Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Il volume 1 di una collezione di classici imperdibili

Recensito su PlayStation 5

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Il volume 1 di una collezione di classici imperdibili
Il volume 1 di una collezione di classici imperdibili

Sono sempre deliziose le reazioni delle persone attorno a me quando confesso di non aver mai giocato altro Metal Gear Solid che il primo, giocato all’epoca e poi mai più ripreso.

Il range di emozioni di risposta va sempre dal sorpreso, al deluso, allo sdegno, e credo sia anche per questo che esistono operazioni di conservazione e restauro del medium come la Metal Gear Solid Collection, in questo caso Volume 1, che contiene i 2 Metal Gear, e poi MGS1, MGS2 e MGS3.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Perché ha senso che esista

Lo sapevo ben prima di mettere mano alla collection, ma titoli come i Metal Gear Solid sono fra le fondamenta dello status quo videoludico come lo conosciamo e, dopo l’avventura grafica Policenauts, uscita tra il 1992 e il 1996, fra gli altri, su PC, PlayStation e Sega Saturn, sono i giochi che hanno reso Kojima… beh, Kojima.

È quindi soprattutto per le persone come me che credo sia pensata questa collection, ora disponibile su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox Series, PC e Nintendo Switch, in Full HD su tutte le piattaforme (tranne su Switch se usata in portabilità), a 30 fps per MGS1 e 60 per MGS2 e MGS3.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Le specifiche tecniche sulle varie piattaforme
Le specifiche tecniche sulle varie piattaforme

Ci tengo a citare la pagina Steam del titolo per non perdermi dettagli che magari tu che mi leggi potresti ritenere utili:

Volume 1 include i titoli originali che hanno dato inizio alla serie di METAL GEAR, tra cui le versioni originali di Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake, Metal Gear Solid (incluso VR Missions/Special Missions), nonché le versioni HD Collection di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty e Metal Gear Solid 3: Snake Eater.

Ogni titolo principale includerà inoltre un esclusivo Screenplay Book digitale e un Master Book con i dettagli della storia e dei personaggi del gioco. Questa collezione contiene le versioni classiche dei titoli, caratterizzate da modifiche minime ai contenuti protetti da copyright.

Coloro che acquistano il Volume 1 avranno anche accesso a svariati contenuti bonus, tra cui le due versioni regionali di Metal Gear, la versione originale di Snake’s Revenge, la prima e la seconda delle Digital Graphic Novels in formato video e una colonna sonora digitale.

Per quanto questa recensione si concluderà con un ragionamento complessivo sulla qualità della collection in sé, trovo giusto discutere singolarmente dei titoli inclusi nella Metal Gear Solid Collection Volume 1, soprattutto perché per me erano in fondo giochi “nuovi”. Questa cercherà quindi di essere una valutazione non esclusivamente tecnica.

Metal Gear | Dove tutto è iniziato

Pubblicato nell’87 (avevo 1 anno, per dire), Metal Gear introduce una rivoluzione a livello di meccaniche: niente sparatorie inutili, niente conflitti a fuoco, niente scontri diretti. Ecco a voi l’inizio dello stealth action come lo conosciamo ora. Questo e   il suo sequel, Metal Gear 2: Solid Snake sono i titoli con i quali ho passato meno tempo. Perché?

Semplice: credo che siano in questa collection più per il loro valore nostalgico che per l’effettivo valore ludico, almeno per chi ci si avvicinerebbe oggi. Per quanto tecnicamente anche MGS1, MGS2 e MGS3 siano retrogaming, con Metal Gear stiamo parlando di retrogaming con la R maiuscola.

Muoversi con il D-Pad, interpretare la profondità del livello di gioco da una schermata 2D, perfino capire i behaviour dei nemici sono cose che oggi risultano lievemente innaturali quanto lo risultarono al tempo, allora per la novità che introducevano, ora per quanto costringono a “pensare all’indietro” a livello di complessità.

Questo non toglie che si sia davanti ad un titolo giocabilissimo, ma, insieme al suo sequel, parliamo di giochi che fanno e faranno appello solo a quelle e quelli di voi più attirati dal retrogaming che dalla storia del videogioco che i Metal Gear Solid successivi meglio rappresentano e mettono a schermo.

