristiche fisiche. Per farlo sarà necessario prima di tutto scoprire i luoghi in cui riposano queste spoglie mortali, per poi poterli “indossare” e iniziare a sfruttarne le abilità. Vedremo dunque che, per passare da uno all’altro degli Involucri, avremo due opzioni: visitare la nostra “base” oppure utilizzare dei consumabili ad hoc in grado di evocarli.
La nostra “isola felice” all’interno di Mortal Shell sarà rappresentata da una fatiscente torre, corrispettivo del falò di Dark Souls, in cui verremo accolti da Sorella Genessa e dai pochi NPC di gioco, e in cui collocheremo gli Involucri da noi recuperati. Ecco dunque che, all’interno della foresta di Fallgrim, troveremo facilmente Harros, spadaccino ben bilanciato e adatto alle fase iniziali di gioco, con il quale andremo a padroneggiare il sistema di combattimento pensato da Cold Symmetry. In seguito scopriremo Solomon, Tiel ed Eredrim, ciascuno con la propria storia di cui scopriremo maggiori dettagli ogni qualvolta andremo a sbloccare una delle abilità base e peculiari che caratterizzano ciascun involucro.
Durante le fasi di combattimento, indossando il nostro involucro, andremo a sfruttare una semplice alternanza tra due tipologie di attacco, schivata\rotolata, pietrificazione e attacchi speciali utilizzabili consumando la barra di Determinazione, e insite nelle quattro armi che andremo a recuperare (più una quinta, extra, la Balestrazooka). Tutte queste azioni andranno a integrarsi con le abilità peculiari di ogni involucro, apprendibili spendendo Tar (corrispettivo delle anime e utilizzabile anche come valuta di scambio) e Visioni.
Nelle fasi di esplorazione ma, soprattutto, nelle impegnative Boss Fight sarà necessario ponderare attentamente non solo quale arma utilizzare ma, soprattutto, quale involucro utilizzare per riuscire a porci in una situazione il più vicino possibile a quella di vantaggio su nemici ostici e dotati di un’importante barra vitale.
La morte caratterizza il titolo e, come ogni souls-like che si rispetti, arriverà facilmente e alla prima occasione in cui andremo a sottovalutare un nemico. Tuttavia per via della sua natura di ospite, il Foundling sarà duro a morire: se la salute andrà a zero, verremo espulsi dal nostro involucro e potremo cercare di concludere lo scontro con le nostre vere sembianze (ma con una barra vitale davvero esigua) o recuperare il nostro guscio (in questo caso vedremo ripristinata completamente la nostra salute). In caso di disfatta completa perderemo tutto il nostro Tar e verremo riportati all’ultima zona sicura in cui Sorella Genessa si sarà presa cura delle nostre spoglie mortali: potremo quindi tornare al luogo del misfatto per recuperare tutto ciò che avevamo raccolto fino a quel momento o perdere tutto definitivamente in caso di disfatta.
Una nota da non sottovalutare riguarda i consumabili utili per il ripristino della salute: risulteranno merce davvero preziosa e in grado di restituire porzioni davvero esigue di salute. Una scelta dettata probabilmente dalla caratteristica del Foundling e che non preclude comunque la godibilità del titolo, nonostante porti spesso a fasi di gioco frustranti in cui la fuga dai nemici si rivelerà l’unica soluzione per non perdere tutti i progressi fatti fino a quel momento.
Mortal Shell è sviluppato tramite Unreal Engine 4 in maniera discreta, con una resa grafica soddisfacente, soprattutto nelle boss fight, e accompagnato da un comparto sonoro equilibrato e che nasconde al suo interno brani davvero avvolgenti ed evocativi, soprattutto quando viene utilizzato il liuto. A discapito delle buone premesse, il livello qualitativo delle texture e del comparto risulta in generale altalenante. Ecco dunque che da un lato avremo i nostri involucri e determinati nemici davvero ben definiti, mentre dall’altro lato troveremo nemici secondari e ambientazioni fin troppo anonime.
Ma al di là degli aspetti tecnici, il titolo non evidenzia un’eccellenza artistica in grado di rendere Mortal Shell indimenticabile: esplorare le zone attorno alla torre di Fallgrim, luogo cardine del gioco da cui sarà possibile raggiungere le poche altre location tramite impervi sentieri o rare scorciatoie sotto forma di cunicoli, non susciterà, se non in rare occasioni, quell’effetto “wow” sperato. Un vero peccato perché si nota, da parte di Cold Symmetry, una certa cura per il dettaglio e per la dinamica dei combattimenti, con un frame rate stabile anche se in discesa in certe fasi più concitate.
Il discorso del non giudicare un libro dalla copertina per molti titoli indie è davvero un dogma ma Mortal Shell, nonostante le buone premesse, non riesce purtroppo a sfondare sul fronte gameplay. Le trovate originali vengono in parte vanificate principalmente a causa di una mancanza di precisione nelle fasi di combattimento (lo si nota soprattutto nel sistema di agganciamento del nemico) e da un’IA per lo più scriptata, che si muove in base agli spostamenti del nostro personaggio ed esegue azioni e attacchi in maniera ciclica.
Manca dunque una varietà di situazioni che possa fare in modo di rendere ogni combattimento unico e impegnativo, lasciando spazio a una sorta di copione già scritto fin dal secondo incontro con lo stesso nemico. In ogni caso, e forse anche grazie a questi difetti, Mortal Shell si rivela divertente, impegnativo, difficile e frenetico soprattutto nelle fasi di gioco caratterizzate da orde di nemici assetati di sangue. A discapito del suo buon livello di sfida, il lavoro Cold Symmetry si rivela scarsamente longevo, privo di una componente multiplayer, e con una variabilità tra le 10 e le 20 ore di gioco. Difficilmente rigiocabile se non per sbloccare tutti gli achievment del caso e scoprire eventuali forzieri nascosti. In vista della distribuzione della versione fisica del gioco, siamo curiosi di scoprire se ci sarà un supporto post-lancio tramite DLC e contenuti aggiuntivi.
Mortal Shell è un buon titolo e potrebbe diventare anche un piccolo cult per gli appassionati del genere soulslike. Tuttavia, nonostante il tentativo di rendersi diverso e riconoscibile, finisce per ancorarsi a quel colosso che porta il nome di Dark Souls, non riuscendo però a raggiungere le vette di quest’ultimo sia a livello narrativo che artistico. Se da un lato troviamo un alto livello di sfida nel terminare il titolo, dall’altro non possiamo che notare la mancanza di quel dettaglio, luogo o avvenimento in grado di lasciare il giocatore a bocca aperta e spingerlo a giocare e rigiocare il titolo, e trasformando un semplice gioco in capolavoro.
Pro
- Il sistema degli involucri risulta interessante
- Difficile e impegnativo
- Alternativa ai Souls
Contro
- Direzione artistica non sempre ispirata
- I combattimenti non sono privi di limiti tecnici
- Scarsamente rigiocabile