Metal Gear 2 Solid Snake | Il genere mette radici più solide

Se Metal Gear ha messo le basi, Metal Gear 2 le ha solidificate e rese pilastri del genere, rispettati e adottati dai sequel ma anche da altri vari esponenti della categoria. Ci si sdraia o striscia per diminuire la possibilità di essere individuati, si può far rumore per attirare l’attenzione dei soldati nemici, c’è il radar, etc.

È forse in questo titolo che inizia a intravedersi il potenziale della profondità e ampiezza narrativa di Hideo Kojima e il suo team. Big Boss è quasi un personaggio che “capisci”, soldato senza più una patria nella quale credere e per la quale combattere, destino che, lo vedremo, accompagna molti dei protagonisti della serie.

Esattamente come per Metal Gear, credo che la sua presenza in questa Metal Gear Solid Collection Volume 1 sia di nostalgico rispetto, e credo che, dopo aver spulciato ogni angolo e trofeo dei 3 titoli principali, tornerò a giocarlo ed analizzarlo con attenzione e piacere… ma è ora di passare alle portate principali.

Metal Gear Solid 1 | MGS1 è dove tutto è iniziato di nuovo

C’è una singola parola che ha fatto capolino durante la mia run di circa 7 ore di Metal Gear Solid 1: essenziale. Credo che in fondo Metal Gear Solid 1 sia un ottimo primo capitolo e un ottimo cenno ai due Metal Gear che lo hanno preceduto proprio in funzione di questa sua essenzialità, in ogni aspetto.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE MGS1 è dove tutto è iniziato di nuovo
MGS1 è dove tutto è iniziato di nuovo

La trama stessa è riassumibile in “infiltrati in quella base, elimina i terroristi, salva il mondo”, stampino che potremmo culinariamente trovare sporco dell’impasto anche di MGS2 e MGS3 ma che, pur sintetizzando il cuore apparente dell’esperienza narrativa offerta dai 3 titoli, non scalfisce nemmeno il primo nanometro dello spessore delle varie opere.

In fondo ogni storia che valga la pena raccontare e ricordare è fatta più di persone che di personaggi ed eventi, ed ecco che Kojima e team tutto ci trasportano in una sorta di mondo parallelo ma fin troppo simile al nostro nel quale onore e dovere verso la patria sono fra i valori più importanti.

Chi li rompe, chi infrange quel sottile patto di fiducia fra un soldato e la sua patria, è un reietto, un dimenticato, un “bambino terribile”, qualcuno da scartare con la stessa noncuranza con la quale lo si è sottoposto a regimi d’allenamento fisico e mentale al limite dell’inumano.

Ecco quindi che il nostro Solid Snake arriva nella base Shadow Moses in Alaska con una missione molto chiara, e dei confini morali fra buoni e cattivi sin troppo definiti per non anticipare, forse più a lui che a noi, una sfocatura o, addirittura, un ribaltamento.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Il nostro Solid Snake arriva nella base Shadow Moses in Alaska con una missione molto chiara
Il nostro Solid Snake arriva nella base Shadow Moses in Alaska con una missione molto chiara

Senza andare ad analizzare ogni singolo scenario, mentre la trama si sviluppa e riempie di personaggi memorabili ancora oggi, come Revolver Ocelot, Vulcan Raven, Sniper Wolf, Psycho Mantis, Grey Wolf, etc (Liquid non lo metto perché personalmente lo trovo il personaggio più monocorde del gioco), Metal Gear Solid rende in 3D le meccaniche già piazzate dai 2 titoli precedenti.

L’aggiunta di una “terza dimensione” gli riesce magistralmente, e rende MGS1, anche dopo anni, esattamente il titolo che ricordavo di aver giocato, se non addirittura una versione migliore di esso. Ogni meccanica supplementare a quelle basilari ti viene spiegata esattamente quando serve e non avrai troppe occasioni di doverle ricordare (o usare di nuovo) dopo la rispettiva sezione.

Evitando di fare troppo accenno alla leggera oggettificazione del personaggio di Meryl, che letteralmente si dovrà riconoscere, nel mezzo di un gruppo di soldati sotto copertura, per il fatto che sculetta (il 1998 si sente molto, in questo, e manca davvero un “pipappaparoppò” di sottofondo), ci sono pochi difetti in Metal Gear Solid 1.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Il 1998 si sente molto
Il 1998 si sente molto

Sicuramente quello che più si percepisce è una leggera diluizione del secondo atto, minato da un backtracking giustificato narrativamente e meccanicamente ma non per questo meno pesante nella sua esecuzione: chiaramente è l’occasione per andare a recuperare drop che magari abbiamo perso per strada, o ai quali non avevamo al tempo accesso… but still.

Le basi della quadrilogia che seguirà sono state piazzate, e da qui, nella quasi totalità dei valori intrinseci ed estrinseci dei Metal Gear Solid, si va di bene in meglio, ed è difficile non riconoscere il DNA di Metal Gear Solid 1 in molto di ciò che uscì in seguito, soprattutto all’interno della saga stessa.

Sicuramente il lavoro straordinario del team di sound design è da premiare, ma è la colonna sonora di Harry Gregson-Williams che ruba la scena, capace di elevarsi a frastuono melodico ma anche di mettersi da parte, di acquattarsi (come Solid) quando necessario.

Quello che più mi sorprende, del rigiocare Metal Gear Solid 1 oggi, è la sfumatura delle linee di confine morali che citavo prima: meritano più compassione e comprensione i nostri nemici, anime ostacolanti alla nostra scalata verso un presupposto eroismo, o chi ci spinge a quella scalata, forse più consapevole di noi di quanto futile sia quell’ergersi a “salvatore”?

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Quello che più mi sorprende, del rigiocare Metal Gear Solid 1 oggi, è la sfumatura delle linee di confine morali
Quello che più mi sorprende, del rigiocare Metal Gear Solid 1 oggi, è la sfumatura delle linee di confine morali

Quello di Metal Gear Solid Collection Volume 1 è un mondo che parla di soldati, certo, ma i parallelismi con il mondo civile che viviamo oggi non sono troppo distanti.

Siamo tutti pedine di giochi più grandi di quanto potremo mai capire, e tanto nei pixel che nella nostra quotidianità i confini fra buoni e cattivi sono sbiaditi, tanto che forse si deve essere un po’ più dei secondi, per sapersi ribellare allo status quo che tacitamente accettiamo giorno dopo giorno.

No, Solid Snake non riesce a ottenere vera giustizia alla fine della storia del primo capitolo, anzi, ma gli si aprono gli occhi verso molto della vita e dell’identità che si è involontariamente cucito addosso: l’onore è solo suo e di molti dei nemici che gli si parano davanti, non certo delle agenzie governative per cui lavora.

Si intravede infine anche molto del rapporto “familiare” che man mano diventerà sempre più centrale nelle opere di Kojima (Death Stranding è la sublimazione di questa involontaria centralità narrativa): Solid e Liquid non sono che due shakespeariane presenze, l’una che abbraccia e l’altra che fugge al comune destino genetico che rappresentano, e la violenza l’unico modus effugendi possibile.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Solid e Liquid non sono che due shakespeariane presenze
Solid e Liquid non sono che due shakespeariane presenze

Come mai prima di quel momento e con rare eccezioni a posteriori mi è capitato di affezionarmi a dei “cattivi”, in un videogioco, tolte evidenti eccezioni (cough, Joel, cough).

Il fatto che Metal Gear Solid 1 riesca a farlo con una manciata di poligoni e qualche linea di dialogo è motivo di plauso per l’intero team produttivo, e non fa che sottolineare ancora di più che essenzialità non significa pochezza, nelle giuste mani.

[Se dovessi dare un voto al singolo Metal Gear Solid 1, sarebbe un 9.5]

Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty | MGS2 significa cinematografia e labirinti narrativi

“Ciao all’essenzialismo” nel seguente gioco di questa Metal Gear Solid Collection, Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty. MGS2 dà infatti il via alla ricerca cinematografica del Kojima, con ritmi perlopiù più serrati, una  sezione iniziale che non ha nulla da invidiare ad un film d’azione moderno, e qualche livello di complessità narrativa in più.

Necessaria? Forse. Ben eseguita? Nella maggior parte dei casi sì.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE MGS2 significa cinematografia e labirinti narrativi
MGS2 significa cinematografia e labirinti narrativi

Pur non avendolo giocato al tempo ricordo lo scontento di molti nello scoprire che, dopo una sorta di intro/tutorial nei quali vestiamo nuovamente i panni di Solid Snake, la palla passa ad un altro protagonista che rimarrà tale per il resto delle 15 ore di gioco.

Eccoci quindi con uno Snake, e poi con un Raiden, che portano sulle spalle l’eredità di Shadow Moses.

Il primo per quanto lo ha spinto a dubitare di tutto e tutti tanto da “uscire” dal giro e diventare strumento di denuncia della militarizzazione estrema (il Metal Gear è il nucleare), il secondo perché quell’operazione è stato il suo allenamento costante per arrivare anche solo ad avvicinarsi al mito di Solid Snake.

Purtroppo è proprio in Raiden che trovo il primo difetto di MGS2: il fatto che chiunque attorno a lui sappia cosa sta succedendo e lui sia letteralmente l’unico all’oscuro di tutto è una scelta che capisco ma che, credo, potrebbe essere stata integrata meglio, o decisamente con un protagonista più carismatico.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Purtroppo è proprio in Raiden che trovo il primo difetto di MGS2
Purtroppo è proprio in Raiden che trovo il primo difetto di MGS2

In un gioco che riesce a trattare, fra le altre cose, temi come il controllo delle informazioni, la censura, la realtà virtuale, l’incesto, il confine fra sicurezza mondiale e libertà personale e la “guerra di 5a generazione”, mi aspetterei un personaggio meno vittima degli eventi e un po’ più proattivo, ma sono sicuro sia una scelta ragionata.

Raiden funziona per me meno perché risulta meno “veloce” ad arrivare a unire i puntini rispetto allo Snake di MGS1, ma MGS2 è straordinariamente capace di distrarci grazie all’introduzione di nuove meccaniche di stealth e combat: la modalità di mira in prima persona, la possibilità di camminare lentamente e di sparare da dietro un angolo.

Non solo: in MGS2 possiamo aprire gli armadietti e nasconderci dentro di essi, possiamo sparare alle radio dei nostri nemici per evitare che chiamino unità aggiuntive, possiamo appenderci alle passerelle, e siamo di fronte ad un netto passo avanti per quanto riguarda l’IA nemica, che qui reagisce molto più aggressivamente alla nostra presenza.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE L'IA nemica qui reagisce molto più aggressivamente alla nostra presenza
L’IA nemica qui reagisce molto più aggressivamente alla nostra presenza

In questo caso l’IA nemica è quasi da definirsi “collettiva”, tanto che più e più volte, poco dopo essere stato scoperto, i nemici presenti nella sezione di mappa hanno ricevuto il supporto di squadre d’assalto munite di corazze e scudi antisommossa che mi hanno braccato senza sosta, anche comunicando efficacemente tra loro.

Sono livelli di intelligenza artificiale tuttora davvero encomiabili, specialmente oggi, specialmente se confrontati con titoli ben più recenti che, nonostante tutte le giustificazioni che noi si possa inventare, non reggono nemmeno lontanamente il tiro di quanto fa MGS2.

Anche in questo caso, come in precedenza, le battaglie con i vari boss richiedono una meccanica piuttosto precisa (con lo stesso grado di flessibilità di MGS1, a mio parere), ma in MGS2 c’è meno rigore nel cercare di introdurre “una meccanica alla volta”, lasciando molto spesso a chi gioca la libertà di sperimentare.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Le battaglie con i vari boss richiedono una meccanica piuttosto precisa
Le battaglie con i vari boss richiedono una meccanica piuttosto precisa

È un’idea di design sicuramente ragguardevole, non c’è che dire, ma è una mancanza di hand-holding che a volte, anche per la struttura più “open” delle mappe di gioco, mi ha visto perdere questa o quell’arma speciale perché in quell’area magari non ero passato, preferendo una via meno trafficata.

Se il contrasto fra i 60 fps stabilissimi e le animazioni legnose dei volti dei personaggi a schermo sono uno strano ma non troppo sgradevole contrasto, è la narrazione che, rispetto a MGS1 e MGS3, soffre un po’ di più. In toto i personaggi sono meno carismatici e significativi rispetto ai titoli precedente e successivo.

Non c’è troppa empatia verso i vari boss come in passato, e nessun tentativo di comprendere le loro motivazioni, solo un bel po’ di turbinii e annodamenti del canovaccio che non sempre giocano a favore di MGS2 e del suo ignaro protagonista. L’errore non sta nel cambio personaggio, ma nel cambio di qualità dello stesso.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Non c'è troppa empatia verso i vari boss come in passato, e nessun tentativo di comprendere le loro motivazioni
Non c’è troppa empatia verso i vari boss come in passato, e nessun tentativo di comprendere le loro motivazioni

Riconosco solo nel finale la voglia di provare ad umanizzare il cattivone di turno, Solidus Snake, ma è una piroetta immeritata da come lo stesso si comporta durante il gioco, e il salto carpiato risulta in una sonora facciata sull’asfalto, pur nel contesto di uno degli esempi più palesi della capacità predittoria di Kojima.

Sentire parlare ora di controllo dell’informazione, intelligenze artificiali in grado di filtrare e censurare contenuti, e algoritmi in grado di spingerci a fare quello che “essi” vogliono fa venire i brividi, ma contestualizzarlo nell’anno in cui MGS2 è stato scritto ha dell’inquietante (22 anni fa o poco più).

L’ultimo per me molto evidente difetto del titolo sta nel level design, o meglio nella scelta della mappa di gioco che fa da palcoscenico della quasi totalità dell’avventura: la piattaforma petrolifera Arsenal. Siamo per me molto lontani dall’evocativo essenzialismo di Shadow Moses, qui sostituito da un essenzialismo strutturale spuro e semplicemente vuoto.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE Sentire parlare di controllo dell'informazione in un gioco uscito 22 anni fa fa venire i brividi
Sentire parlare di controllo dell’informazione in un gioco uscito 22 anni fa fa venire i brividi

Sound design e soundtrack rimangono di altissimo livello ma, come per MGS1 e MGS2, non siamo ancora davanti ad un vero e memorabile leitmotiv, presente ma solo accennato qui e lì nei due titoli, forse proprio per sottolineare l’essenzialità di quanto creato dal team di sviluppo in ogni aspetto del gioco.

[Se dovessi dare un voto al singolo Metal Gear Solid 2, sarebbe un 8.5, grazie a delle meccaniche che sollevano il caotico marasma offerto dalla narrazione e dal protagonista non troppo carismatico]

Metal Gear Solid 3 Snake Eater | MGS3 è l’apoteosi del videogioco tutto

Se Metal Gear Solid 3 fosse un dolce sarebbe un tiramisù. Non c’è un singolo istante della mia run di 16 ore di MGS3 che non sia stata di puro godimento, fra mood da spy story anni ’60, cutscene appassionanti, gameplay pulito come la canna della pistola di un professionista e solido come una montagna e, ovvio… Snaaake Eaaaaateeeeeeeeer!!!

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE MGS3 è l'apoteosi del videogioco tutto
MGS3 è l’apoteosi del videogioco tutto

Quando un gioco inizia, o circa, con una traccia come Snake Eater, sai di avere davanti un capolavoro, non c’è nulla da fare. Mi spiace se leggi e leggerai troppo entusiasmo nelle mie parole, ma con Metal Gear Solid 3 mi sento davvero davanti ad una pietra miliare, una di quelle opere che vanno messe nei musei.

(Non ironicamente, alcune tranche della saga sono nella sezione Art of Videogames dello Smithsonian American Art Museum, giusto per dirne una)

Cerco di placare l’eccitamento e procedo con un’analisi un po’ meno emotiva, che dici? La trama, indovina un po’, è di nuovo il canovaccio “infiltrati in quella base, distruggi l’arma, ferma i terroristi, salva il mondo” ma il twist inaspettato è che ora non interpreti Solid Snake, ma suo “padre”, Big Boss, prima che prendesse il nome.

Siamo in piena guerra fredda, l’infiltrazione è in territorio russo e, con ancora l’illusione in mano che la missione di salvataggio di uno scienziato disertore sia andata fin troppo bene, scopri che la tua mentore e amica, The Boss, lavora per il nemico.

Bastano veramente 15 minuti di Snake Eater per far capire a chi gioca il salto di qualità che le o gli si sta palesando davanti: c’è un ecosistema, attorno a noi, una fauna e flora che è lì per fornirci nutrimento, la squadra di cattivi non ha nemmeno bisogno di aprire bocca per risultare iconica, e The Boss… beh.

Il rapporto fra pupillo e maestro ha sempre trovato in me un’ efficace e roboante cassa di risonanza, specialmente nel contesto di un confronto non solo di idee e principi, ma anche e soprattutto generazionale. The Boss rappresenta gran parte di ciò che siamo come soldati e uomini, e il suo tradimento è semplicemente incomprensibile.

Lo sarà per un po’, ma non sono qui per spoilerare nulla; quello che conta è il carisma che trasuda da MGS3, anche nelle meccaniche nuove che, nuovamente, introduce: la mimetizzazione, il CQC, e un’interessantissima meccanica legata alla cura di lesioni e danni subiti, oltre all’addio del radar per un più efficace sonar + rilevatore di movimento.

La prima di queste è fra le più semplici, collegata ad una sorta di “indice di mimetizzazione” che mostra nella UI quanto visibile sarà il nostro Snake (te l’ho detto che il suo “vero” nome ancora deve acquisirlo). Sei in una zona fortemente alberata? Indossa l’uniforme con motivi di corteccia e dipingiti la faccia con la relativa mimetica.

Per quanto riguarda il CQC (combattimento ravvicinato) ora potremo afferrare gli avversari, far perdere loro i sensi, interrogarli, ecc, ma è lo split della barra della vita in una vera e propria barra della vita e in una barra della “stamina” che si rivela uno dei risvolti più interessanti di MGS3.

Se cadi da un albero potrai romperti una gamba, e dovrai curarti con stecca e fasciatura; se sei stato avvelenato da una vipera avrai bisogno dell’antidoto; se sarai dal lato sbagliato di alcuni colpi d’arma da fuoco potresti doverti togliere i proiettili di dosso con un coltello, per poi disinfettare e suturare la ferita.

In funzione del tentativo di MGS2 di spingerci a essere costantemente healthy and stealthy, la salute, come anticipavo, è divisa in una sorta di vitalità e una vera e propria salute: tenendo la vitalità alta riusciremo a recuperare più velocemente l’intera barra di vita, se sarà bassa non avremo energie per nuotare troppo velocemente, correre o mirare con stabilità.

È tutto facilmente gestibile, sia chiaro, ma è una profondità che, come sempre con i giochi di Kojima, non mi aspetto e mi delizia scoprire. Le meccaniche la fanno sicuramente da padrone, come la fa la possibilità (anzi, l’obbligo) di catturare, uccidere e consumare la fauna e flora che ci circondano, ma è tutto davvero gestito magistralmente.

La cosa più interessante però è assolutamente la mancanza del radar, che ti costringe a ripensare l’approccio solitamente safe dei titoli precedenti: se già in parte MGS2 accennava a questo probabile cambio, con la funzione radar attivata solo nell’interazione con alcuni terminali, qui la “funzione” del radar è splittata su più strumenti.

Il sensore di movimento e il sonar sono infatti strumenti attivi, ora, e usarli consuma batteria; quest’ultimo ha persino il potenziale effetto negativo di attrarre i nemici con il segnale acustico che “rilascia” per individuare eventuali soggetti in movimento. È un cambio di carte in tavola davvero rinfrescante e non scontato.

Le varie sezioni di mappa variano molto in dimensione, e la continuità di stato d’allarme fra l’una e l’altra è assolutamente un aspetto da tenere in considerazione, quindi torna importante la meccanica delle mimetiche, che il gioco rende dinamica e flessibile, tanto da permetterci di cambiare pittura e mimetica in pochi secondi.

Mi è impossibile non dedicare, anche in questa sezione, due parole allo splendido lavoro fatto dal reparto di sound design di Konami: ogni passo nella foresta, ogni fruscio di foglia, ogni goccia di pioggia, ogni colpo d’arma da fuoco è congenialmente creato, posizionato e curato. L’essenzialismo qui diventa eccellenza.

Come promesso non ho ragioni per spoilerare la narrazione, tanto se l’hai giocato sai di cosa sto parlando, ma devo assolutamente soffermarmi sui boss del gioco: a partire dai loro nomi (The Sorrow e The End i più memorabili, sia come nome che come meccanica di battaglia) stiamo parlando di enemy design e di definizioni caratteriali di altissimo livello.

Anche qui è lontana l’empatia verso i boss e le loro motivazioni, tanto che il feel è più affine a quanto fatto dai Dark Souls: siamo strumenti di morte, sì, ma stiamo solo anticipando i tempi di qualcosa che comunque sarebbe successo, anche in questo caso a causa di un abbandono da parte della patria che doveva ipoteticamente proteggerli.

Ogni boss ha almeno un paio di modi per essere affrontato, e la sensazione è quella di un team che ha capito cosa ha funzionato in MGS1 e cosa non ha funzionato in MGS2, e qui trova equilibrio stechiometrico perfetto alla sua equazione di “intrattenimento”.

C’è ancora oggettificazione del corpo femminile, però è gestita meglio e quasi metanarrativamente dal team di narrative designer (almeno per EVE). La narrazione tocca picchi di pura poesia, fra tutti il confronto finale tra i fiori: ogni boss è simbolico, ma è il rapporto con The Boss che più detta i ritmi dell’evoluzione caratteriale di Big Boss.

Metal Gear Solid 3 è l’unico dei titoli in questa Metal Gear Solid Collection Volume 1 che mi ha SUBITO fatto venir voglia di iniziare una nuova partita, o di ricaricare qualche salvataggio per scoprire nuovi percorsi, nuovi modi di affrontare i boss, o anche solo qualche nuova interazione con i soldati nemici.

Credo che sia uno fra i giochi più belli ai quali io abbia mai messo mano, e finisce di pieno diritto nel mio personale pantheon di tesori videoludici meritevoli di attenzione finché il medium esisterà.

Metal Gear Solid Collection RECENSIONE | Tiro le somme

Operazioni di “restauro” come questa permettono a giocatrici e giocatori come me di godere di pietre miliari del genere, ora aggiornate (il più possibile) al presente videoludico dal punto di vista tecnico. Chiaramente ci sarà l’occasione, in futuro, di goderne in una nuova forma (Metal Gear Solid Delta, ad esempio), ma dovrebbero davvero esisterne di più, di collection così.

Che tu non ti sia mai avventurata/o nei titoli della serie al tempo, o che tu abbia solo voglia di riscoprirli, Metal Gear Solid Collection è la collezione per te, con 5 titoli che, per l’uno o per l’altro motivo, nell’una o nell’altra meccanica originale, ancora dettano legge nel genere dei giochi stealth.

Il cast, tolte poche eccezioni, è sempre pieno di personaggi interessanti, non pure macchiette di cattiveria con piani diabolici ma soldati traditi (o sentitesi tali) dalla loro stessa patria, ora pronti a metterla a ferro e fuoco per averli dimenticati ed abbandonati. La narrazione è costantemente matura e spinge a contemplazioni morali validissime tutt’oggi.

Sound design e soundtrack sono di altissimo livello, con un Harry Gregson-Williams titanico, in particolare in Metal Gear Solid 1.

Ci sono alcuni difetti che potrebbero minare leggermente il godimento della collection (sezioni di backtracking un po’ fuori luogo e una certa propensione all’uso di femme fatales), ma ti assicuro che non hai una ragione valida per non concederti una manciata di ore di divertimento in questa Metal Gear Solid Collection Volume 1.

In fondo, le leggende a volte sono solo tali, altre volte puoi mettervi mano e provare anche tu, come ho fatto io, l’ebrezza di trovarti davanti ad alcuni dei titoli più importanti della storia del videogioco.

Prima di salutarti e ringraziarti per aver letto la recensione fino a qui, ti lascio i link alle GUIDE COMPLETE di Metal Gear Solid 1 (eccola), Metal Gear Solid 2 (eccola qui) e Metal Gear Solid 3 (qui il link), oltre al link all’acquisto della collection su PlayStation Store e su Instagaming con il nostro link affiliate.

Metal Gear Solid Collection Volume 1 è una COLLEZIONE di CLASSICI imperdibili

Sono sempre deliziose le reazioni delle persone attorno a me quando confesso di non aver mai giocato altro Metal Gear Solid che il primo, giocato all'epoca e poi mai più ripreso.

9.5
Uno dei punti più vicini alla perfezione del comune passato videoludico

Pro

  • L'essenzialità del core loop è una boccata d'aria fresca, oggi
  • Doppiaggio eccezionale
  • Il potere predittivo di Kojima si palesa
  • La qualità del sound design è talmente elevata da essere impercepibile

Contro

  • Qualche momento di backtracking fuori luogo
  • Qui e lì qualche oggettificazione gratuita dei personaggi femminili
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